Pare che Neruda, ad Antonio Skàrmeta che gli aveva portato il suo primo romanzo, abbia detto, dopo attenta lettura, che era un bel libro. Ma che la cosa non aveva molta importanza, perché tutti i primi libri degli scrittori cileni sono buoni. Il problema è il secondo.
L’aneddoto può essere applicato pari pari a molti giovani autori americani off-Hollywood, e in particolare al caso di Jim Jarmusch, che non ha mai ripetuto i risultati e la miscela perfetta di stravaganza, marginalità, divertimento raggiunto con Stranger Than Paradise - Più strano del Paradiso (1984).
Jarmusch ha studiato alla Columbia, alla New York University e alla Cinémathèque Française. È stato assistente di Nicholas Ray nei suoi ultimi anni e di Wenders in Nick’s Movie - Lampi sull’acqua (1980), il terrificante film necrofilo sull’agonia di Ray. È comparso come attore in Leningrad Cowboys Go America (1989) di Aki Jaurismaki, in In the Soup - Un mare di guai (1992) di Alexandre Rockwell e in Blue in the face (1995) di Wang/Auster. Ma proprio con Dead Man, presentato a Cannes nel 1995, ha dimostrato la sua insostenibile leggerezza, che dilatata alla dimensione di un film di due ore e di molta ambizione fa acqua da tutte le parti. In un certo senso il suo fiato gli permette di percorrere con disinvoltura spazi più brevi o situazioni meno tese. Più che le costruzioni deliziosamente artefatte premeditatamente eccentriche alla Daunbailò (1986), in cui compare adorabile il nostro Benigni, sono intelligenti e divertenti, anche se apparentemente destinati a un club di amici, i suoi corti (i due Coffee and Cigarettes), e l’episodio nuovayorkese di un film complessivamente non riuscito come Taxisti di notte - Los Angeles New York Parigi Roma Helsinky (1992), che coglie genialmente il ritmo delle ondate migratorie a Manhattan. E anche l’acclamato Mystery Train - Martedì notte a Memphis (1989) è segnato da una sorta di snobismo dell’invenzione e dell’immagine così volatile che dopo un po’ non lascia traccia nella memoria.
Mystery Train - Martedì notte a Memphis
Da Irene Bignardi, Il declino dell’impero americano, Feltrinelli, Milano, 1996