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ONDA&FUORIONDA di Pino Farinotti

Olimpiade: il film più grande e più bello. 27 secoli prima del cinema.
di Pino Farinotti

In foto un momento dell'inaugurazione delle Olimpiadi 2012.

domenica 29 luglio 2012 - Focus

Non c'è enfasi se scrivo che l'Olimpiade è la più grande e sacra manifestazione del mondo. Viene datata secondo quella che definiamo era moderna, cioè dal 1896, coi Giochi di Atene, ma l'Olimpiade nacque ad Olimpia nel 776 avanti Cristo.
Gli atleti che ogni quattro anni raggiungono la sede dei giochi sono la gioventù più bella e forte del mondo. Gente seria e rigorosa, che ha assunto il concetto di fatica radicale, per primeggiare, che non guadagna un euro al secondo, come accade per altri sport, ma si accontenta di un rimborso spese. Una disciplina che non ti lascia spazio per nient'altro. Nella prima edizione arcaica, chiamiamola così, partecipava solo la Grecia, le discipline erano due, la lotta e la corsa. Ai primi giochi moderni di Atene i Paesi partecipanti erano 12, oggi, a quelli di Londra, sono 204. Dunque partecipa il mondo e anche qui non c'è enfasi. Naturalmente tutto si è detto: un happening quadriennale che sospende il male della terra. Rilevare il senso dell'Olimpiade, nei suoi aspetti infiniti, ti sprofonda in una sorta di agorafobia, mi limito a rilevare due cifre e sortilegi primari, di altissima simbologia, la fiaccola e il giuramento.

Il cinema
E poi il cinema naturalmente che, all'Olimpiade ha girato intorno, l'ha toccata in tutte le forme, fiction e documento, migliaia di volte. Anche qui il mare è davvero "magnum". Dunque occorre una scelta. Che uso some premessa al discorso, al canto principale. Un coro greco per qualche indicazione preliminare. "Estraggo" dalla grande memoria un film magnifico, Momenti di gloria, di Hugh Hudson, del 1981. Si racconta di Abrahams e Liddle, inglesi, che alle Olimpiadi di Parigi del 1924 vinsero la medaglia d'oro nei 100 e nei 400 metri. Liddle era un credente profondo che si rifiutò di correre di domenica perché era il giorno sacro del Signore, così lasciò i cento all'amico e vinse il giro di campo. Abrahams era un ebreo che costrinse il micromondo di Cambridge, arroccato in certe tradizioni, a rivedere l'assetto sociale.
Dunque rigore, onestà, talento, competizione e missione, in quella vicenda e in quel film da cinque stelle e da quattro Oscar.
Poi c'è Johnny Weissmuller, il nuotatore, vincitore, in quella stessa Olimpiade di Parigi, di tre ori, 100, 400, e 4x200 stile libero. Johnny divenne, è risaputo, un divo e un eroe del cinema dando corpo e volto al Tarzan più autentico. Sta a Tarzan come Connery sta a Bond.
E poi Olimpia, il film di Leni Riefenstahl. Un'opera generale del novecento. È del 1938 e racconta le Olimpiadi di Berlino del 1936. Olimpia sublima dunque la Germania ed è, di fatto, apologetico del nazismo. Eppure viene considerato, unanimemente, un capolavoro. Ci sarebbe di mezzo un equivoco tragico, ma il cinema è la disciplina delle grandi licenze e dei paradossi. Si fa perdonare tutto, persino il nazismo. Furono quelle di Berlino le Olimpiadi di Jesse Owens, il nero di Alabama che vinse quattro medaglie d'oro, 100, 200, 4x100 e salto in lungo. Una corrente di opinione, autorevole, continua a ritenere quella la più grande performance di un atleta, in tutte le epoche. Poi le leggende si combinano all'infinito, una legata all'altra. Una è quella che vuole Hitler furibondo per la vittoria del non-ariano, proprio in casa sua. Ci sono tante immagini, proprio nel film della Riefenstahl, che rappresentano i trasalimenti e gli imbarazzi del führer. Anche se poi lo stesso Owens raccontò che non era proprio così, che Hitler gli aveva dedicato un piccolo, impercettibile saluto con la mano.

Canto
Ma se qui, dopo il "coro" di premessa, devo cantare un solo canto, è quello di Carl Ludwig Long, detto Lutz Long. Nacque a Lipsia nel 1913, in aprile. In settembre a Oakville, Alabama, sarebbe nato Owens, suo compagno di destino. Lutz fu il migliore saltatore tedesco dell'epoca. Si era consacrato a Torino, agli europei, vincendo la medaglia di bronzo nel lungo. Ma la sua leggenda appartiene a Berlino 1936. Il regime contava molto su Long, alto, bello, biondo, iridi azzurre, ariano perfetto. Guai se non avesse battuto quel nero americano. E Long avrebbe vinto, se fosse stato meno... eroe. Successe che nelle qualificazioni Owens sbagliasse i primi due salti. Un terzo errore e sarebbe stato fuori. In quei giorni i due atleti erano già amici, per affinità e istinto, certo non per razza e politica. Giravano per le vie di Berlino insieme, si facevano fotografare sorridenti. Long notò che il rivale prendeva una ricorsa un po' breve. Gli disse "ti manca mezzo passo". Owens fece quel mezzo passo in più e si qualificò. La finale fu una delle più intense della storia di tutto lo sport. I due si alternarono in testa salto dopo salto. Alla fine vinse Owens con una misura davvero oltre quel tempo, 8,06, un salto che ti fa vincere anche ai nostri giorni.
Lutz e Jesse si strinsero la mano dopo la gara. Stretta autentica, non da cerimonia. Il regime controllava tutto, e stava attento a queste cose, quel gesto veniva considerato un insulto, così la Riefensthal fu invitata a tagliare l'episodio nel film. Ma quella stretta di mano rimase al di fuori della fiction, per nobiltà e coraggio. Un'istantanea che, per simbolo e significato, è fra le più belle e potenti del secolo scorso. Un segnale ideale di come lo sport superi tutto, e di tutto sia migliore. Long era perfettamente conscio che quel gesto, quel suo sentimento davvero olimpico, gli sarebbero costati cari. Hitler non era uno che lasciasse correre e allo scoppio della guerra Lutz venne richiamato e spedito su un fronte pericoloso, l'Italia. Il 10 luglio del '43, gli alleati, al comando del generale Patton, sbarcarono in Sicilia. Long era là, aggregato a un comando italiano. Venne ferito gravemente in uno scontro a fuoco. Morì quattro giorni dopo, ma per anni non si ebbero notizie precise. Fino a quando, nel 1961, una giornalista tedesca scoprì che la tomba di Lutz Long era nella fossa comune 2, piastra E, del cimitero militare tedesco di Motta Sant'Anastasia, Catania, dove il corpo era stato traslato dal cimitero americano di Gela. La sicurezza derivava dalla data di nascita dell'atleta-soldato, 27 aprile 1913. La data di morte certa è dunque 14 luglio 1943. La notizia della fine dell'antico rivale fu per Owens un dolore infinito. "Non c'è dubbio" disse "che sarebbe stato il mio migliore amico per sempre. E lo sarà".

Owens è un eroe grandissimo, ma Long, sconfitto e caduto per il suo coraggio, è un eroe ancora più grande. Meritava il canto.

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