Brigitte Bardot è un'attrice francese, è nata il 28 settembre 1934 a Parigi (Francia). Brigitte Bardot ha oggi 90 anni ed è del segno zodiacale Bilancia.
«Ringrazio quanti mi hanno sinceramente e profondamente amata: essendo in pochi, si riconosceranno». Non ha mezzi termini la Bardot, nell'aprire la sua autobiografia: Mi chiamano B.B.. (Bompiani, 2003). Titolo originale: Initiales B.B. Un morbido bisillabo che è un copyright, sigillo di sfacciataggine e pigra sensualità. Con tutte le licenze poetiche che si possono concedere a una confessione letteraria, quella della Bardot comincia impudicamente il filone del “feuilleton proto-femminista“.
Nata il 28 settembre 1934, Bilancia ascendente Sagittario, figlia di un industriale che produce bombole d'ossigeno e acetilene, già da piccola ha i tratti che la consacreranno sex symbol: i denti da coniglio e il broncio. Dopo il conservatorio, studia danza. A quattordici anni e mezzo, le prime foto di moda e, a ruota, due copertine di Elle che ‘le aprono le porte del cinema. La nota il regista Marc Allégret, che aveva scoperto, tra gli altri, Michèle Morgan e Jeanne Moreau. Nel suo studio, l'incontro cruciale con Roger Vadim, assistente di Allégret. Quando si dice amore a prima vista. Lei ha quindici anni, lui ventuno. Quando i genitori lo scoprono, è tragedia (anche perché lui è troppo di sinistra), e lei tenta il suicidio con il gas. Danza accompagnando le sfilate di Capucine in crociera ma si cuce i vestiti da sola. Altre copertine, le prime offerte di lavoro, come il provino da Colette, in cerca di una Gigi teatrale. Poi il debutto con Le Trou Normand di Bourvil, la scoperta di essere incinta e, in epoca pre-pillola, l'aborto, in Svizzera.
Finalmente, nel 1952, a diciott'anni e un minuto, il matrimonio con Vadim, che va su tutti i giornali. Lui le fa da mentore, mentre la critica distrugge (a ragione: vedi Manina, ragazza senza veli) i film di lei. Una piccola parte in Atto d'amore di Litvak, e nel 1953 le foto sulla spiaggia del Carlton a Cannes, accompagnando Vadim, allora reporter per “Paris Match“. Le lezioni di recitazione, il teatro e un'apparizione in Versailles di Sacha Guitry. Ha bisogno di lavorare, BB, si butta: in Il figlio th Caroline chérie di Devaivre è spaventata dal confronto con Martine Carol e Magali Noël. Nel 1955 in Ragazze folli di Allégret è a fianco di Jean Marais. In questo periodo vive in albergo, sperimenta l'amore libero e anche il secondo, pericolosissimo, aborto. In una parentesi italiana stanno Elena di Troia di Wise e il melodramma Tradita di Bonnard; poi in Francia, una particina in Grandi manovre di René Clair, e ancora con Allégret in Miss Spogliarello (scritto da Vadim per lei). Di nuovo a Roma per Mio figlio Nerone di Steno (è Poppea, a fianco di Sordi, De Sica e la Swanson!!!). Intanto Vadim lavora, come regista, al ruolo che la renderà immortale: la Juliette di Et Dieu créa ha femme (Piace a troppi). Brigitte, molto prima del ‘68, ha già lanciato uno stile: indossa jeans e shirt, va da Maxim's a piedi nudi, ha capelli arruffati da zona cuscino. In poche parole, in pieni anni Cinquanta, dà scandalo. Con chiome schiarite si presenta sulla Croisette, gli scatti in bikini con Picasso fanno il giro del mondo. Sul set dell'amata Saint Tropez (dove comprerà casa, la Mandrague, a inizio anni Settanta) nasce l'amore con Jean-Louis Trintignant, che però deve partire per la guerra in Algeria. Altro colpo di scena: divorzia da Vadim, proprio mentre Piace a troppi spopola in Usa e la consacra star. In quel film si confonde solo per un attimo con la Nouvelle Vague, cancellano a colpi di mambo il cinema abbottonato di papà. Senza prendersi mai troppo sul serio, perché «i film sono come piccole oasi nella vita». Fíoccano i contratti: Gli amanti dei chiaro di luna di Vadim, La ragazza dei peccato di Autant-Lara - con la nota scena di nudo, censurata, di fronte a Jean Gabin - Femmina di Duvivier. È solo l'inizio: impossibile riassumere settant'anni di una vita così al massimo. Tra le tante partenze di questa scorribanda, la liason con Gilbert Becaud, il matrimonio nel 1959 con Jacques Charrier (da cui avrà l'unico figlio, Nicolas, anche lui attore), il secondo tentativo di suicidio, l'amore con l'attore Sami Frey, le simpatie, mai nascoste, per la destra, l'incontro con Godard (in quel Disprezzo così massacrato dalla produzione) e Malle (Viva Maria!). E ancora, il terzo matrimonio, con Gunter Sachs (a Las Vegas, nel 1966)... BB, già “vecchia“, attraversa i favolosi anni Sessanta, tra Rolls e shorts, si prende a botte con Claudia Cardinale nelle Pistolere di Christian-Jacque, posa per la Marianne, simbolo della Francia, denuncia la stampa che le attribuisce dei lifting (l'unico suo tabù). L'aneddotica discografica è da Trivial: ha spesso cantato, ed è stata cantata nel samba più famoso dei mondo (“Brigitte Bardot Bardot! Brigitte beijou beijou/na fila do cinema todo mundo se afogou“), ha ispirato a Serge Gainsbourg Je t'aime moi non plus (che però poi la cantò con Jane Birkin), e Sacha Distel ha composto per lei Brigitte (nel 1958, l'anno di La ragazza del peccato a Venezia). Il bello di BB è che nel racconto di sé il cocker Clown e la cagnolina Guapa hanno lo stesso peso di Paco Rabanne, Canta e Marguerite Duras, di amanti e amici. Dopo il quando a 39 anni si ritira dal cinema, BB si è votata alla causa animalista, si è legata a un uomo della cerchia di Le Pen, continua a sputare sulle pellicce e a non pettinarsi né ritoccarsi. Per festeggiarla degnamente, alle tante sue dichiarazioni politiche a volte imbarazzanti, ne preferiamo una meno recente, ma esemplare per stile: «Quando non sono innamorata divento brutta».
