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Arf, una sorprendente opera prima che trasmette emozioni con la forza delle immagini. Un film adatto a tutti

Dal romanzo di Anna Russo “Il baffo del dittatore”, un ritorno alla favola intesa come racconto semplice e primordiale dei caratteri ricorrenti degli uomini, quasi senza tempo e senza luogo. Con un linguaggio universale e riconoscibile adatto a tutti i pubblici e a tutte le età. Al cinema.
di Pedro Armocida

sabato 27 gennaio 2024 - Focus

Cinema per immagini. Sembrerebbe una banalità ma spesso le parole, quasi delle dittatrici, soverchiano le storie, mentre la semplicità e la forza del cinema risiedono anche nella capacità di trasmettere emozioni con il solo uso delle immagini. Tanto più quando ci troviamo di fronte a un film di animazione che lavora su un impianto immaginifico ancora più grande. Tutto questo è Arf, il sorprendente lungometraggio di esordio di Anna Russo (alla sceneggiatura) e di Simona Cornacchia (ai disegni animati).

C’è la natura, bellissima e colorata, appena fuori la città che è invece grigia perché c’è la guerra e ci sono i militari senza cuore né amore anche perché non c’è il sole. È la Seconda guerra mondiale, un conflitto che pensavamo archiviato per sempre e che invece ha le sue ombre allungate un’altra volta nell’Europa di oggi. In questa desolazione un neonato rimane solo perché la madre è vittima di un rastrellamento, a salvarlo ci penserà la sua eroica cagnolina che lo adotta e lo fa crescere con i suoi compagni a quattro zampe. Mezzo uomo e mezzo cane, il piccolo sa fare solo un verso: Arf!

Tratto liberamente dallo stesso romanzo di Anna Russo, “Il baffo del dittatore” (Mursia), Arf rimanda al Mowgli del Libro della giungla di Kipling ma anche al mito del buon selvaggio incarnato dal protagonista del film di François Truffaut Il ragazzo selvaggio debitore peraltro delle teorie del filosofo Jean-Jacques Rousseau. Anche qui la forza del personaggio di Arf, che anche un bambino capirebbe e sicuramente capirà, è che il suo essere animale e selvaggio lo porta a vivere senza sovrastrutture e senza la corruzione della cosiddetta civiltà. Può sembrare un paradosso ma, finché esisteranno le guerre, meglio tacere sulla superiorità dell’uomo.


In foto una scena del film Arf, ora al cinema.

Quando Arf viene arrestato e portato in un campo di prigionia (o di concentramento?) continua a rispondere alle domande dei militari solo con il suo strambo verso/nome, non riuscendo dunque proprio a dialogare con gli uomini. Mentre invece s’intenderà alla perfezione con il gruppo dei Dobermann educati per essere cattivi e spietati nella prigione. I cani, grazie alla bontà disarmante di Arf, riscopriranno il loro essere stati cuccioli giocosi (come tutti del resto). Grazie a loro, e soprattutto al gioco che sovverte le regole costituite, Arf metterà sottosopra l’intero campo arrivando a scombinare la visita del dittatore di turno con i baffetti che si potrebbe tranquillamente chiamare Adolf Hitler.

Ma in questo film le parole sono poche, i nomi non vengono detti, le funzioni solo immaginate. C’è dunque non una “reductio ad Hitlerum” ma un ritorno alla favola intesa come racconto semplice e primordiale dei caratteri ricorrenti degli uomini, quasi senza tempo e senza luogo, in cui è chiaro fin dal tratto più sottile della matita di Simona Cornacchia chi sono i buoni e chi i cattivi. Con un linguaggio universale e riconoscibile adatto a tutti i pubblici e a tutte le età ma che certamente può arrivare con tutta la sua forza evocativa ai più piccoli.

“Chi vuole bene agli altri/Non usa le parole/Perché non fa rumore/Il suono dell’amore” canta Simone Cristicchi sui titoli di coda. La canzone, musicata da Antonio Canto che l’ha anche scritta con Cristicchi, continua e finisce con l’inequivocabile strofa: “Pace, pace per il mondo intero”. Non come ieri e come oggi ma, speriamo, finalmente come domani.


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