antares
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venerdì 29 febbraio 2008
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leggermente sopravvalutato
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Sostanzialmente il nocciolo della diatriba che divide gli spettatori sta nel fatto che la pellicola dopo circa un ora e mezza ha una virata che non ti spetti. Effettivamente il film per tre quarti girati con grande maestria: grandi temi grande regia, dialoghi, interpretazione, etc.
Ma se sino a quel momento lo spettatore è testimone di una pellicola girata con delle scene veramente molto visive e poco parlate (e quelle parlate che mostrano una filosofia/pazzia di Bardem tese a constatarne la follia - e che calamitano alla grande l'attenzione di chi è in sala, per non parlare della figura dello sceriffo che intgroduce temi importanti quali il deprezzamento dei valori nella società dei giovani, etc) ad un certo punto gli autori fanno delle scelte che definirei azzardate.
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Sostanzialmente il nocciolo della diatriba che divide gli spettatori sta nel fatto che la pellicola dopo circa un ora e mezza ha una virata che non ti spetti. Effettivamente il film per tre quarti girati con grande maestria: grandi temi grande regia, dialoghi, interpretazione, etc.
Ma se sino a quel momento lo spettatore è testimone di una pellicola girata con delle scene veramente molto visive e poco parlate (e quelle parlate che mostrano una filosofia/pazzia di Bardem tese a constatarne la follia - e che calamitano alla grande l'attenzione di chi è in sala, per non parlare della figura dello sceriffo che intgroduce temi importanti quali il deprezzamento dei valori nella società dei giovani, etc) ad un certo punto gli autori fanno delle scelte che definirei azzardate. Abbiamo il protagonista che muore: e questo praticamente lo dobbiamo intuire perchè la scena in cui accade non esiste e addirittura non lo si inquadra nemmeno (solo da lontano e solo parzialmente - e nemmeno all'obitorio). Non sono assolutamente un fan del finale buonista (tutt'altro) ma è evidente che il cambio di registro che si è avuto ad un certo punto della pellicola influisce indubbiamente sulle valutazioni che uno spettatore puo' avere. La mia è che si è voluto troppo giocare a fare gli autori. Il film precipita nell'oblio con un paio di monologhi strappasbadiglio di Tommy Lee Jones, l'ultimo dei quali tronca definitivamente il film riportandoci ai titoli di coda.
Io posso capire tutto, la voglia di contaminare il film con sottotesti, messaggi velati o meno velati, ma qui si è voluto per forza fare delle scelte anticonformiste (anche perchè le tematiche dell'eccesso di violenza nella società odierna, del mutamento della concezione della vita nelle diverse generazioni le stava svolgendo diligentemente lo sceriffo con un paio di battute ben inserite, la diffusione della violenza dettata da futili motivi ecc ). Per cui ad un certo punto i Coen decidono che della trama lineare importa poi poco per cui il protagonista esce di scena come meno te lo aspetti, della valigetta contesa non interessa piu' niente e lanciano invece un paio di monologhi che vorrebero enfatizzare il messaggio che vogliono sottolienare. Mi sembra un po' troppo. Ripeto. La sensazione forte è che si sia voluto giocare a fare gli autori per forza. Il cambio di registro è troppo penalizzante...non si puo' buttare la trama alle ortiche (non ho letto il libro, ma il discorso rimane lo stesso anche se il film dovesse rispecchiare il libro al 100%). Il discorso della della preponderanza dei sottotesti sulle trame di alcune pellicole è stato già trattato in passato e criticato ampiamente. Non ho letto il libro ma, se i Coen hanno riportato le stesse scene conclusive viste nel romanzo, beh allora è presto detto, l'errore è proprio questo. Il linguaggio cinematografico è tutt'altra cosa rispetto a quello letterario, d'altra parte non avrebbe senso parlare di "adattamento" se così non fosse. Tutti abbiamo apprezzato i messaggi della pellicola. Il fatto che i Coen abbiano avuto l'ardire di trasporre sullo schermo delle scene che di cinematografico avevano ben poco, va soltanto ad elogiare il loro coraggio. I risultati di quelle scelte pero' sono tutt'altra cosa. I Coen tracciano una trama, ce ne fanno appassionare, condiscono il tutto con un paio di messaggi ben calibrati (ben ripresi dal libro) e poi, troncando lo svolgersi degli eventi, ci dicono che l'importante è sottolineare il messaggio. Scorretto
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andrea
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lunedì 25 febbraio 2008
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"non è un film per tutti"
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Silenzio.Deserto.Inquietante.Un uomo sa che sta per fare una cazzata prima ancora di farla,ma la natura umana è troppo curiosa per impedirlo.E così da un "affare" che sembrava concluso con un semplice ritrovamento di un malloppo (che non si saprà mai a chi appartiene) ecco una successione di omicidi da parte di uno psicopatico e glaciale killer (geniale,meritatissimo l oscar) che vuole recuperare la valigetta,anche qui,senza mai riuscire a capire il motivo della ricerca,dato che a lui i soldi non interessano.Ricerca della valigetta che avviene in un silenzio interrotto solo dalle esecuzioni,e dalle battute di humor nero che fa il killer.Forse troppo silenzio per alcuni,non è un film azione\inseguimenti\incidenti\belle donne\ecc.