Da Film Tv, n. 39, 2004
Per quanta gente «B.B.» è il «Sesamo, apriti» di tutte le gioie? Dite B.B. e sarete (fra uomini) fulmineamente capiti. BB: due tenui labiali che Edmond Rostand avrebbe caricato di inespresso, e che i «fusti» della Magliana caricano di espresso; B.B., due lettere che pronunziate da Enrico Maria Salerno alla TV (su evanescenti immagini della tortuosa diva francese, e per dieci minuti di seguito) ci getterebbero in una squisita demenza; B.B., la paroletta d'ordine che schiude le più remote e sigillate porte della fantasia. Che altro? B.B. non è tutta in B.B. Le iperboli di Salomone giacciono e si danno pace, dinanzi a lei. B.B. non evoca montagne e golfi, B.B. è il tanto che si può fare col poco, l'universo in una goccia d'acqua, un irresistibile invito ad attingere la salute dalla gracilità, il superfluo dall'insufficienza, la ricchezza dalla povertà, l'eccesso dalla sobrietà. È un banchetto di Trimalcione, B.B., improvvisato sull'erba di un praticello suburbano, dove fischiano ogni tanto gli accelerati appena usciti dalla stazione e una logora farfalla va e viene.
Queste rare cose me le disse, era l'alba, il professore Adolfo N., fisico nucleare. Mette conto, o no, che ve lo descriva? Lunghissimo, dava l'impulso di piegarlo in quattro e di introdurlo in un fodero di ombrello. Una faccia di scure, frequentata dall'empio sorriso dei borsaiuoli dell'atomo (con l'aiuto dei quali viaggeremo fra un cinquantennio fino a sbarcare in grembo a Dio, lo vedremo finalmente da vicino, oppure, non trovandolo, ci consegneremo al più motivato e gelido ateismo); i capelli a zero di Yul Brynner e una presunzione lavata e stirata all'amido. Il professore, dunque, si guardò le scarne dita grondanti di numeri, e continuò: «Brigitte Bardot è piena, anzi trabocca di magie nucleari. Il suo fascino ha tutti gli elementi della scomposizione totale che libera immense energie. B.B. è un continuo trasformarsi da candida bambina in sapiente donna e da sapiente donna in candida bambina, che sprigiona formidabili quantità di radiazioni sessuali. Io non vivo, come individuo, che di B.B. Commisi l'errore, nel '50, di sposare Annamaria F, una mia solerte compagna di ricerche scientifiche. Sì, e la trasformiamo! È legnosa e frigida, i suoi atomi sono grumi intangibili di protoni e neutroni ed elettroni, che nessuna formidabile accelerazione può dissolvere in voluttà e in sentimento. Ho rinunziato ad ogni legittima speranza di tal genere. Mai vedrò Annamaria flettersi e scindersi, quando la bacio, come B.B. nelle scene d'amore dei suoi film. Che tristezza. Abbiamo donne-uranio (BR) e donne-piombo (Annamaria). Perché a me doveva toccare questo invalicabile muro di cinta femminile? Avrò quasi certamente, l'anno venturo, il Premio Nobel. Ah ah, me lo sbatto. Vuole ella propormi, signor giornalista, per un giro di ballo, per un semplice minuto di cha-cha-cha con B.B.? Oppure se ne vada e abbia pietà di me».
Promisi di compiangerlo assiduamente e mi congedai. Ha ragione Leonida Repaci quando paragona al Sahara la condizione sessuale. Nascere maschi o femmine… quale maggiore separazione di questo categorico, furioso incitamento all'unione? Brigitte Bardot, mi disse il poeta di provincia Claudio T., chiama e respinge, uccide e risana. Per Claudio T. dovete intendere un quarantenne piuttosto largo e apoplettico, dedito ai versi quando, nel capoluogo meridionale di X, non svolge le mansioni di agente fiscale. Avvicinò intollerabilmente la sua madida faccia alla mia, dicendo: «Chi Brigitte? Quella, francamente parlando, è la dannazione mia. Quella è tutto imponibile. Nessuna detrazione in quanto spetti, mi capite? Aliquote massime. E che diamine. Pigliate il sottoscritto. La diva mi ha ispirato il celebre distico: «Non lo negar, sei capricciosa e fatua / una più dura e più bella di una statua», che Gorni Kramer non appena lo sente lo musica. Però la sostanza dei fatti è che un giorno o l'altro io ci rimetto la pelle. Ora vi spiego. Io lavoro, come potete osservare, in una plaga rurale. Qui ognuno possiede terreni, o è mezzadro. Hanno il terrore del Fisco e mi trattano come un idolo barbaro e feroce da placare. Sfido chiunque a sottrarsi ai loro doni. Me li gettano ai piedi e fuggono, quando non li collocano, di notte, sui davanzali o in giardino o finanche sul tetto. Maialini, salcicce, uova, polli, noci, fichi, miele, conigli, e il demonio che se li porti. Immaginate le conseguenze di ciò? Io mangio, mangio, e la sera vado al cinema. Ieri ne abbiamo parlato a lungo col medico. Non c'è santi, dice: o elimini grassi e proteine, o elimini B.B. Hai, dice, il cuore ingrossato, l'aorta ispessita, il fegato in disordine. Ammogliati, dice, imponiti una dieta rigorosa e, come spettacolo, niente di più che i balletti della Televisione. Ammogliarmi? È una parola. Ho inviato a B.B. dieci proposte di matrimonio (una la stesi perfino su carta da bollo), ma invano. Silenzio di tomba. Ha cambiato ben tre uomini, fino ad oggi, perché non prova anche me? Io non l'ho scelta e non le sono fedele? Mi basterebbe, nelle campagne, un cenno. Ma trovatela una B.B. in questa zona, trovatela. Qui le ragazze, a quindici anni, già fianchi e vita li hanno di eguale misura. Andiamo, posso scendere al disotto degli anni quindici? Brigitte è un'altra cosa, Brigitte non si altera, non cresce. Ha un patto col diavolo… e sempre intatta, sempre zitella e sempre minorenne. Uh, Brigittella mia! Non elimino un accidente, io… mangio, bevo e mi godo i tuoi film. Ah che magnificenza, egregio amico. B.B. si rompe e si frantuma, in certe scene, come una melagrana. Voglio morire al cinema, una sera, vedendo intorno a lei oscurarsi a poco a poco il telone, finché vi rimarrà soltanto, mentre si consumerà l'ultimo respiro mio, la doppia luna che spunta dalla sua camicetta». Io dissi: «Perché no? Auguri», ed uscii da quella cupa tragedia provinciale; sulla strada maestra, inondata di luce e oberata di segnaletica orizzontale e verticale, fluiva una brezza leggera che fece garrire i frammenti di vestiti affioranti da due automobili avvinghiate in un abbraccio mortale; un ciclista le aggirava, indifferente; qualche lucertola metteva rapidamente le virgole a quel breve racconto e fuggiva.
