Anche se i suoi film dovessero sparire (nessuno se lo augura), Mike Myers verrà, comunque, ricordato come uno dei pochi attori che ha arricchito il lessico angloamericano con neologismi come “schwing” e come “shagalicious”. La sua filmografia è il coerente percorso di un comico che ama i personaggi eccessivi, le caratterizzazioni, le maschere. Vuole provocare sorrisi e risate non compitando le nevrosi o le banali catastrofi della quotidianità. Non gli dispiace nascondersi dietro un trucco pesantissimo, mimetizzarsi e travestirsi, moltiplicare i ruoli come avviene nella trilogia di Austin Powers. Tra i tanti attori del Saturday Night Live (in cui ha esordito me interprete ed autore nel 1989) è tra quelli che ha trasferito nel cinema la tecnica di inventare e costruire protagonisti che vogliono essere tutt'altro che verosimili. Nello show w ha dato vita ad un bambino iperattivo, ad un conduttore tedesco di programmi d'avanguardia, alle parodie di Ron Wood e Mick Jagger e ad altre creature di un altro mondo (quello del palcoscenico). Dopo aver dato la voce all'orco verde più romantico e poco educato della storia del cinema nei primi due Shrek («Penso che sia una favola moderna molto bella e che possa diventare un classico come Peter Pan o Cenerentola»), Myers ha voluto dimostrare quanto sia labile una regola-luogo comune dello showbusiness: «Tutti dicono che non bisogna mai lavorare con i bambini o con gli animali. E allora ho deciso di interpretare un animale e di recitare con due bambini e non mi sono mai divertito tanto. Anche se sul set dovevo sottopormi a sedute di trucco di tre ore e ho rischiato il soffocamento da caldo a causa della tuta-costume».Questa doppia trasgressione è avvenuta per Il gatto e il cappello matto ispirato ad uno dei classici della letteratura per l'infanzia: Dr. Seuss, The Cat in the Hat, pubblicato nel 1957. Diretto dal regista esordiente Bo Welch (scenografo di Beetlejuice, Edward mani di forbice e dei due Men in Black) e prodotto da Brian Grazer (Il Grinch, 8 Miles, A Beautiful Mind), il film racconta il dirompente incontro tra un gatto allegro e anarcoide e Sally (Dakota Fanning) e Conrad (Spencer Breslin) che vivono con la loro mamma single, Kelly Preston, agente immobiliare, corteggiata da un losco vicino, Alec Baldwin, in un sobborgo color lilla che ha le architetture e i colori di una decorazione alla glassa per una torta di compleanno. La bambina, autoritaria e puntigliosa, e il bambino, disordinato e pasticcione, si annoiano e mentre la babysitter si addormenta, rrascurandoli, gatto Myers insegnerà ai due il significato della parola “divertimento” distruggendo la casa con la collaborazione di due dispettosi e ipercinetici “Cosi”, mentre un irritato pesce rosso non smette di protestare e il cagnolino di famiglia si dà alla fuga ad ogni occasione buona. Per l'attore canadese (è nato nel 1963 a Scarborough, Ontario) portare sullo schermo il gatto è stato un ritorno affettivo all'infanzia: «È stato il primo libro che mi è stato letto da mia madre e il primo libro che, qualche tempo dopo, ho letto da solo. Dovevo avere otto anni. Avevo la serie completa dei romanzi dei Dr. Seuss. Considero The Cat, con Mattatoio n. 5 e Fahrenheit 451, uno dei miei libri preferiti in assoluto e ho sempre sognato di interpretare quel personaggio. Così come desideravo da spettatore fedelissimo del Saturday Night Live di far parte, un giorno, dei cast del programma».
Le attese dei produttori di ripetere l'exploit di incassi de Il Grinch (il consuntivo ha toccato i 345 milioni), nel quale è Jim Carrey a sparire dentro il costume verde scuro e il makeup dei “cattivo” che voleva rubare il Natale, sono state, in parte, deluse. Il film uscito negli Stati Uniti nel novembre dei 2003 ha incassato, in tutto il mondo, circa 140 milioni di dollari, nonostante il regista e gli sceneggiatori, pur rimanendo fedeli allo spirito originale della storia, abbiano sviluppato l'intreccio e abbiano offerto a Myers, sfruttandone la versatilità, parecchie variazioni di ruolo (una delle più divertenti è quella del gatto Carmen Miranda). Chiosa l'attore: «Per me, resta un onore di aver fatto questo film. Mia madre è di Liverpool e in un primo momento ho pensato di interpretare il Gatto come se fosse uno dei Beatles. Ma non avrebbe avuto senso. Se Austin Powers è un omaggio a mio padre, Il Gatto e il cappelo matto è dedicato alla mia mamma».
Da Film Tv, n. 25, 2004