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Silenzio.Deserto.Inquietante.Un uomo sa che sta per fare una cazzata prima ancora di farla,ma la natura umana è troppo curiosa per impedirlo.E così da un "affare" che sembrava concluso con un semplice ritrovamento di un malloppo (che non si saprà mai a chi appartiene) ecco una successione di omicidi da parte di uno psicopatico e glaciale killer (geniale,meritatissimo l oscar) che vuole recuperare la valigetta,anche qui,senza mai riuscire a capire il motivo della ricerca,dato che a lui i soldi non interessano.Ricerca della valigetta che avviene in un silenzio interrotto solo dalle esecuzioni,e dalle battute di humor nero che fa il killer.Forse troppo silenzio per alcuni,non è un film azione\inseguimenti\incidenti\belle donne\ecc...no.Il killer non è mai scomposto,nemmeno quando si toglie i proiettili dalla gamba!!Lui sa che riavrà la valigetta.Lui è arrivato fin li x colpa del destino,come una moneta finisce nelle mani di un uomo.Altro particolare la successione di comparse di altri personaggi lungo il film,che si può far fatica a capirne i ruoli,solo deducibili.Niente colonna sonora,l effetto deserto non si può dimostrare meglio se non col silenzio.Muoiono tutti,tranne il nostro psicopatico e lo sceriffo che più che dargli la caccia,teneva solamente a proteggere il suo cittadino,ben sapendo che l affare in cui si era immischiato era troppo per lui,prossimo alla pensione.E il finale lascia sgomenti:il killer va per la sua strada,con un osso fuori dal braccio,lo sceriffo a casa non sa che fare in pensione e racconta sogni metaforici alla moglie...sicuramente non lascia indifferente lo spettatore,ma a molti in senso negativo.A me è piaciuto,crudo,intero,senza conservanti,la tensione a pelle dall inizio alla fine."non è un film per tutti".
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m viel
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giovedì 21 febbraio 2008
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notevole opera che eccelle per qualità tecnica
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1970. Llewelyn Moss, un ex saldatore e reduce del Vietnam, si imbatte in uno scenario raccappriciante di sangue e sabbia, il classico episodio di uno scambio di droga andato male, soldi facili. Moss nell'attimo in cui avvista questa orribile strage presagisce che quella scelta sarà la scelta che gli cambierà la vita. Prendere i soldi o scappare. Moss sceglie di provarci. Moss decide di tuffarsi nell'oscurità, scelta che lo porterà inevitabilmente a delle conseguenze, lui lo sa, ma deve assolutamente tentare. Il perchè lo si può dedurre dal titolo dell'opera ottimamente diretta dai Cohen, Moss deve tentare, perchè deve opporsi, perchè deve uscire, perchè in un certo senso deve perdere. Quello interpretato da Brolin è uno dei vecchi uomini del titolo, un uomo sofferente per la sua attuale situazione.