C'era un lago, in quei pressi. Di minime proporzioni, ma lindo e passabilmente azzurro. In queste acque fuori mano, impreviste, mi piace la vare, quando capita, i miei pensieri. Ma un giovane pescatore, Luigi O. di Gaeta, se non erro, attirò la mia attenzione. Aveva gettato l'amo e, col filo tra le dita, aspettava. Mi avvicinai, sedetti accanto a lui sulla riva, gli chiesi di Brigitte. Il sussulto che ebbe rischiò di fargli prendere senza volerlo una trota. Disse che proprio su B.B. stava fantasticando. «Mi avete colto in fallo», disse, «e tanto vale che io getti la maschera. B.B. fluttuava, un momento fa, intorno alla mia lenza. Sappiate, anzitutto, che non ho mai visto un film di B.B.; né ho intenzione di vederlo. Mi bastano le quattro o cinque immagini sue che ho ritagliate dai giornali. Ho l'impressione di avere, in tal modo, vietato a B.B. di recitare… e che lei mi abbia con piacere obbedito. Sono fatto così, io, sono tirannico e bizzarro. Vengo da Gaeta, dove abbonda il mare e guizzano i cefali, a pescare ombre di ghiozzi in questa pozzanghera. Non è buffo? Ma un lago giace e sogna; il mare no, il mare cammina e fatica. La bellezza di Brigitte Bardot è (correggetemi, qualora io sbagli) lacustre. Una bellezza di acqua dolce, forte e liscia come i ciottoli di fiume; una bellezza di ninfa, di amadriade, non di sirena. Io e B.B., dunque, abbiamo voluto amarci qui. Non pesco, fingo di pescare. Lei galleggia qua e là, passa e ripassa a filo di superficie come Ofelia morta. Le dico: Insegno alle Medie, cinquantacinquemila di stipendio, ma ho qualche lezione privata… mi ami? Dice: Come no. Un professorino è l'ideale mio; ti voglio un bene che se non mi aggrappo ad esso affondo: guardami, Luigi, non mentisco, è la verità delle verità… se immagino di non adorarti colo a picco. E svanisce, infatti; ma il sentimento che l'avvince a me la obbliga a riaffiorare. Vi beffa tutti, è soltanto mia. Più film suoi vedete e più becchi vi fa, imbecilli. Gremite pure i cinema dove si proiettano i suoi film: vi diventerete alberi di corna. B.B. ed io siamo felici qui, alla faccia vostra. La mia B.B. è incorporea, liquida, posso legarmi un sasso al collo, tuffarmi e berla fino all'ultima goccia… d'accordo?». Sissignore; ne convenni frettolosamente e mi dileguai. Sull'uscio di una casa cantoniera, lungo la ferrovia, intervistai Giovanna P., mamma di tredici figli. Disse che non aveva mai sentito nominare Brigitte Bardot; ciò mi indusse a raccontargliela e a mostrarle qualche smagliante fotografia della protagonista di E Dio creò la donna. La mia grinzosa interlocutrice le esaminò attentamente. Disse: «Non c'è male. Somiglia, in brutto, alla quarta delle mie ragazze, Concetta. Somiglia pure a me quando, nel '29, ero incinta di Michele. Rifiorii, chi sa perché, mentre aspettavo Michele. Vedete, ci sono, anche prima che vengano al mondo, figli che danno e figli che prendono, figli che ti fanno regina e figli che ti fanno pezzente. Dovevate incontrarmi quando ero incinta di Vincenzo… parevo una tisica, parevo. E questa Brigitte, è incinta?». Lo esclusi, ovviamente. Informai Giovanna P che si trattava di un curioso atteggiamento felino della Bardot, accentuato dallo scorcio fotografico. Delusa, la P. disse: «Ma allora perché è bella, chi glielo fa fare?». Io dissi: «Be', di mariti già ne ha avuti due, se è per questo, con l'intervallo di un chitarrista». E lei: «Chi è marito e chi è moglie, abbiate pazienza, quando non ci sono frutti? Il mio Pasquale era tutto puzzo di sigaro e ortica di barba: fu la presenza dei bambini che me lo rese, per tanti anni, dolce al tatto e odoroso di viole». Si alzò e si diresse lentamente verso le sue galline; arrivò in polvere un fischio di treno che poteva anche essere del giorno precedente; una carrucola di pozzo cigolò; vibrarono impercettibilmente i fili telegrafici allarmati da una pioggia di rondini che avevano, dalle nubi, avvistato un calabrone. Dov'era intanto Brigitte Bardot? Su quale «set» gemeva, balenandole il seno dalla maglietta lacerata: «No… canaglia! Lasciami… non ti amo più!»? Su quale tolda ombreggiata di vele scivolava, fra le braccia del neosposo, in una sonnolenza di velluto? In quale «stazione climatica», sotto quale ombrellone giallo o blu, tuffava la cannuccia di paglia nella sofisticata bibita, nebbiosa di vapori di ghiaccio? Pensavo: ne fa di cammino, Brigitte, il tuo clamoroso fascino! Va, staccato da te, quasi non più tuo, nelle metropoli e nei villaggi, nelle cuccette delle navi mercantili e sui carretti siciliani, fra onde livide o trabalzando sulle mulattiere dove una filastrocca di stelle inganna le interminabili ore del buio; la tua favola seduce gli uomini ovunque, B.B., ma tu non le dai che l'avvio, quelle due o tre parole d'inizio, quel «c'era una volta Brigitte Bardot», al quale ognuno aggiunge ciò che ha o ciò che non ha.
