L'ultima opera di quel regista tanto pazzo e tanto amato che risponde al nome di Roman Polanski è un ispirato percorso filmico,chiuso in 81 minuti di lotte,insulti e tenebrose emozioni."Carnage" è uno di quei film che ti rimane dentro e ti lascia un certo senso di spossatezza,come se lo spettatore fosse stato colpito in fondo al cuore e più volte nello stomaco ed ora risenta molto delle sue critiche capazità di giudizio.Quello che "Carnage" e Polanski auspicano è un iper-cinema,un ampliamento della macchina dei sogni,al teatro,alla letteratura.In un dramma da camera borghese affidabilmente setacciato nella sua eccessiva non curanza dei barocchi particolari,nella sua completa stanza in pochi metri,chiude quattro grandi attori e li costringe a un gioco sadico.Preceduto da un incipit possente e potente,in cui il (vero) figlio di Polanski,picchia un altro bambino,come se fossero due adulti intenti a darsi lezioni sul significato della parola violenza,"Carnage" è cinema allo stato puro,sotto forma di cerchio concentrico e di spiccato egocentrismo pudico e ludico.Due coppie di borghesi dalle buone maniere,che dovrebbe incarnare la famiglia felice,si accoglie a vicenda per poter dialogare civilmente su ciò che è accaduto ai propri figli(vedi sopra).La discussione degenera e gli adulti si riscoprono non proprio così adulti."Carnage" è un undicesimo comandamento.Non desiderare il dialogo.Perchè il dialogo civile non potrà mai e poi mai arrivare.Tra una dose malsana di houmor nero e di eccessività che rendono il racconto estremamente appassionante e divertente,Polanski chiude quattro persone come animali,ampliando il meccanismo de "L'angelo sterminatore" bunueliano,costringendoli a fare come Liz e Richard in "Chi ha paura di Virginia Woolf?" e darsele di santa ragione,anche a parole.Quello di Polanski è un kammerspiel nudo e crudo,che accentua l'avvicendarsi di figure di una disarmante semplicità.Ma alla fine neanche lui s'incanta nell'incantevole incanto della decantazione di mostruosi atti di cultura uniti ad insulti di ogni tipo.Ma alla fine è l'essere troppo cauto,che non rende "Carnage" un capolavoro.Polanski si mette dalla parte del torto,con ambizione da vouyer(grandiosa la scena del vicino) ridotta a scala,in un abisso di coscienza delizioso e hithcockiano,al livello della forma stilistica manierista e surreale che fa tanto cinema francese,e diventa un meccanismo di chiusura più che di apertura."Carnage" è soprattutto un invito alla presa di coscienza che il mondo sta cambiando lentamente,senza che noi ce ne fossimo minimamente accorti,nè potessimo averlo fatto in precedenza.Quali valori potremmo insegnare ai nostri pargoli? Mentre si smuovono le coscienze e calano le maschere dei protagonisti della vicenda con il mite assecondarsi di piani su ripiani ripiegati e tesi,con un invidiabile ritmo narrativo,Polanski sembra avvicinarsi molto,nello stile,al miglior Stephen King.Probabilmente lo scrittore del Maine,prossimo ad un romanzo interessante,come suo solito,ha certo osato di più nelle sue storie in questo senso,ma Polanski tenta la carta della virtù che scaccia il Male,come un chiodo scaccia chiodo.Ma deve fare i conti con un manierismo progressivo che rende la vicenda adeguatissima al reale ed effervescente.E alle fine,come ciliegina sulla torta,le mie lacrime di gioia,davanti ad un finale straordinario.
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