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1970. Llewelyn Moss, un ex saldatore e reduce del Vietnam, si imbatte in uno scenario raccappriciante di sangue e sabbia, il classico episodio di uno scambio di droga andato male, soldi facili. Moss nell'attimo in cui avvista questa orribile strage presagisce che quella scelta sarà la scelta che gli cambierà la vita. Prendere i soldi o scappare. Moss sceglie di provarci. Moss decide di tuffarsi nell'oscurità, scelta che lo porterà inevitabilmente a delle conseguenze, lui lo sa, ma deve assolutamente tentare. Il perchè lo si può dedurre dal titolo dell'opera ottimamente diretta dai Cohen, Moss deve tentare, perchè deve opporsi, perchè deve uscire, perchè in un certo senso deve perdere. Quello interpretato da Brolin è uno dei vecchi uomini del titolo, un uomo sofferente per la sua attuale situazione. Andando a caccia rievoca i suoi passati militari, tutta l'avventura che lo trascinerà fino al limite più buio e oscuro del paese costruito dai Cohen che è questo film è un viaggio che intraprende con consapevolezza e da cui Moss trae anche un certo ritrovato piacere. Lo stesso vale per lo Sceriffo Tom Bell, interpretato da un Tommy Lee Jones apparentemente appena evaso dal set di Le Tre Sepolutire. In ugual modo il personaggio di Jones è legato ai vecchi tempi, ai vecchi sceriffi suoi predecessori e in generale ai vecchi che hanno caratterizzato la sua vita. Bell è il "vecchio uomo" a cui ci si sente più vicini, essendo anche voce fuori campo che svolge un ruolo rilevante. In Bell riscontriamo le sfaccettature di un anziano al limite del ritiro dalla professione e al limite della pazienza come uomo, oltre a non vedere più i valori che hanno fatto di lui l'uomo che è oggi nell'attualità delle cose, non riesce nè a rispecchiarsi col passato, nè a capire il motivo delle azioni presenti, dei crimini a cui è costretto ad assistere ed infine non riesce neppure a risolvere il nodo gordiano che rappresenta il futuro, sia suo che dell'ambiente che lo circonda. Anton Chigurh, il tremendo Anton Chigurh, interpretato superbamente da Javier Bardem, non è altro che un altro Vecchio Uomo. Pur rappresentando di fatto un personaggio che per definizione non dovrebbe avere neanche un capello in comune col carattere degli altri 2 protagonisti, essendo appunto l'antagonista, appare tale allo spettatore unicamente se la persona che sta assistendo allo spettacolo non svolge una dovuta riflessione. Infatti pure Bardem dovrà affrontare il destino, e dovrà combattere con "qualcosa che non si può fermare". Il senso del film in conclusione è racchiuso sostanzialmente in quella frase ripetuta svariate volte durante la pellicola da personaggi principali e marginali: "You can't stop what's coming" "Non puoi fermare ciò che accade" "Non puoi fermare ciò che accadrà". Dal punto di vista tecnico il film è semplicemente eccellente. I Cohen prendono 110 e lode alla maturità. Maturità appunto affermata da questa opera di 2 ore fitta di tematiche,di parallelismi fra i vari personaggi principali, di fotografie disarmanti dal punto di vista della bellezza così come dal punto della profondità di significato. Nel deserto troviamo una desolazione. Un incantevole desolazione da una parte ma anche una desolazione che rimanda alla paura dell'ignoto che costituisce una delle nostre facce più misteriose. Menzione speciale, ad ogni modo, va alle interpretazioni, Bardem in primis, mostruoso ed insuperabile supportato comunque da un Jones d'alto livello e da un Brolin decisamente convincente
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romeo79
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domenica 24 febbraio 2008
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"la fine è vicina..."
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Uno strano figuro si aggira indisturbato per le strade,portandosi dietro una bombola d'aria compressa con annessa pistola da bestiame.Il suo taglio di capelli ha qualcosa di sinistro,di infantile ma allo stesso tempo lugubre.Un ex fabbro ed ex soldato,un ex insomma,con l'aria da cowboy e l'hobby della caccia si imbatte in una valigia contenente ben 2 milioni di dollari.Potrebbe essere la svolta della sua inutile esistenza.Uno sceriffo attempato,con un ottimo spirito di osservazione ma ormai privo di ogni entusiasmo ed interesse verso un mondo al quale non riesce a stare dietro,si ritrova coinvolto in un affare troppo più grosso di lui.Queste le premesse per la nuova opera dei Coen,ancora una volta alle prese con le tematiche a loro più congeniali:l'avidità umana e l'inafferrabile ineluttabilità del destino.
