Diario di un curato di montagna

Sulle pendici del Gran Sasso ci sono piccoli borghi dai nomi poco noti: Pietracamela, Cerqueto, Intermesoli in cui restano pochi abitanti. Lì è stato inviato un giovane parroco, Don Filippo Lanci. Della sua fede, della sua passione per la fotografia, del suo vivere come parroco di montagna ci parla questo pregevole documentario.
Il riferimento al capolavoro di Robert Bresson Diario di un curato di campagna non potrebbe essere più esplicito ma Saverioni se lo può permettere senza essere accusato di esagerazione. Perché il giovane sacerdote non è poi così lontano dal sentire del protagonista bressoniano che concludeva il film affermando che "tutto è grazia". Don Filippo ha vissuto tutte le contraddizioni della Chiesa sulla sua pelle. Pensa di essere stato mandato in quei luoghi 'per punizione' (ma non sapremo mai il perché) anche se ritiene che se la Chiesa pensa ancora che ci siano destinazioni di serie A ed altre di serie Z ci troviamo ad anni luce di distanza dalla venuta di Cristo. Saverioni adotta uno stile che aderisce al personaggio facendo uso di una colonna sonora originale ma soprattutto di un montaggio che frammenta con dei neri le scene offrendo anche visivamente la sensazione di una personalità complessa e tormentata al di sotto della superficie di una calma apparente.
Don Filippo è anche fotografo e nei soggetti sacri che riproduce facendo uso di modelli presi tra le persone che conosce va a cercare un'estetica moderna che faccia percepire il senso dell'antico con una vocazione che si potrebbe definire (fatti i dovuti distinguo) caravaggesca. Di questo giovane uomo che ha sofferto e soffre non ci viene offerto un ritratto agiografico. E' moderno e progressista nelle sue esternazioni in materia di fede e di rapporti all'interno della Chiesa ("Io spero nel Paradiso e quello non me lo può dare o togliere la Curia") e allestisce mostre fotografiche in cui non compare il suo ruolo di sacerdote. Lo vediamo però poi indossare la tonaca preconciliare e mostrare con orgoglio un paramento sacro di cui ha disegnato lo stile mentre afferma che senza i riti la Chiesa non ha senso. E' da questo coacervo di contraddizioni che emerge un ritratto lucido di un modo di esercitare il ministero sacerdotale concentrato sulla ricerca di una strada che non può mai pretendere di aver chiuso il percorso e raggiunto la meta. E' un uomo solo Don Filippo, la comunità sembra essere presente solo per la Messa e le processioni. Saverioni ce lo mostra in tutta la sua autenticità tormentata. Come il curato bressoniano.
Il documentario ha vinto il Premio della Stampa Bruno Cagol e il Premio Città di Imola (miglior film italiano) al Trento Film Festival 2009 e ha ottenuto la nomination come miglior documentario di lungometraggio ai David di Donatello 2009. 