Il macellaio Guido L. di Foggia, mi disse: «Be', io squarto BR, nel segreto della mia bottega, in ogni animale che squarto. L'amo con tutto l'odio possibile, è chiaro? La taglio a fette e la sminuzzo nel tritacarne. Poi mi ritiro un minuto nel retrobottega, mi sporgo nel frigorifero e piango. Bellezza mia, perdonami, singhiozzo. E lei, Guido, per carità, non vendermi come filetto per la graticola, né come lombo per il ragù. E io: Va bene, ma giurami che non fuggirai più con l'assassino di tuo zio nelle foreste della Spagna. Giurami che non ti allungherai più sui letti degli studenti a Parigi. Così andiamo avanti, all'insaputa di mia moglie e di mio suocero, che è maresciallo dei carabinieri». «Vedo, vedo», balbettai perplesso. Era luglio ed era l'ustionante ora in cui le mosche delle macellerie, gonfie del sangue ingozzato, sbattono contro i marmi e stanno. Una bilancia pensava: «Qui il padrone senza dubbio trascende; ma è giusto che gli sia toccata una mezza gobba, mentre a Jacques Charrier è toccata Brigitte Bardot?».
L'anarchico Fulvio Z., per l'appunto, mi disse: «I privilegi individuali e sociali, da millenni, voltano e rivoltano l'umanità su un letto di chiodi.
Urge una rivoluzione mondiale che ridistribuisca equamente la ricchezza e Brigitte Bardot». Io dissi: «Ubbie, scusi. Il denaro è multiplo; B.B. è una sola». Ribatté: «E con questo? C'è o non c'è la scienza? Invece di escogitare nuove armi, essa cerchi la formula biologica di B.B. Non ha letto dei tentativi di influenzare gli organismi fin da quando non sono che invisibili germi? È la via da percorrere. Bisogna ottenere una specie unica di femmina, e io propongo senz'altro B.B. Ha la carica di una Monroe, se non di una Ekberg, ed è meno ingombrante; si addice alle anguste celle degli appartamentucci nuziali odierni». Mogli-standard? Scossi scetticamente il capo e dissi: «Buona idea, satura di pace, di monogamia, di felicità… ma dove, come e quando uno si rallegrerebbe, non esistendo le brutte, di avere una magnifica sposa? A ciò dobbiamo aggiungere gli inevitabili equivoci, gli scambi di persona, eccetera. No, signor Z., non mi va. Lasciamo tutto come sta, pazienza, e auguriamo a Charrier vertigini e crampi, zanzare e cimici che lo riportino ai valori medi, comuni, del piacere coniugale. Non dubiti, signor Z., c'è sazietà e c'è noia per chiunque». Non l'avessi mai detto. L'anarchico alzò le braccia al cielo, strabuzzò gli occhi e trottando, per così dire, intorno a se stesso, cominciò ad urlare: «A chi la sazietà la noia di Brigitte Bardot? A noi!».
Che gente. Bramosi di riforme, non vedono che qua non c'è nulla di oggettivo, di reale, di ferme nel concreto. La Natura ha messo negli uomini tutto e il contrario di tutto. La Sorte dà e toglie simultaneamente; da un uscio entra ballando e cantando l'eredità dello zio d'America, dall'uscio opposto irrompono beghe legali, tumori, corna, mazzate cieche. Ne parlai con l'eremita Adolfo V., in una grotta di Anagni. Disse: «Mi nutro di foglie, di topi, di serpi. Ciò mi ha sospinto di qualche centimetro all'anno verso quella verità che dista milioni di chilometri da noi. Dunque. Vuoi guarire di Brigitte Bardot? Pensa con tutte le forze della tua mente al dopobardot. Cosa mai potrà esserci di più malinconico e tetro? Figlio mio, ragiona. Come riposarsi di B.B.? Come, di che riempire ogni intervallo, ogni pausa dell'unione con lei? Persuaditi: chi ha B.B. ha il paradiso affittato a minuti d'orologio; e non appena scade il tempo, giù nell'inferno. Mi capisci? Nemmeno Brigitte può consolare di Brigitte il suo Jacques Charrier… egli è il cireneo di BR; porta quella sua croce bionda, fatidica, gloriosa; muove un passo ed inciampa, stramazza».
Ne avevo abbastanza. Riguadagnai la mia città, la mia casa, il mio tavolino cosparso di ritratti della soverchiante Brigitte. Mannaggia. B.B. raffigurata in mille pose; B.B. su pelli di tigre; B.B. nella vasca da bagno nera; B.B. sul grattacielo; B.B. sul prato; B.B. al night-club e sugli sci nautici, fra i monti e nel bosco, ritta e seduta, contenta e afflitta, sola e accompagnata: B.B. foglietto di calendario dei luoghi e dei popoli; B.B. che nel mese corrente si leva alle ore 4,44 e tramonta alle 20,10; B.B. che… uffa! Chiamai ripetutamente, con limpida voce, mia moglie. L attempata, usuale, ma certa, domestica e quieta come un gatto. Esclamai: «Piglia quel disco e avvialo. T'ho mai detto che sei la più bella ragazza della terra? Vieni, danziamo».
Da L’Europeo, n. 719, 26 Luglio 1959
La ragazza del peccato - 1
Il fatto è che tre cose irripetibili ha il mondo: la nascita, la morte e Brigitte Bardot. Ed eccoci soli, Brigitte Bardot e io, soli al centro di un'allucinante radura.