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Uno strano figuro si aggira indisturbato per le strade,portandosi dietro una bombola d'aria compressa con annessa pistola da bestiame.Il suo taglio di capelli ha qualcosa di sinistro,di infantile ma allo stesso tempo lugubre.Un ex fabbro ed ex soldato,un ex insomma,con l'aria da cowboy e l'hobby della caccia si imbatte in una valigia contenente ben 2 milioni di dollari.Potrebbe essere la svolta della sua inutile esistenza.Uno sceriffo attempato,con un ottimo spirito di osservazione ma ormai privo di ogni entusiasmo ed interesse verso un mondo al quale non riesce a stare dietro,si ritrova coinvolto in un affare troppo più grosso di lui.Queste le premesse per la nuova opera dei Coen,ancora una volta alle prese con le tematiche a loro più congeniali:l'avidità umana e l'inafferrabile ineluttabilità del destino.Destino che come nei precedenti capolavori come Fargo e L'Uomo Che Non C'Era,si diverte a giocare con i protagonisti,riservandosi,al pari di un bimbo che gioca con le formiche,la parte di beffardo e sadico spettatore delle vicende umane e del loro inesorabile fallimento.La fortuna non piove dal cielo,nè tantomeno piovono valige milionarie.E'solo l'ennesima burla,la trappola tesa dal caso per divertirsi nel concedere la falsa illusione che le cose possano cambiare.Ma per riequilibrare la partita ecco che scende in campo la seconda pedina.Ritorniamo al nostro uomo e alla sua bizzarra bombola di aria compressa.Un demonio senza storia,un "fantasma" senz'anima,che non ha altra scelta se non quella di uccidere,sterminare,mietere vite.Anche lui si diverte a giocare.Questo è il suo ruolo,e non può fare a meno di interpretarlo.Il suo compito sarebbe quello di recuperare la famosa valigetta,ma è chiaramente un pretesto,perchè in fondo di quei soldi non saprebbe cosa farsene."La sua etica va al di sopra dei soldi e della droga",prescinde dai normali meccanismi del vivere umano,ed è questo che gli conferisce la sua connotazione di vera e propria entità sovrannaturale più che di semplice assassino.All'ex-fabbro-soldato non resta che tentare la fuga,una fuga disperata e affannosa,che non fa che rendere più dolorosa l'agonia.L'angelo della morte è sempre inspiegabilmente dietro l'angolo,la sua ombra filtra attraverso lo stipite di una porta socchiusa.Le serrature esplodono al suo avvicinarsi.E'"una lotta impari" che toglie il fiato,il sonno,è l'incubo divenuto realtà.E se per caso il gioco comincia a durare troppo,allora anche il destino si annoia,e schiera in campo altre impreviste forze,altre variabili impazzite gettate nella mischia sotto forma di trafficanti messicani per portare a termine il lavoro e mettere fine alla partita.Il fabbro sarà trovato morto e basta,sparato al petto.Non ci è concesso assistere all'esecuzione.Una morte poco romantica e certo poco cinematografica.Ma quale morte in fondo lo è?E mentre il mondo rotola in preda alla follia,coi suoi mostri e i suoi cadaveri,con le sue prede e i suoi carnefici,il povero vecchio sceriffo si muove nella penombra della vita,quando sei troppo vecchio per contare qualcosa ma ancora giovane per crepare.I suoi increduli occhi assistono allo svolgersi delle cose,ormai divenute per lui inafferrabili,e la sua inutilità diventa la sua condanna.Il suo tempo è andato.Non "può fermare le cose che accadranno",non può più incidere nella storia,ma soltanto rivangare nel passato,sempre romantico e migliore agli occhi di chi ricorda.Non gli resta che attendere.D'altronde si sa...non è un paese per vecchi...
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4ndr34
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domenica 16 settembre 2012
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un pò superficiale
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Leggere questo film come elogio alla violenza mi pare riduttivo e in ultimo, sbagliato. La violenza c'è, è forte e non ci viene risparmiato nulla. Purtroppo quando il cinema si avvicina a certe analisi della nostra società non può girare la testa, ma ammettere che viviamo in un mondo cinico tanto quanto violento. Il libro da cui è tratto il film si concentra molto sui temi dell'educazione morale dei figli e dell'efferatezza della violenza contemporanea (non a caso il tutto ambientato nel texas anni Settanta, al confine tra Mesico e Stati Uniti, negli anni in cui la violenza generata dal traffico di droga e dal rafforzamento dei cartelli per la droga esplose in modo definitivo) e ho apprezzato molto il fatto che si sia cerca di rendere l'atmosfera del libro eliminando del tutto la colonna sonora.
