Gran Torino |
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Un film di Clint Eastwood.
Con Clint Eastwood, Bee Vang, Ahney Her, Christopher Carley.
continua»
Azione,
durata 116 min.
- USA 2008.
- Warner Bros Italia
uscita lunedì 15 novembre 2021.
MYMONETRO
Gran Torino ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Gran Torino: la macchina è bene oliata
di Stefano MontecchiFeedback: |
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domenica 15 marzo 2009 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il personaggio del burbero dal cuore d'oro ce lo aveva fatto amare in "Million dollar Baby", ma in questo film Clint Eastwood lo esalta e lo rende mitico. Un eroe della porta accanto, quello di Eastwood regista, ben lontano da Callaghan o dai western. Del resto, che fantastico eroe era il suo personaggio di Madison County, eroe solo perchè in grado di amare! L'americando repubblicano che racconta storie democratiche abbandona i sottotesti morali di "Mystic River", l'accusa al potere di "Changeling" e "Flags of our fathers" e si discosta persono dai risvolti crepuscolari di "Lettere da Iwo Jima" e "Gli spietati". In "Gran Torino" c'è prima di tutto la voglia di raccontare una storia. Non ci sono momenti più "alti" di altri, nel film: del resto è nel modo di lavorare di Eastwood il girare una scena, anche la più banale, con la mentalità che debba sempre essere considerata la scena più importante del film. E il livello di questo nuovo lavoro è alto, artigianale ma autoriale, semplice e sincero, drammatico ma mai urlato. Lontano da Hollywood, Eastwood fa un altro film d'attori che si beve in un sorso come una buona birra in un pomeriggio estivo. Conta poco, il razzismo, nel film: è un pretesto per parlare della violenza e della ricerca di una cura ad essa. Giocando per sottrazione nella carne che Eastwood mette al fuoco, in "Gran Torino" c'è spazio per un Eastwood attore di indimenticabile spessore. Il suo personaggio è quello di un uomo, probabilmente repubblicano, ex dipendente dell'americanissima Ford, che cura il suo pratino di casa con tanto di bandiera a stelle e strisce in un quartiere di asiatici, messicani e afro-amiricani. Fra le gangs rivali che si formano nel suo quartiere, Eastwood rimane come piccolo baluardo di civiltà (americana) che sorveglia la sua automobile e la sua casa dalle incursioni degli stranieri. La cura alla violenza è un qualcosa di vicino alla paura: il razzismo. In questo modo il protagonista non vive, ma sopravvive come fece da giovane nella guerra di Corea. Triste, chiuso in se stesso, Eastwood diviene suo malgrado tutore di un ragazzo asiatico che, senza la sua guida, probabilmente farebbe una brutta fine per le strade del quartiere. La conoscenza del "diverso" rende il personaggio di Eastwood più benevolo, più consapevole della vita degli altri e della sua. Fintamente reticente, ormai, il vecchio Eastwood capisce qual'è la cura alla violenza che lo circonda, nel suo microcosmo, ed agisce di conseguenza in una maniera decisamente poco convenzionale: lontano da Callaghan, lontano da Bush e dalle reazione al terrorismo, lontano dalla rabbia. E' il caso di dire che l'etica minimalista di Eastwood oramai è un punto fermo nel panorama cinematografico. Era dai tempi degli "Spietati" che Eastwood non parlava di violenza in questo modo (ribaltandone addirittura l'epilogo). Un'altra bella storia, quindi, da un grande vecchio che ricorda i valori di una volta e che sa capire il presente perchè gli sta a cuore i futuro. Gran film, gran automobile, Gran Torino.
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