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Bergman e Antonioni, autori dell'incomunicabilità

Se ne vanno due maestri, ma l'incomunicabilità continua.
di Mattia Nicoletti

Addio a Bergman e Antonioni

mercoledì 1 agosto 2007 - News

Addio a Bergman e Antonioni
Prima Ingmar Bergman, poi Michelangelo Antonioni. In due giorni quello che era definito il cinema dell'incomunicabilità è morto. È morta l'origine, gli autori, quelli che avevano dato vita all'enunciazione della fine della parola nelle relazioni. Grandi silenzi, sguardi infiniti, frasi secche, essenziali. E ancora silenzi.
Bergman questi momenti li ha espressi in ogni suo film. Da La fontana della vergine a Il Settimo Sigillo, da Persona a Scene da un matrimonio, sempre in un'evoluzione dell'uso della comunicazione, trattenuta ma non fredda, sul filo della poesia, emblema di ciò che è una manifestazione reciproca fra persone, fra l'uomo e l'ambiente, per l'importanza delle relazioni e della difficoltà nel crearle e nel gestirle.
Antonioni, da par suo, dell'incomunicabilità ne ha fatto una bandiera, quella stessa incapacità di comunicare che poi paradossalmente ha dovuto affrontare nella malattia. I suoi uomini e le sue donne si muovono in paesaggi "lunari", come il buio della notte, il rosso del suo deserto, i cieli plumbei, isole, e ancora città inquietanti per i silenzi. Incomunicabilità, data dall'incertezza dello stato umano, senza equilibrio, e dall'indifferenza espressa dagli sguardi vuoti, fissi nel nulla.

L'incomunicabilità oggi
Entrambi i registi hanno fotografato le anime umane nella loro incapacità di relazionarsi in un mondo complesso, molto più semplice, comunque di quello attuale.
Oggi quelle rappresentazioni sono solo più scarne e lontane da ogni parvenza di tecnologia, confrontate con una società che soffre, forse all'ennesima potenza, il problema del comunicare. Infatti, se oggi si comunica ogni cosa, tutto è immagine, le informazioni sono a disposizione di tutti, soprattutto nelle grandi città, le persone si muovono spinte dalla routine, binario che non prevede deviazioni. Si parla, si parla molto, ma non si ascolta, e le relazioni divengono sterili. Anzi si perdono. E la tecnologia che dovrebbe favorire l'interazione, lo scambio a due vie, diventa un mondo in cui chiudersi a riccio, dissimulando personalità e messaggi. Gli stessi film divengono sempre più lunghi, i libri moltiplicano il numero delle pagine, i cd raggiungono la durata massima concesso dal supporto, e lo fanno perchè "tanto è meglio", con il risultato di dire e comunicare di meno perché il significato si diluisce e si perde.
È per questo che Ingmar Bergman e Michelangelo Antonioni sono da considerarsi degli autori utopisti, alla stregua di Orwell e Huxley nella letteratura, perchè hanno rappresentato qualcosa che vive oggigiorno ancora più che allora. Loro se ne sono andati. L'incomunicabilità continua.

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