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Leggere questo film come elogio alla violenza mi pare riduttivo e in ultimo, sbagliato. La violenza c'è, è forte e non ci viene risparmiato nulla. Purtroppo quando il cinema si avvicina a certe analisi della nostra società non può girare la testa, ma ammettere che viviamo in un mondo cinico tanto quanto violento. Il libro da cui è tratto il film si concentra molto sui temi dell'educazione morale dei figli e dell'efferatezza della violenza contemporanea (non a caso il tutto ambientato nel texas anni Settanta, al confine tra Mesico e Stati Uniti, negli anni in cui la violenza generata dal traffico di droga e dal rafforzamento dei cartelli per la droga esplose in modo definitivo) e ho apprezzato molto il fatto che si sia cerca di rendere l'atmosfera del libro eliminando del tutto la colonna sonora. Poi, come per tutto, un film può piacere o meno, ma io l'ho trovato un film denso e interessante, ricco di ottime prove di recitazione, per cui Academy per me meritati.
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sanchezpizjuan82
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venerdì 4 aprile 2008
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e' un paese per i barbari
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Quelli che hanno visto il film hanno dato luogo a due opposte fazioni. Il primo è lo schieramento dei Delusi, che annovera coloro che lo hanno trovato troppo insolito, diseguale, discontinuo, e si aspettavano in definitiva che il Film-premio-Oscar fosse meno sofisticato e più rispondente al gusto del pubblico medio, e poi coloro che invece per essere fuori dal coro dicono “sì, ha vinto l’Oscar, ma non è mica uno dei migliori film dei Coen”. Sul fronte opposto c’è lo schieramento degli Entusiasti, di chi , anche se forse influenzato dall’aura di “guru” che accompagna Joel e Ethan, ha trovato il film magnifico nella sua raffinata asprezza, e si è rallegrato nel vedere il premio dell’Academy destinato ad un film di spessore più che di cassetta.
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Quelli che hanno visto il film hanno dato luogo a due opposte fazioni. Il primo è lo schieramento dei Delusi, che annovera coloro che lo hanno trovato troppo insolito, diseguale, discontinuo, e si aspettavano in definitiva che il Film-premio-Oscar fosse meno sofisticato e più rispondente al gusto del pubblico medio, e poi coloro che invece per essere fuori dal coro dicono “sì, ha vinto l’Oscar, ma non è mica uno dei migliori film dei Coen”. Sul fronte opposto c’è lo schieramento degli Entusiasti, di chi , anche se forse influenzato dall’aura di “guru” che accompagna Joel e Ethan, ha trovato il film magnifico nella sua raffinata asprezza, e si è rallegrato nel vedere il premio dell’Academy destinato ad un film di spessore più che di cassetta. Date retta ai secondi.
Certamente “Non è un Paese per Vecchi” non è un film che possa accontentare tutti: molti tratti grotteschi, alcune scene di violenza gratuita, quasi tarantiniana, improvvise accelerazioni e brusche frenate nel ritmo narrativo, qualche dialogo-monologo che ad uno sguardo superficiale è un po’ avulso dalla trama e soprattutto la difficoltà di individuare un protagonista. In realtà i Coen confezionano una pellicola polverosa ma limpida allo stesso tempo, come i deserti assolati da cui la vicenda prende vita, la colonna sonora è totalmente assente, persino sui titoli di coda, i dialoghi sono scolpiti nella pietra, i personaggi entrano ed escono (spesso per morte violenta) dalla trama, molti avvenimenti, anche fondamentali, avvengono “a camera lontana”, il finale tronco è abbacinante: lo spettatore rimane continuamente spiazzato e ammirato.
La storia, tratta da uno dei romanzi del superbo Cormac McCarthy, prende vita quando un redneck della provincia americana si imbatte in una valigetta zeppa di dollari, incustodita dopo un affare di droga finito in massacro. Ritenendosi duro abbastanza, non abituato a cedere davanti a nulla e nessuno, si risolve ad approfittare senza esitazione dell’occasione che la vita gli mette nelle mani, affrontando tutte le conseguenze del caso. Sulle sue tracce, e sulle tracce di chi è sulle sue tracce, un assassino psicopatico (Javier Bardem), lo sceriffo della cittadina (T.L.Jones), un killer prezzolato (W.Harrelson), una banda di messicani. Tutti questi sono alla pari protagonisti, sono burattini mossi dall’avidità, alla caccia di quella valigetta che è poi la vera forza motrice di tutta la vicenda. L’unico che se ne discosta è lo sceriffo (uno dei vecchi cui allude il titolo) incapace di comprendere le forze che animano gli altri personaggi ed allo stesso tempo inadeguato a combatterle, ultimo baluardo contro i barbari che avanzano, rappresentante di una legge che non riesce più ordinare il Caos.