B.B., io ti accuso. L'inferno è con te, in ogni battito delle tue ciglia. Satana ammicca in ogni fremito del tuo viso delicato, fragile, di candida tredicenne. Come le rose di Lucrezia Borgia, tu sei profumo e crimine, olezzo e assassinio. B.B., tu odori, mannaggia te, di culla e di bara, di prima comunione e di casa equivoca, di aranci e di putredine, di viole e di concime. Non alludo, si capisce, alla B.B. reale, che mi è ignota; parlo del suo ricorrente personaggio cinematografico. Ne hanno di «chances», con B.B., i tetri alchimisti, i lividi maghi dell'erotismo cinematografico! Nei loro alambicchi distillano, componendo e scomponendo B.B., arcobaleno e fango. Sono donne, le Sofie le Marise le Rosanne le Gine: mai corrotte e angeliche (mi riferisco, badate, sempre ed unicamente ai loro aspetti cinematografici), mai limpide e torbide, mai sorgive e impantanate nello stesso attimo, nella stessa immagine. È di B.B. il corpo di B.B., licenziato dagli influssi lunari, adulto, finito come pezzo di scultura? È di B.B. la faccia di B.B., lieve, acerba, intatta, ferma nelle soavi linee dell'infanzia? Come s'intonano, quale compagnia si fanno quella innocenza di tratti e quelle iperboli di seni, di anche, di bacino? Che specie di accordo esiste fra l'urlo e il mormorio visivi confluenti in B.B.? È la nevosa Diana o è Venere in luglio, riversa nei pagliai? Desiderare B.B. è una colpa mostruosa, o e un lecito impulso naturale? Dobbiamo innalzare aquiloni, con B.B., o dobbiamo trasformare in un giaciglio, in una alcova, qualunque elemosina di foglie, d'ombra, di vacanza, di silenzio? Mannaggia te, Brigitte. I tuoi diabolici sofisticatori cinematografici hanno talmente imbrogliato i fili, confuso gli addendi, che sarebbe un'ingiuria dedicarti un sospiro, come un'ingiuria sarebbe non violentarti (nei pressi, magari, di un Palazzo di Giustizia). Cribbio. Su questa duplice, eterogenea Bardot, il cinema fa il suo perfido giuoco. Avanti, chi è abbastanza ragazzo o abbastanza uomo per Brigitte? Essa riduce a una goffa, puerile, inadeguata pulce sessuale Franco Interlenghi; e di Jean: Gabin fa peraltro un odioso, turpe vandalo. Che un ventenne osi cimentarsi con lei svestita!: c'è da ridere. Che un cinquantenne si permetta di accarezzarla!: è una oscenità, un'ignominia, quasi un incesto. D'accordo? Nessuno è giovane ma nessuno è vecchio, per B.B.: in tal modo tutti siamo, negli amori suoi, degeneri o buffi, vili o canaglie. Per cinquecento lire il cinema offre a chiunque il piacevole brivido, la squisita vergogna di commettere questi immani peccati: una facile e stantia vicenda camuffa, vela il fondamentale proposito degli autori del film, distraendo la Censura.
La ragazza del peccato - 2
Come attrice, la Bardot supera indubbiamente le nostre Loren e Schiaffino. Ma, l'ho già detto, né i suoi genuini interessi, né quelli del copione, della regia (lodevole, formalmente) e del pubblico, sono legati all'arte. Il pulpito della mia predica è forse una botte di Spaccanapoli, ma non esito ad affermare che un film come questo, acre, viscido, tortuoso, immorale dalla prima all'ultima inquadratura, doveva essere vietato in Italia. Mio figlio lo vide con me. Uscimmo dalla sala evitando accuratamente di guardarci. «Sei tu, quel Gobillot?» immaginai che avrebbe potuto domandarmi con una voce aspra, gutturale, sconosciuta. «E tu non sei quel Bérnard?» avrei potuto rispondergli con una voce secca, frusciante, impagliata come un fiasco di bettola.
Gli amanti del chiaro di luna - 1
In un borgo andaluso, una mattina, da un arcaico treno scende Ursula. Benvenuta. Capelli biondi; volto immaginato da Petrarca e attuato da Cecco Angiolieri, o viceversa; un maglioncino stipato; calzoni, qua e là, idem: Brigitte Bardot.
Gli amanti del chiaro di luna - 2
Le B.B. corrompono il cinema, lo riducono infallibilmente a un velloso bruto. Ha voglia, questo Roger Vadim, ad essere un regista non di rado abile e nobile (valutatelo nei brani descrittivi: quel bianco e quel nero suggestivi del funerale del conte; e la «Fiesta» rurale con quei visi di coccio, balordi e taglienti; e le vie provinciali andaluse, dove s'incrociano scintillanti Cadillac e polverosi, remoti asini; e la guardia Fernando che investiga fra gli strilli e le umide intemperanze dei suoi mocciosi; e l'indubbio lirismo del paesaggio graffiato dai mulini a vento, caro a Cervantes): non appena scorge B.B. il Vadim è perduto, e con lui ogni plausibilità di racconto. Azione, sfondi, caratteri, dialoghi, tutto va al diavolo perché, giunto a B.B., il cinema non ha in mano che le cento e mille variazioni dello streap-tease. Mi sbaglio, collega M.A.? Succede ai registi di B.B. ciò che succede ai registi di Via col vento e di Guerra e pace. Costoro dicono: «Abbiamo tremila cavalli e fanti sulle braccia... vada come vada la coerenza delle vicende singole, dei personaggi». Idem i registi di B.B., la quale non è meno esigente e impegnativa, come spettacolo, di una battaglia di Zama o di una Campagna di Russia. M.A., rifletti: è appunto nel nome dell'Arte, che dobbiamo negarci alla Bardot!
Femmine
Bello, nobile, ricco, cinico (dice alla sua vigente ganza, il cui nome è Mercedes: «Non dubito che tu sia fatta per me, cara, ma io sono fatto per te?»), don Mateo è, come apprenderete, mezzo don Giovanni e mezzo don José. In una Siviglia « innamorata e protesa «, egli va alla ricerca di Eva. Nel capannello formatosi intorno a quattro mocciosi che danzano, la rintraccia. Lei ghermisce un giovane bruto e volteggia con lui per offrire all'hidalgo il campionario dei vezzi che ha. La moltiplicazione delle poppe (scusate) di B. B., che qui opera Duvivier, è memorabile. Sfondi e popolo svaniscono; tutto, agli occhi dell'inerme spettatore, è un dilatarsi, un fluire di nivei globi legati a due a due, ciocche di seni che si riproducono all'infinito, annullando qualsiasi altra immagine. Centinaia di balie non produrrebbero un simile effetto; è un tema ossessivo; chi, alla lunga, balzasse su Eva e con poche, esatte cazzuolate di cemento le riempisse, le murasse la scollatura, guadagnerebbe il posto d'onore nel mio testamento, lontano sia.
