Un voyageur

Film 2013 | Drammatico 106 min.

Titolo originaleAin't Misbehavin
Anno2013
GenereDrammatico
ProduzioneFrancia
Durata106 minuti
Regia diMarcel Ophüls
AttoriMarcel Ophüls, Elliott Erwitt, Jeanne Moreau, Madeleine Morgenstern, John Simpson (II) Frederick Wiseman.
MYmonetro 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Marcel Ophüls. Un film con Marcel Ophüls, Elliott Erwitt, Jeanne Moreau, Madeleine Morgenstern, John Simpson (II). Cast completo Titolo originale: Ain't Misbehavin. Genere Drammatico - Francia, 2013, durata 106 minuti. - MYmonetro 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento mercoledì 22 maggio 2013

Diciotto anni dopo Veillées d'armes, Marcel Ophüls torna con un film, e si conferma uno degli ultimi Maestri.

Consigliato nì!
2,50/5
MYMOVIES 2,00
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO NÌ
Scheda Home
Critica
Premi
Cinema
Trailer
Un'autobiografia che punta troppo sul suo protagonista e oggetto del racconto, e diventa agiografia.
Recensione di Gabriele Niola
martedì 21 maggio 2013
Recensione di Gabriele Niola
martedì 21 maggio 2013

Regista (tra gli altri) di The sorrow and the pity, Buccia di banana e Hotel Terminus, Marcel Ophüls ha attraversato da spettatore illustre il cinema ante e post guerra sui set del padre Max e poi sui propri, da protagonista attivo, una gran parte del cinema europeo dagli anni '60 in poi.
A quasi un ventennio dall'ultimo film realizzato, Marcel Ophüls, ora 84enne, porta al cinema un'autobiografia in cui riprende se stesso mentre ricorda e parla con coetanei e protagonisti degli anni della propria formazione e poi del lavoro. Ci entrano dentro il padre Max e i suoi film, le attrici, Truffaut e la generazione dei Cahiers, Jeanne Moreau e le lettere piene di complimenti speditegli da Woody Allen e Stanley Kubrick.
Povero nel settore dell'aneddotica (di solito il più potente in documentari di questo tipo) Un voyageur vorrebbe essere qualcosa di più di un'autobiografia, aspira a raccontare una grande stagione del cinema francese (e anche mondiale nella parte su Max Ophüls), le sue contraddizioni, i suoi rapporti di forza e in generale a gettare un velo di nostalgico entusiasmo attraverso il protagonista/autore/oggetto del film. Tuttavia non solo Marcel Ophüls carica se stesso di eccessiva responsabilità, cercando di sostenere da solo, con i monologhi o i dialoghi, tutto il film ma indugia in un autocompiacimento che sfocia spesso nell'autoagiografia.
Con videocamera in mezzo alle strade o con piccoli set improvvisati dall'audio scadente, fino alle confidenze al telefono, l'idea è di catturare l'oggi, come a ricostruire un dialogo effettivo dello spettatore con il Marcel del 2013 che ricorda e torna indietro ai tempi che furono, mescolando considerazioni (l'odio per Antonioni che condivideva con i Cahiers du cinema), alla cronaca degli anni in cui come un viaggiatore (e come il padre) ha girato diversi paesi per vivere e realizzare film. Tutto senza fare un vero e proprio bilancio (per fortuna) ma con un'autoindulgenza che annulla ogni possibile interesse nel film.

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