Che ognuno pensi ciò che vuole, ma in “Non è un Paese per Vecchi” scorre la linfa del Cinema.
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(di slowine)
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teo
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mercoledì 10 settembre 2008
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la violenza vista dalla mente geniale dei coen
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La principale qualità dei fratelli Coen è sempre stata quella di avere e conservare intatta nel tempo la voglia e il coraggio della sperimentazione. Dopo il noir de "L'uomo che non c'era" e la sophisticated comedy de "Prima ti sposo poi ti rovino" è ora la volta del "western" di frontiera. Tratto dal crudo e realistico romanzo del geniale Cormac McCharty, il film si presenta come uno sguardo spietato e amaro di un mondo che sembra ormai governato dalla follia, un mondo dove solo i più forti riescono a sopravvivere. Il paesaggio sterminato in cui è ambientata la storia è un luogo senza confini in cui i personaggi si muovono come anime sperdute, un "paese" (il termine non si limita esclusivamente all'America) in cui tutto è ormai privo di una logica.
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La principale qualità dei fratelli Coen è sempre stata quella di avere e conservare intatta nel tempo la voglia e il coraggio della sperimentazione. Dopo il noir de "L'uomo che non c'era" e la sophisticated comedy de "Prima ti sposo poi ti rovino" è ora la volta del "western" di frontiera. Tratto dal crudo e realistico romanzo del geniale Cormac McCharty, il film si presenta come uno sguardo spietato e amaro di un mondo che sembra ormai governato dalla follia, un mondo dove solo i più forti riescono a sopravvivere. Il paesaggio sterminato in cui è ambientata la storia è un luogo senza confini in cui i personaggi si muovono come anime sperdute, un "paese" (il termine non si limita esclusivamente all'America) in cui tutto è ormai privo di una logica. I personaggi non sono mai presentati direttamente al pubblico, in realtà si sa ben poco di loro; ed è proprio questa la genialità della pellicola: ciascuno di essi è la pedina di un gioco interminabile e perverso, un inseguimento che non può volgere al termine finchè una delle due parti non perde. E' questa, ahimè, la triste realtà dei nostri giorni, a cui non possiamo sottrarci, una realtà che neanche la dura legge del Texas riesce a debellare. A detta dell'amico paraplegico dello sceriffo Tom Bell "non si può fermare quello che sta arrivando", parole che riecheggiano con glacialità nel cuore dello spettatore già turbato dallo sviluppo della vicenda. Tuttavia esiste una via per sterminare questa aberrazione; e ciascuno la deve trovare dentro di sè. Il racconto finale che tronca inaspettatamente il film (da molti incompreso) lascia il cuore e la mente dello spettatore come sospesi per qualche secondo; l'immagine del padre che cavalca nella notte avvolto in una coperta per andare ad accendere un fuoco in mezzo a tutto quel buio e a quel freddo è una straordinaria metafora di speranza per chi, come noi, vive il mondo attuale. Di notevole efficacia è la decisione di non inserire una colonna sonora. Nulla da aggiungere a quanto già detto circa la straordinaria interpretazione di Javier Bardem, "mimetizzatosi" perfettamente nel ruolo di un personaggio che non rappresenta il classico assassino che pratica violenza, più che altro è la violenza stessa. Grandissimo Tommy Lee Jones, con quella sua eterna aria da cow-boy tormentato a causa del suo tempo, di cui non riesce ad accettare le numerose ingiustizie.
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[+] diventerai presidente del consiglio
(di biondona89)
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(di pietra)
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sassolino
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domenica 24 febbraio 2008
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tra polvere e realtà
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Quello dei Cohen è un cinema polveroso, polverose certe inquadrature, polveroso il volto rigato di rughe di Tommy lee Jones, polverosi gli interni di quasi tutte le stamberghe dei loro film spesso a metà strada tra road movies e crime stories. Qui, un po come in blood simple, uno dei loro piccoli tesori siamo negli anni 80, precisamente nel 1980, sullo sfondo di paesaggi rarefatti, regolamenti di conti con cani morti e killer dotati di armi improbabili (qui l'ammazzatutti di turno ha addirittura un ammazza/bovini che usa per sgretolare serrature), geniale! Il tema di fondo è la prevalenza del male sul bene e l'impossibilità di fronteggiarlo da parte di una società incapace persino di guardarlo in faccia: Tommy lee Jones ne è l'antieroe simbolico, sceriffo prossimo alla pensione ormai battuto dalla vita.
