Difficile restare indifferente.
Ho iniziato la visione di Gran Torino controvoglia, condizionata da un pregiudizio, i pochi cenni di trama che avevo letto su un giornale non mi avevano convinto: un protagonista vecchio, niente azione, nessuna storia d'amore....
Quale colossale abbaglio e che meravigliosa rivelazione!
Mi sono sorpresa a simpatizzare con lo scorbutico e intrattabile "vecchione" polacco, a ridere delle sue occhiatacce ai vicini, ai nipoti, alla vita.
Gradissimo, monumentale personaggio, ricco di risvolti psicologici profondi e imprevisti, pennellato con maestria e delicatezza dall'esperienza e dalla sensibilità di Clint Eastwood che ormai è certamente un Maestro della sceneggiatura, della regia e della recitazione, del linguaggio cinematografico.
Il film prende le mosse da un funerale e si chiude con un altro funerale, poche settimane di vita intensa in mezzo che fanno trovare a due giovani asiatici la forza per affrontare la vita e al vecchio Kowalski la forza per affrontare la morte; legati strettamente gli uni all'altro dell'amore che nasce dal rispetto reciproco e dalla cura.
Alla fine non fa male la conclusione anzi mi è apparsa logica, naturale, addirittura poetica.
Ho rivisto mio nonno, la sua imponenza fisica, la sua fermezza, la sua ironica testardaggine, i suoi occhi severi che mi amavano tanto.
Grazie Clint.
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