Babette va alla guerra - 1
Non un millimetro del-la B.B: che suo marito Jacques Charrier, chiamato alle armi, ha visto rifulgere su tutte le brande nella caserma, è visibile in Babette va alla guerra; e i caloriferi non funzionavano. I commilitoni di Charrier gli hanno detto, esortandolo a non prendersela: «Felice te, che B.B. l'hai sposata»; ravvisano in lui una specie di coniuge della bandiera francese; temo che gli ufficiali, non esclusi probabilmente quelli anziani, lo circondino e lo blandiscano impacciati, ansiosi di maggiori notizie. Che tempi. È giusto, è umano che io e milioni di altri individui siamo nati al principio di questo veloce secolo? Quando avevamo l'età di Charrier, una B.B. non ardivamo neanche sognarcela. O incappavamo nell'astinenza (i cui rigori invano ci sforzavamo di alleviare con quattro calci a una palla di cenci nelle piazzette, e con qualche sassaiuola, o ci accontentavamo di certe donne! lo non oso, ovviamente, descrivervi quelle approssimazioni femminili, quegli avari acconti di una gioia che per alcuni di noi (quanti miei coetanei, poveracci, s'invischiarono in braccio a un ripiego vivente!) non venne mai. Così fu trattata la nostra gioventù. E invece, oggi, un ragazzo non è ancora di leva e ha già una selezionatissima bellezza, ha già B.B.; dove arriverà fra quindici o vent'anni? Questa domanda, nella gelida saletta di proiezione che ho detto, mi riempì fino all'orlo di un rancore di avo dipinto a olio, prigioniero di una cornice e di un'epoca.
Babette va alla guerra - 2
Come attrice, adesso che non ci fanno velo i suoi vezzi senza velo, Brigitte, ce ne rendiamo conto, è zero. La sua stessa delicata faccia che, bilanciata, per così dire (come Ettore bilanciava l'asta), dallo spregiudicato Vadim, sembrava l'Alfa o l'Omega di un sogno, qui pare, non so, il risultato di un'amputazione. Voi, lettori, sapete che io non sto per il fotogramma usato come laghetto di chiare, fresche e dolci acque per le belle membra della Ekberg o della Schiaffino; tuttavia l'inesorabile dilemma, agli effetti di uno spettacolo, è «O Gambe o Arte».
Versatilità
Pigliate B.B., che ha avuto un figlio vivo e innegabile, suscitando l'interesse della stampa di ogni tinta. Le innumerevoli madri che hanno magari dieci rampolli obiettano: «Che c'è di straordinario?» Be', gentili signore: «c'è che voi non siete BB»; c'è chi il bibismo impegna a fondo una donna, l'acuisce, la rende un fenomeno di specializzazione limitata, come dire?, alle premesse dei concepimenti; dunque non si può non elogiare, dopo la nascita di Nicholas Charrier, la versatilità, la polivalenza di Brigitte Bardot.
Come adoperare B.B.
Ho idea che il problema dei produttori francesi (non più geniali dei nostri, anzi) sia: come adoperare B.B.? Non è al prossimo film, che pensano, ma alla prossima Bardot. In un film scorso ne fecero un'ausiliaria dello spionaggio britannico; adesso, in Sexy-girl, B.B. è una mezza poliziotta. Avremo così, man mano, tutte le professioni e i mestieri, da capitano di lungo corso a idraulico, sul gobbo della sinuosa attrice. È il guaio delle accaparratrici di giusta o ingiusta fama: non sono loro che interpretano i film, bensì i film che interpretano loro.
Tomba a due piazze
Quanto a Brigitte Bardot, migliora in fretta; è già virtualmente guarita, e nuovi letti nuziali (o quasi) la chiamano. Tutto qui, il suo dramma: sbaglia letto e ci patisce; si taglia le vene e s'ingozza di narcotici, persuasa magari che il suo letto ideale non esista. E diamole una tomba a due piazze, sistemandole accanto il primo babbeo della chitarra o del cinema, che provvisoriamente le piaccia! In Inghilterra c'è una legge che punisce, se non erro, il tentato suicidio. Chi vuole sopprimersi deve riuscire nell'intento, se no lo condannano. Qui invece dedichiamo pagine e pagine di quotidiani e periodici all'incompiuto avvenimento, col meschino risultato di impreziosire maggiormente B.B. ai propri occhi, rendendola ancora più scema, più debole e incoerente di prima. Quanto le gioverebbero, al contrario, un paio d'anni di prigione inglese! Le umiliazioni, il cattivo cibo, il ruvido giaciglio, l'astinenza, farebbero di B.B. un'altra donna: anzi ne farebbero semplicemente e finalmente una donna. La restituirebbero alle effettive misure di sé e di ogni cosa. La ingentilirebbero, chi sa, inducendola ad apprezzare quei dessous morali dai bizzarri nomi (intelligenza, autocritica, modestia, fedeltà, sobrietà e via dicendo) che nessuno vede ma che sono più rari ed eccitanti di qualsiasi avvenenza esteriore frugata dall'obiettivo cinematografico. Terrore.
Sognai che Brigitte Bardot era stata, con un diabolico stratagemma, derubata di una lunga, preziosa notte d'amore. Gli sbirri avevano puntato su di me le loro abbacinanti lampade e mi bersagliavano di insidiose domande. Io non avevo un alibi.
Dieci domande a Brigitte Bardot
Prima domanda - Avete mai, per un'ovvia distrazione, affrancato una lettera con un vostro abito da film?
Seconda domanda - Oppure indossato un francobollo?
Terza domanda - Che impressione vi fanno, in generale, gli abiti?
Quarta domanda - C'è qui un tale che si vanta di conoscervi più di qualunque spettatore cinematografico. È il vostro radiologo?
Quinta domanda - Possiamo delicatamente informarvi che prima di vedere Gli amanti del chiaro di luna e La ragazza del peccato eravamo vegetariani?
Sesta domanda - Vi siete mai concesso un ritemprante mese di vacanze in uno scafandro?
Settima domanda - E quando non recitate, dove, generalmente, vi spogliate?