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Quello dei Cohen è un cinema polveroso, polverose certe inquadrature, polveroso il volto rigato di rughe di Tommy lee Jones, polverosi gli interni di quasi tutte le stamberghe dei loro film spesso a metà strada tra road movies e crime stories. Qui, un po come in blood simple, uno dei loro piccoli tesori siamo negli anni 80, precisamente nel 1980, sullo sfondo di paesaggi rarefatti, regolamenti di conti con cani morti e killer dotati di armi improbabili (qui l'ammazzatutti di turno ha addirittura un ammazza/bovini che usa per sgretolare serrature), geniale! Il tema di fondo è la prevalenza del male sul bene e l'impossibilità di fronteggiarlo da parte di una società incapace persino di guardarlo in faccia: Tommy lee Jones ne è l'antieroe simbolico, sceriffo prossimo alla pensione ormai battuto dalla vita. Dall'altra parte abbiamo i cosiddetti cattivi, quelli che dovrebbero rappresentare il male e che come in tutti i film dei Cohen finiscono per essere risucchiati dal caso; Josh Brolin, attore ormai feticcio, muore per una soffiata ai messicani del tutto imprevedibile e il killer spietato per poco non lascia le penne in un maldestro e banale incidente d'auto. Il caso, la fatalità, la tragedia che si trasforma in farsa come a sottolineare quanto sia assurdo il male, il desiderio di dominio, di sopraffazione, già presente nei bambini, che si scannano per dividersi 100 dollari donati dal killer. Proprio a testimoniare che siamo condannati all'inferno, che la violenza è insita nella nostra società, è di fatto una componente antropologica ormai incancellabile. Divertente! per l'uso quasi sguaiato della camera a mano, per il montaggio sorprendentemente lineare che contrasta con la caoticità del resto e almeno 2 sequenze da antologia; l'arrivo in messico di Josh brolin e il riattraversamento della frontiera per gli states dove basta affermare di essere stati in un qualsiasi fottuto battaglione del Vietnam per varacare la soglia. Non manca di una certa ruffianeria e di tanti ammiccamenti politically correct ma merita ampiamente la visione.
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[+] camera a mano?
(di mel)
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[+] non è un paese per vecchi
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lorenzonero27
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mercoledì 30 gennaio 2013
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non è un film per vecchi
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Un reduce texano della guerra del Vietnam,si imbatte casualmente in quello che sembra un regolamento di conti tra cartelli della droga. Mentre curiosa ,trova una borsa piena di dollari. Malgrado la sua onestà, e la possibilità concreta di ritorsioni,decide di impossessarsi della borsa. Da li in poi, Llewelyn(Josh Brolin) intraprenderà una rocambolesca fuga, tra sparatorie,giochi psicologici e pura crudeltà. Alle calcagne del giovane Texano, si metteranno presto sia, il cartello possessore dei soldi,sia un killer psicopatico. Qui arriva il bello: Anton Chigurh(Javier Bardem), rende forse una delle migliori interpretazioni(a pari merito con Heath Ledger nel cavaliere oscuro),degli ultimi 20 anni.
