Viaggio a Kandahar

Film 2001 | Drammatico, 90 min.

Regia di Mohsen Makhmalbaf. Un film Da vedere 2001 con Ike Ogut, Nelofer Pazira, Hassan Tantai, Sadou Teymouri, Hoyatala Hakimi. Cast completo Titolo originale: Safar e Ghandehar. Genere Drammatico, - Francia, Iran, 2001, durata 90 minuti. distribuito da Bim Distribuzione. - MYmonetro 3,27 su 8 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento giovedì 27 febbraio 2020

Kandahar, il nome di un'antica città afgana che fino a pochi giorni fa era noto a pochi e ora è inevitabilmente nella memoria di tutti; una donna, Nafas, giornalista afgana riuscita a riparare in Canada nel momento in cui i talebani prendevano il potere In Italia al Box Office Viaggio a Kandahar ha incassato 4,4 milioni di euro .

Consigliato sì!
3,27/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 3,53
CONSIGLIATO SÌ
Un documento sulla vita, terribile, delle donne nel paese dei talebani.
Recensione di Giancarlo Zappoli
Recensione di Giancarlo Zappoli

Delle protesi artificiali che scendono ondeggiando dal cielo attaccate a dei paracadute e, in controcampo, una massa di mutilati che arranca con le stampelle nel deserto per raggiungerle e impadronirsene. Questa è l'immagine che resta impressa sulla retina della memoria di un film che ha come tema primario la condizione delle donne in Afghanistan. Una giovane donna afgana, emigrata da tempo in Canada, tenta di rientrare in patria attraverso l'Iran per raggiungere la sorella priva di gambe che ha deciso di suicidarsi allo scadere di tre giorni. Inizia cosi' un viaggio attraverso la cancellazione dell'immagine stessa delle donne, oltre a quella del loro ruolo sociale. L'accompagneranno nel viaggio, a turno, un bambino cacciato dalla scuola per diventare mullah, un nero americano che si improvvisa medico mentre cerca di trovare un Dio che non vuol farsi raggiungere e un imbroglione per vocazione e necessita'. Makhmalbaf gira un film meno poetico di altri suoi ma animato dal bisogno di denunciare una situazione tragica. Rischia pero' di fare propaganda alla situazione iraniana in cui la donna gode certo di maggiori riconoscimenti ma non si puo' definire 'libera'. Il regista negae rilancia: "È invece un avvertimento ai nostri integralisti affinché non esasperino una situazione già difficile".

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Daniela Azzola

Kandahar. Il nome di un'antica città afghana che fino a pochi tempo fa era noto a pochi e dopo l'11 settembre è inevitabilmente nella memoria di tutti. Una città sottoposta ai bombardamenti angloamericani e nel recente passato luogo in cui i talebani esercitavano, data la sua collocazione geografica, un controllo ancor più rigido che altrove. Su tutto e tutti e, con particolare accanimento, sulle donne. Ed è una donna, Nafas, giornalista afghana che è riuscita a riparare in Canada nel momento in cui i talebani prendevano il potere, la protagonista del film di Mohsen Makhmalbaf. Riceve una lettera dalla sorella minore che le annuncia l'intenzione di suicidarsi in occasione dell'ultima eclisse del secolo non sopportando più il modo in cui le donne vengono discriminate nel Paese. Cerca allora di raggiungerla penetrando in Afghanistan attraverso l'Iran. Nel corso del viaggio incontra delle persone che l'aiutano e altre che cercano di imbrogliarla. In questo campionario di umanità emergono un bambino cacciato dalla scuola coranica perché non sufficientemente attento agli ordini impartiti e un falso medico. La scena della visita alle donne dà, senza bisogno di calcare la mano, la misura dell'oppressione. La donna sta al di là di una tenda e può avvicinare a un buco della stessa la parte del corpo che il medico deve auscultare. Non le è però possibile parlare. È il marito o il padre a fare da tramite della comunicazione. È un momento atroce del film così come il lancio dal cielo di protesi che gli amputati, in seguito all'esplosione di mine antiuomo, raggiungono correndo sulle stampelle. Una sequenza difficile da dimenticare. Così come la figura del trafficante delle stesse protesi e la lunga teoria di donne che si muove nel deserto. Con burka di diversi colori ma con il nero nel cuore.