Ottava domanda - Avete mai pensato alla indubbia somiglianza dei vostri film con un torace di vecchio timoniere, avvivato dal tatuaggio di un procace nudo femminile che ad ogni fremito dell'individuo guizza ed ancheggia?
Nona domanda - Ci permettete di offrirvi, per il riscaldamento invernale del vostro alloggio, questa bombola contenente i sospiri di alcuni spettatori del film Piace a troppi?
Decima domanda - Volete mostrarci, all'insaputa dei vostri registi e produttori, una vostra camicia vuota?
Da L’Europeo, n. 719, 26 Luglio 1959
Nata in una famiglia della media borghesia (il padre era industriale), studia danza fin dall'infanzia. A 15 anni posa per la copertina di una delle più diffuse riviste femminili francesi: 'Elle'. È così che la notano Marc Allégret - che la farà recitare nel 1954 in Futures vedettes (Ragazze folli) - e Roger Vadim, aiuto del regista, che la guida nei primi passi della carriera. Le fa anche prendere lezioni di recitazione da René Simon. Nel 1952 ha una piccola parte in Le trou normand (Il buco normanno) di Jean Boyer: è la prima di una serie tesa a sfruttare unicamente la sua bellezza; citiamo solo Le fils de Caroline Chérie (Il figlio di Caroline Chérie, 1955) di Jean Devaivre e Doctor at Sea (Un dottore in altomare, 1955) di Ralph Thomas. Fa eccezione Les grandes manoeuvres (Grandi manovre, 1955) di René Clair, per la qualità della regia, e per il garbo insinuante con cui l'attrice disegna una figurina di fianco. Nel 1956 Roger Vadim (che ha sposato nel 1952) mette a punto il personaggio che si delineava di film in film e la B. (o B.B., come verrà poi chiamata) interpreta da protagonista .. .Et Dieu créa la femme (Piace a troppi) diretto dal marito. 'Esplode' (Vadim possiede un elevato senso della pubblicità) un sex symbol. Spregiudicata e convenzionale a un tempo, B. è la nuova versione della donna bambina, dalle labbra perennemente imbronciate e dal corpo provocante: un misto di candore, audacia, innocenza, spudoratezza e indifferenza esibito con estrema naturalezza. Negli ultimi anni '50 e nei primi anni '60 diventa un vero e proprio fenomeno divistico che, nato fuori da Hollywood, riesce però a raggiungere incredibili livelli di intensità e di popolarità in tutto il mondo, Stati Uniti compresi. Le si dedica persino una canzone, un samba brasiliano che diventerà popolarissimo. I film che interpreta non fanno storia: costruiti sulla sua immagine, sono come sopraffatti dalla figura dell'attrice e dal sapore di scandalo che accompagna (e soffoca) le vicende della sua vita: il divorzio da Vadim (1957), il matrimonio con Jacques Charrier, la nascita di un figlio, il divorzio, un tentativo di suicidio, le nuove nozze con il playboy Gunther Sachs (1966). Su queste vicende Louis Malle costruisce un film, Vie privée (Vita privata, 1962), dove B. interpreta se stessa. Altri registi l'avevano utilizzata in ruoli drammatici: Autant-Lara per un film tratto da un racconto di Simenon, En cas de malheur (La ragazza del peccato, 1959) dove B. (simbolo poco credibile di una morale anticonvenzionale e pura) seduce col suo fascino Jean Gabin avvocato sessantenne; nel 1960 Clouzot la vuole per La vérité (La verità), e ne fa l'incarnazione dell'amore, in un film dove il mito B. è rivisitato in chiave quasi romantica. Ma l'attrice non dà il meglio di sé nelle parti serie. Ne è riprova anche Le repos du guerrier (Il riposo del guerriero, 1962) girato con l'ex marito Vadim. Godard le fa interpretare Le mépris (Il disprezzo, 1963). B. è Camille, moglie di uno scrittore che viene in Italia a collaborare alla sceneggiatura di un film: lascia il marito dopo avergli gridato il suo disprezzo in una lunga sequenza attorno a cui ruota il film e dove l'attrice e il suo corpo vengono ironicamente usati dal regista secondo il modello classico del bagno della star. Meglio comunque la commedia, come in Viva Maria! (1965) di Louis Malle dove B., al fianco di Jeanne Moreau, fornisce una delle sue migliori prove con spirito e grazia. Con Malle gira anche uno degli episodi delle Histoires extraordinaires (Tre passi nel delirio, 1967). Nel 1973 dopo una serie di film - tra cui spicca per l'interpretazione lodata dalla critica L'ours et la poupée (L'orso e la bambola, 1969), di Michel Deville - l'attrice si ritira nella sua villa di Saint Tropez. Concede pochissime interviste (fa eccezione lo special per la televisione francese del 1983) e si occupa della difesa degli animali. Sul suo personaggio si è scritto molto (c'è anche un saggio di Simone de Beauvoir) e si sono girati dei film come I paparazzi di Jacques Rozier del 1963 e Dear Bnigitte (Erasmo il lentigginoso) del 1965, di Henry Koster, imperniato sulla storia di un bambino che desidera, e ci riesce, conoscere Brigitte. Riceve nel 1985 un alto riconoscimento dal presidente della repubblica francese: la Legion d'onore. Due anni dopo mette all'asta i gioielli per sostenere le sue iniziative animaliste. Sposa un uomo politico di destra (non mancheranno di rimproverarglielo), con il quale condurrà un'esistenza burrascosa. Nel 1994 vende la villa di Saint Tropez e si trasferisce a Parigi, bizzosa e incostante come i personaggi interpretati - con abilità indubbia - sullo schermo. Nel 1995 partecipa, con un gruppo di animalisti, a una udienza papale. Rimane, nonostante le bizze, una donna spiritosa, dopo essere stata un fenomeno divistico di prima grandezza negli anni '50 e '60. Dice di sé: «Ho cominciato che ero una pessima attrice e tale sono rimasta».
Da F. Di Giammatteo, Nuovo dizionario universale del cinema. Gli autori, Editori Riuniti, 1996, Roma
Due scrittori di fronte a un vecchio mito
Brigitte Bardot mi ha sempre ispirato simpatia. Non ho visto tutti i suoi film. Quelli che ho visto, non mi piacevano. A dire il vero, non me ne ricordo nemmeno uno. Ho visto, la sera scorsa, una sua intervista alla televisione.
