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Alda Merini

Alda Merini. Data di nascita 21 marzo 1931 a Milano (Italia) ed è morto il 1 novembre 2009 all'età di 78 anni a Milano (Italia).

La più grande poetessa italiana della Storia

A cura di Fabio Secchi Frau

Poetessa dalla lirica dolce, ma odiatissima dai suoi colleghi, amata invece da più di una generazione, era la Signora incontrastata dei versi strappacuore e strappacarne, di strofe in cui morte, maternità, follia si univano in un crudele gioco di rimandi e, nonostante l'età, era ancora capace di proporsi come lume della poesia erotica e amorosa. Rivale di molti perbenisti e puritani intellettuali italiani, stava dalla parte degli esclusi, dei pazzi, degli emarginati. Ha rinverdito con il suo appeal letterario da matriarca saggia tutti gli aspetti della poesia. Rilanciata trasversalmente dal piccolo schermo, omaggiata di tanti documentari (lultimo Alda Merini - Una donna sul palcoscenico e il più bello Ogni sedia ha un suo rumore con le liriche della poetessa interpretate da una perfetta Licia Maglietta) a lei dedicati, sfrontata e caparbia, Alda Merini è la più grande poetessa italiana della nostra Storia. «Sono nata il ventuno a primavera/ma non sapevo che nascere folle,/aprire le zolle/potesse scatenar tempesta./Così Proserpina lieve/vede piovere sulle erbe/sui grossi frumenti gentili/e piange sempre la sera./Forse è la sua preghiera.», scriveva su se stessa.
Con quella voce roca, annerita dalle sigarette, era curioso sentirla recitare, sopra un palco, con un bastone in mano, scomodamente seduta su una sedia troppo piccola per la sua imponente figura: «(Sono una piccola ape furibonda)./Mi piace cambiare di colore./Mi piace cambiare di misura». Non aveva mai voluto studiare le lingue straniere, per non corrompere il suo italiano e rifletteva sul male, sulla vita, sul bene e sull'amore in una indigente casa di Milano, ma cosparsa di perle, gioielli e orecchini. «...La verità è sempre quella,/la cattiveria degli uomini/che ti abbassa/e ti costruisce un santuario di odio/dietro la porta socchiusa./Ma l'amore della povera gente/brilla più di una qualsiasi filosofia./Un povero ti dà tutto/e non ti rinfaccia mai la tua vigliaccheria.» Anche lei ci ha dato tutto, esattamente come una madre, per questo Alda Merini è stata madre di tutti noi.
La sua vita
Figlia di un dipendente di una compagnia assicurativa e di una casalinga, minore fra tre fratelli, frequenta le scuole professionali dell'Istituto Laura Solera Montegazza, cercando poi di essere ammessa al Liceo Classico Manzoni. Tutto inutile. Non ci riuscirà mai, paradossalmente, non superò la prova di italiano. Così si dedica al pianoforte, strumento musicale da lei particolarmente amato e che suonerà per hobby lungo tutta la sua esistenza. Esordisce nella letteratura a soli 15 anni, quando Giacinto Spagnoletti la scopre e ne vede il profondo talento lirico. Sarà proprio lui a introdurla nei salotti letterari milanesi, dove incontrerà e conoscerà, fra l'altro, Giorgio Manganelli e Maria Corti. Fragilissima, cominciano a comparire i primi segni di quella che viene diagnostica come isteria e che la costringerà, per la maggior parte della sua vita, a entrare e uscire dagli ospedali psichiatrici italiani, vittima di tremendi elettroshock. Dopo un mese di internamento, grazie all'aiuto di Manganelli, torna in sé e cerca di riemergere attraverso la sua scrittura.