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PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
mercoledì 15 gennaio 2014
Filippo Catani

Una ragazza afgana che vive ormai da anni all'estero dove fa la giornalista, decide di rientrare in patria in seguito ad una sconcertante lettera della sorella che ne annuncia l'imminente suicidio. La ragazza vive a Kandahar e la sorella decide allora di intraprendere un pericolosissimo viaggio nella terra natia ormai da anni in mano al regime dei Talebani.

venerdì 14 agosto 2009
Fulvia

"Viaggio a Kandahar" è una sorta di documentario, con poca trama e quasi privo di sottofondo musicale.Di che parla? Zone desertiche assolate, burqa, mine antiuomo, regole rozze e primitive, totale accettazione della schiavitù da parte delle donne, sottomissione, guerra,perdita degli arti..e ancora deserto, e ancora aridità e povertà totale. Nonostante fossi interessatissima a questo argomento, il [...] Vai alla recensione »

lunedì 8 aprile 2019
roberto

Tutte le intenzioni e i contenuti di questo film mi sono parsi interessanti, così come le molteplici e consuete sfaccettature di questo "prodotto cinematografico" che vengono spesso vagliate dalla critica per una valutazione. Ma il regista si è "resegato le gambe" da solo, senza che l'abbiano fatto le mine, con l'eccessiva insistenza su troppi aspetti.

Frasi
Mi sono sempre ribellata alla gabbia di divieti che imprigionano la donna afghana. E ora ritorno volontariamente in questa gabbia. Lo faccio solo per te, sorella mia.
Nafas (Nelofer Pazira)
dal film Viaggio a Kandahar - a cura di Giuseppe Chianese
STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
Luigi Paini
Il Sole-24 Ore

Messaggio dal mondo dei morti viventi. Serrate nel "burka", l’abito che le ricopre dalla testa ai piedi, le donne afghane sono delle sepolte vive, delle non-esistenze che si trascinano in un Paese devastato da guerra e intolleranza. Il mondo ha già conosciuto altre tragedie simili, dalla Cambogia dei khmer rossi alle stragi del Ruanda. Stavolta, però, nessuno può dire di non sapere, nessuno ha il permesso [...] Vai alla recensione »

Lietta Tornabuoni
La Stampa

Un avvenimento: per primo, il regista iraniano Mohsen Makhmalbaf, con sensibilità lungimirante, coraggio e grande bravura, racconta in un film, Viaggio a Kandahar, come vivono le donne nell'Afganistan dei talebani. L'autore ricorda che un giorno una giovane donna afghana emigrata in Canada andò a trovarlo chiedendogli aiuto, dicendogli d'essere in viaggio per raggiungere in Afghanistan un'amica che [...] Vai alla recensione »

Mariuccia Ciotta
Il Manifesto

Se qualcuno cerca le ragioni per schierarsi contro la guerra, dopo la visione delle Twin Towers polverizzate, le troverà in Viaggio a Kandahar perché l'Afghanistan di Mohsen Makhmalbaf è bello come New York. Contro l'orientalismo e la visione miserabilista del paese dei talebani, il regista iraniano fa suonare il deserto con le sue magnifiche donne prigioniere sotto i burqa violetti.

Roberto Escobar
Il Sole-24 Ore

Che cosa dirà Nafas (Niloufar Pazira) alla sorella, se riuscirà a raggiungere Kandahar prima dell’eclisse? Attraversando il deserto afgano, non deve trovare solo vie e passaggi, guide e compagni di strada. Deve anche trovare buoni motivi per continuare ad amare la vita, nonostante la miseria e la degradazione umana di cui il suo cammino è disseminato.

Bruno Fornara
Film TV

Accolto a Cannes da Pareri contrastanti, il film dell'iraniano Mohsen Makhmalbaf ( Pane e fiore, Il silenzio) arriva in sala nel brutto mezzo della guerra contro i talibani, quando la città di Kandahar è sotto le bombe. A mettersi in viaggio per Kandahar è Nafas, una giornalista di origine afgana che lavora in Canada. Nafas vuole tornare clandestinamente in patria per cercare la sorella che è rimasta [...] Vai alla recensione »

Roberto Nepoti
La Repubblica

Ora tutti conoscono il nome della città di Kandahar, assieme a Kabul il principale obiettivo dei bombardamenti americani sull'Afganistan. Non era così solo pochi mesi fa, quando Viaggio a Kandahar fu presentato in concorso al Festival di Cannes. Sulla Croisette, il film dell'iraniano Moshen Makhmalbaf si conquistò l'ammirazione di molti; irritò profondamente il recensore di Le Monde e altri commentatori. [...] Vai alla recensione »

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