Salvo qualche rara eccezione, da contarsi sulle dita, le interviste alla televisione sono una cosa fatua e malinconica, vaste coltivazioni di luoghi comuni, lugubri cerimonie pubbliche. Come una marmellata si spande sulle facce e sulle parole la coltre della banalità e della superfluità, e vi sta impresso il marchio del conformismo televisivo, il quale è uno dei conformismi della specie più lugubre che i nostri tempi abbiano saputo inventare.
Questa intervista a Brigitte Bardot mi sembrava, all'inizio, lugubre e volgare quanto ogni altra. In qualche attimo, si sentiva la voce vera di Brigitte Bardot che parlava in francese, ma subito si alzava la voce italiana che la doppiava e questa seconda voce aveva la solita coltre di marmellata, che nella voce di Brigitte Bardot era assente.
Non è facile apparire intelligenti in un'intervista alla televisione. Brigitte Bardot vi appariva intelligente. Diceva cose qualche volta giuste, qualche volta sbagliate, qualche volta convenzionali e qualche volta no. Ma intelligente era il suo atteggiamento nei confronti della vita, equanime, sensato, generoso. I suoi intervistatori li trovavo tutti o quasi tutti odiosi, ma più odiosa di tutti una donna, con una frangia nera sugli occhi.
Le persone appartengono o al regno vegetale, o al regno animale, o al regno minerale. È chiaro che Brigitte Bardot appartiene al regno animale. Pensavo sempre che rassomigliava a un gatto d'angora. Ma alla televisione la sera scorsa ho pensato che invece rassomigliava a una volpe. Si ravviluppava nei bei capelli come una volpe si ravviluppa nella sua coda folta e preziosa. Era molto bella, e aveva le risorse e la grazia di una mite e gentile volpe, che adopera l'astuzia per difendersi dalle insidie, dalle inclemenze e dalle intemperie del suolo e delle stagioni, dall'arsura e dall'inverno. Aveva, sui suoi intervistatori, la superiorità delle volpi sulle pietre, sui rovi e sui rettili che abitano le radure. E poiché attualmente gli esseri umani sono o sempre più si studiano di rassomigliare a delle pietre o a dei rovi o a dei rettili, bello e raro era incontrare una volpe sullo schermo della televisione.
Verso la fine della trasmissione, le è stato chiesto se ora, a quarant'anni, cercherà di ottenere parti nuove nel cinema, se cercherà di essere non più una stella ma una vera attrice. Non sembrava saperlo. Era chiaro che si era sempre mossa a caso e senza idee precise. Ho dichiarato a un certo punto di non aver mai sentito nessuno spirito di competizione. Tale assenza di ogni spirito di competizione, certamente vera, mi sembrava un segno di forza e libertà anche se forse poteva essere un segno di una vocazione distratta, fragile e imprecisa.
Il momento più felice è stato quando si è rifiutata di parlare del figlio. Ha dichiarato di non volerlo «mescolare alla propria immagine pubblica». Ha detto: «Lo sanno tutti che non cresce con me». Erano parole di collera, dignità e dolore, il rifiuto di mentire anche un solo minuto, il rifiuto di fingere di assumersi un ruolo materno che non le deve essere cogeniale e che non è mai stato il suo.
Per un attimo, è caduta nel conformismo televisivo, quando ha parlato della propria vecchiaia. Ha dichiarato che la vecchiaia è una cosa contro la quale non si può far nulla e dolersene è stupido. Ma in verità il dolore non è mai né intelligente, né stupido, è dolore e percuote porte che sa bene che non si possono aprire mai.
Per un attimo ha parlato di Greta Garbo, e del modo esemplare come si è nascosta in disparte quando si è sentita vecchia. Greta Garbo però non apparteneva al regno animale ma al regno vegetale. Era come un grande albero. Per un albero, per una quercia, invecchiare è semplice e tragico. Più strano e complicato è invecchiare per una volpe. Essa non sembrava ritenerlo però difficile. Era bella, bianca in viso, ravviluppata nei bei capelli.
Era intelligente e fragile, mite, equanime nei confronti della vita. Era là per difendere i diritti e la legittimità dell'innocenza animale in un mondo in cui l'innocenza animale è giornalmente discussa, redarguita, contestata e calpestata.
Da Il Corriere della Sera, 27 agosto 1974
Natalia Ginzburg
Attrice francese, la diva più popolare ed emblematica della Francia dopo la seconda guerra mondiale e la riconquista del benessere. Venne al cinema dopo aver frequentato scuole di danza e aver iniziato a spogliarsi come cover girl. Comparsa in alcuni film, tra i quali Le grandi manovre, 1955, di Clair, la Bardot aveva sposato nel 1952 lo sceneggiatore Roger Vadim, oriundo russo. Fu questi a renderla famosa facendole interpretare nel 1956, il suo primo film, ....et Dieu créa la femme, in italiano Piace a troppi, dove la Bardot - da quel momento famosa semplicemente come BB - costruì quello che rimase in sostanza il suo personaggio: di ragazza assai bella, viziata e talora viziosa, la cui ricerca d'amore, pur autentica, è ostacolata da una precoce consapevolezza e rassegnazione alla mitologia dell'erotismo oggettivo e feticistico, tipicamente contemporaneo. Su questa falsariga si mossero in seguito le varie figure caratterizzate dalla Bardot, da Gli amanti del chiaro di luna e La parigina, 1957 (il primo ancora diretto da Vadim) a La ragazza del peccato, 1958, di Autant-Lara, Il riposo del guerriero, 1962 (di Vadim) e Vita privata, 1962, di Louis Malle, fino a Il disprezzo, riduzione di Jean-Luc Godard dal romanzo di Moravia, nel 1963. Dopo il divorzio da Vadim la Bardot sposò l'attore Jacques Charrier, ne ebbe un figlio e divorziò di nuovo. Al Messico, nel 1965, girò con Jeanne Moreau ancora per la regia di Louis Malle il film Viva Maria!. Nel 1966 sposò il suo terzo marito, il miliardario tedesco Gunther Sachs.