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Un reduce texano della guerra del Vietnam,si imbatte casualmente in quello che sembra un regolamento di conti tra cartelli della droga. Mentre curiosa ,trova una borsa piena di dollari. Malgrado la sua onestà, e la possibilità concreta di ritorsioni,decide di impossessarsi della borsa. Da li in poi, Llewelyn(Josh Brolin) intraprenderà una rocambolesca fuga, tra sparatorie,giochi psicologici e pura crudeltà. Alle calcagne del giovane Texano, si metteranno presto sia, il cartello possessore dei soldi,sia un killer psicopatico. Qui arriva il bello: Anton Chigurh(Javier Bardem), rende forse una delle migliori interpretazioni(a pari merito con Heath Ledger nel cavaliere oscuro),degli ultimi 20 anni. La cura riservata dai Cohen, nel creare Chigurh è maniacale.......Capelli,abiti,arma che utilizza,ossessioni(la monetina) e la STRATOSFERICA interpretazione di Bardem,rendono questo personaggio uno dei piu 'amati' e ricordati nella storia del cinema. Quando lo si guarda,ci si stupisce di come una persona 'normale',riesca in tale impresa......Lo sguardo sadico, tremendamente realistico dell'attore spagnolo è un, 'capolavoro di recitazione moderna'.I dialoghi tra Chigurh e il resto dei personaggi, sono incredibilmente sofisticati e raffinati......tutto questo nell'oblio gigantesco della follia allo stato puro. Il tocco di classe dei Cohen,si nota ed anche tanto........ la violenza è rappresentata come una dolce sinfonia........leggera e ironica, dura e goliardica,psicologica e morale. La contrapposizione tra bene e male, tra giusto e sbagliato........che il film ci lascia inesorabilmente come dilemma.....
La sottile linea che c'è tra buono e cattivo,viene spezzata dallo sceriffo(Tommy Lee Jones). Personaggio tipico dei film Coheniani...... sceriffo pacato e intuitivo(tipo Frances McDormand in Fargo), da una grande lezione di vita allo spettatore.....
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andrea zagano
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venerdì 3 maggio 2013
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un film unico, che tutti dovrebbero vedere...
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Questo film è considerato il capolavoro dei fratelli Coen, un’opera che rasenta la perfezione e permette ai registi più folkloristici d’America di toccare il cielo con 4 premi Oscar vinti nel 2008.
Come quasi tutte le pellicole firmate Coen “Non è un paese per vecchi” è ambientato in quell’America lontana dalle grandi metropoli, nel bel mezzo del nulla, dove non succede mai niente e la noia regna sovrana.
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Questo film è considerato il capolavoro dei fratelli Coen, un’opera che rasenta la perfezione e permette ai registi più folkloristici d’America di toccare il cielo con 4 premi Oscar vinti nel 2008.
Come quasi tutte le pellicole firmate Coen “Non è un paese per vecchi” è ambientato in quell’America lontana dalle grandi metropoli, nel bel mezzo del nulla, dove non succede mai niente e la noia regna sovrana.
Partiamo dal titolo: “No Country for Old Men” sono le strofe d’apertura di “Sailing to Byzantium” , una poesia di William Butler Yeats. Il poeta irlandese si riferiva alla città di Bisanzio che non invecchiava mai grazie all’antidoto che secondo il poeta donava l’eterna giovinezza: l’arte. Quell’arte che nel film non esiste, sostituita dalla violenza, dall’avidità dell’uomo e dalle parole dello sceriffo(nonché narratore della storia) che riassume il titolo, proprio all’inizio, quando dice di aver paura della criminalità del tempo e che tutto stava cambiando(in peggio). Solo lo sguardo stanco dello sceriffo Bell riesce a cogliere lo squallore di un’America moralmente impoverita, in questa pellicola decisamente pessimistica.
Il sogno raccontato nel finale proprio dal narratore è una metafora sul futuro: raccontando della fiaccola che attraversa le montagne innevate è come se si lasciasse allo spettatore un timido barlume di speranza verso tempi migliori, sotto tutti i punti di vista.
Tornando a parlare del film si può dire che sia uno dei più lenti della storia, il che è decisamente un pregio e non un difetto, visto che la pellicola si basa interamente sul particolare e sulla qualità di ogni singola scena. Il ritmo è dettato soprattutto dal passo lento del killer più pazzo della storia: egli esegue ogni azione con precisione maniacale arrivando persino ad affidare al “testa o croce” la vita di coloro che si trovano sulla sua strada. Un’interpretazione sublime, quella dello spagnolo Javier Bardem, premiata con una meritatissima statuetta.
I Coen brothers sono la rappresentazione umana del genio. Già, perché solo pensare ad un adattamento cinematografico del romanzo di McCarthy è da folli. Il libro non si presta all’adattamento perché pieno di riflessioni e di pensieri espliciti, messaggi che i registi rappresentano con la consueta, ricchissima simbologia. Il resto è pura classe, Joel e Ethan Coen danno il meglio in alcune scene chiave, riprendendole con fantastiche riprese a mano e inquadrature di primo e primissimo piano.
Tenete un posto nella vostra personale bacheca di Dvd per questo splendido film di culto.
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