Titolo originale | Ain't Misbehavin |
Anno | 2013 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia |
Durata | 106 minuti |
Regia di | Marcel Ophüls |
Attori | Marcel Ophüls, Elliott Erwitt, Jeanne Moreau, Madeleine Morgenstern, John Simpson (II) Frederick Wiseman. |
MYmonetro | 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 22 maggio 2013
Diciotto anni dopo Veillées d'armes, Marcel Ophüls torna con un film, e si conferma uno degli ultimi Maestri.
CONSIGLIATO NÌ
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Regista (tra gli altri) di The sorrow and the pity, Buccia di banana e Hotel Terminus, Marcel Ophüls ha attraversato da spettatore illustre il cinema ante e post guerra sui set del padre Max e poi sui propri, da protagonista attivo, una gran parte del cinema europeo dagli anni '60 in poi.
A quasi un ventennio dall'ultimo film realizzato, Marcel Ophüls, ora 84enne, porta al cinema un'autobiografia in cui riprende se stesso mentre ricorda e parla con coetanei e protagonisti degli anni della propria formazione e poi del lavoro. Ci entrano dentro il padre Max e i suoi film, le attrici, Truffaut e la generazione dei Cahiers, Jeanne Moreau e le lettere piene di complimenti speditegli da Woody Allen e Stanley Kubrick.
Povero nel settore dell'aneddotica (di solito il più potente in documentari di questo tipo) Un voyageur vorrebbe essere qualcosa di più di un'autobiografia, aspira a raccontare una grande stagione del cinema francese (e anche mondiale nella parte su Max Ophüls), le sue contraddizioni, i suoi rapporti di forza e in generale a gettare un velo di nostalgico entusiasmo attraverso il protagonista/autore/oggetto del film. Tuttavia non solo Marcel Ophüls carica se stesso di eccessiva responsabilità, cercando di sostenere da solo, con i monologhi o i dialoghi, tutto il film ma indugia in un autocompiacimento che sfocia spesso nell'autoagiografia.
Con videocamera in mezzo alle strade o con piccoli set improvvisati dall'audio scadente, fino alle confidenze al telefono, l'idea è di catturare l'oggi, come a ricostruire un dialogo effettivo dello spettatore con il Marcel del 2013 che ricorda e torna indietro ai tempi che furono, mescolando considerazioni (l'odio per Antonioni che condivideva con i Cahiers du cinema), alla cronaca degli anni in cui come un viaggiatore (e come il padre) ha girato diversi paesi per vivere e realizzare film. Tutto senza fare un vero e proprio bilancio (per fortuna) ma con un'autoindulgenza che annulla ogni possibile interesse nel film.