Da questi sforzi, nasce la pubblicazione di alcune sue poesie nell'opera di Spagnoletti "Antologia della poesia italiana 1909-1949", edita da Guanda, e nel 1951, l'editore Vanni Scheiwiller, grazie al suggerimento di Eugenio Montale e di Gioia Spaziani, la inserisce nell'antologia "Poetesse del Novecento". Nel 1953, arriva il matrimonio con Ettore Carniti, proprietario di alcune panetterie milanesi. È un periodo molto felice per lei, che quell'anno, vede la pubblicazione del suo primo libro di poesie interamente suo: "La presenza di Orfeo". Elogiata dalla critica (spicca fra gli altri un entusiasta Pierpaolo Pasolini), continua il suo percorso letterario con "Paura di Dio" e "Nozze Romane". Nel 1955, diventa madre di Emanuela e, nel 1958, di Flavia. Il suo grande amico, Salvatore Quasimodo, pubblica alcune sue liriche ne "Poesia italiana del dopoguerra", ma poi è di nuovo il buio.
Nel 1965, inizia, infatti, un altro lungo e doloroso periodo di internamento all'ospedale psichiatrico Paolo Pini. Un internamento che dura fino al 1972, durante il quale nascono altre due figlie Barbara e Simona. Qui, nasce il suo più grande dolore: l'atto mancato, ovvero l'impossibilità di essere una madre, come lei sente e vorrebbe. Sono ancora elettroshock, è ancora sofferenza e confusione, almeno fino al 1979, quando, riabilitata, ricomincia a scrivere e scaturisce "La Terra Santa", appassionanti meditazioni liriche sulla sua esperienza in manicomio. Molti la guardano con sospetto e paura, non è più ben accetta dall'ambiente letterario che è così cambiato da quando lo frequentava lei. Solo Maria Corti, nel 1983, la ospita nella rivista "Il cavallo di Troia". Non le giova la morte del marito, avvenuta nel 1981. Sarà il poeta tarantino Michele Perri, prima telefonicamente e poi fisicamente, a consolarla. I due, nell'ottobre del 1983, andranno poi incontro a un matrimonio. Unione che la spingerà a trasferirsi a Taranto e dove, ancora una volta, sperimenterà gli orrori dei manicomi. Nel 1986, torna alla sua Milano, riprendendo i contatti con i vecchi amici e ritornando alla sua poesia e alla vita. È un ritorno definitivo. La legge Basaglia chiuderà poi definitivamente il suo rapporto con i manicomi e le sue brutture, spingendo la Merini a gettare tutte le sue angosce, tutte le sue ansie e tutti i suoi amori sulla poesia. Nascono: "L'altra verità. Diario di una diversa"; "Vuoto d'amore"; "Superba è la notte"; "Parole d'amore, un incontro con Gesù"; "Delirio amoroso"; "Il tormento delle figure". Le si accostano grandi scrittori come Giorgio Caproni, Attilio Bertolucci, Mario Luzi, Andrea Zanzotto, Franco Fortini, ma anche artisti come Milva, Roberto Vecchioni (che per lei scrive la bellissima "Canzone per Alda Merini"), Vincenzo Mollica e Giovanni Nuti. Sono tutti innamorati di lei, in questo periodo di grande serenità e di favolosi e prestigiosi premi, fra cui spicca il Premio Viareggio e il Premio Procida-Elsa Morante. Diventa ufficialmente la più grande poetessa contemporanea vivente, maestra di aforismi, ma anche di lunghe liriche.
È la orfica protettrice degli innamorati, della vocazione, dell'erotismo segreto e della religiosità più alta che trova le sue forme più perfette nell'adorazione della madre delle madri: la Madonna. Nel 2004, viene ricoverata all'Ospedale San Paolo di Milano per problemi di salute, si diagnostica un tumore osseo che non la ferma. Imperterrita, continua a sedere sulle poltrone dei talk show e a presentarsi a teatro, fino a quando muore quel 1 novembre 2009, di nuovo al San Paolo di Milano. «Io la vita l'ho goduta tutta, a dispetto di quello che vanno dicendo sul manicomio. Io la vita l'ho goduta perché mi piace anche l'inferno della vita, e la vita è spesso un inferno... Per me la vita è stata bella perché l'ho pagata cara».

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