Titolo originale | Obet' |
Anno | 2022 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Slovacchia, Repubblica ceca, Germania |
Durata | 91 minuti |
Regia di | Michal Blasko |
Attori | Alena Mihulová, Elizaveta Maximová, Viktor Zavadil, Vita Smachelyuk, Igor Chmela Gleb Kuchuk, Inna Zhulina. |
MYmonetro | 2,90 su 3 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 6 settembre 2022
Una madre deve decidere se credere o meno a ciò che afferma suo figlio.
CONSIGLIATO SÌ
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Una madre ucraina fa ritorno con urgenza nella Repubblica Ceca per assistere il figlio che è stato vittima di un'aggressione e che è ricoverato dopo l'asportazione di un rene. Dalle prime dichiarazioni del ragazzo emerge che a causargli quel grave danno siano stati tre Rom. Ben presto però la donna fa confessare al figlio la verità: è caduto e si è inventato l'aggressione. Ormai però l'opinione pubblica si è impadronita del caso e la prima versione non può più essere smentita.
La realtà dell'emigrazione ucraina prima dell'occupazione russa in un film che riflette sul sottilissimo confine tra verità e menzogna.
Le premesse per realizzare un efficace film di denuncia non mancavano nella sceneggiatura. Una madre e un figlio (il padre è scomparso nel nulla) che abbisognano della cittadinanza ceca affinché la donna possa avere un lavoro e una vita stabili. Una convivenza non proprio idilliaca con una famiglia Rom nello stabile popolare in cui alloggiano e infine il 'caso' che la destra estrema è pronta a cavalcare prestandosi perfettamente alla propria propaganda. Un'accusa sconsiderata e maldestra che però finisce con l'essere impossibile da ritrattare anche quando la coscienza civile imporrebbe che ciò avvenisse. Tutto questo in una cittadina in cui le tensioni non sono quelle del grande centro urbano ma comunque finiscono con il riverberarsi nell'ambito della comunicazione nazionale. C'era quindi a disposizione un ampio spettro di situazioni da affidare ad un'attrice che sostenesse la rappresentazione di un conflitto interiore non facile da portare a soluzione. Certo non per demerito della protagonista quanto piuttosto della regia tutto viene spento in un appiattimento narrativo che fa sì che anche gli scatti di sincerità e il bisogno di far emergere la verità si spengano in un continuum di una donna che finisce con il lasciarsi trasportare dagli eventi. Anche quando decide di prendere l'iniziativa non sa portarla fino in fondo.
Questo non significa che ci si dovesse mostrare l'eroina all'americana senza macchia e pronta a sfidare tutto e tutti (figlio compreso) per far trionfare la verità. Bastava solo saper sfruttare la complessità della sceneggiatura per ottenere un esito un po' meno piatto. Tenendo conto che qui non c'è l'attuale conflitto sullo sfondo sarebbe stato sufficiente ispirarsi a quel cinema di denuncia sociale che i francesi sono ancora molto efficaci nel realizzare per sollevare la narrazione da un semplice susseguirsi di 'fatti' che faticano a trovare una loro dimensione cinematografica.
Questo dispiace perché si è persa un'ottima occasione per tornare a sottolineare che da sempre, ma in questa fase storica ancora in misura maggiore, ciò che interessa alle masse non è la realtà ma la sua rappresentazione, non importa se distante anni luce dalla verità.
La manipolazione della verità può deformare i fatti e trascinare la coscienza umana a voler vedere una versione deformata e distorta della realtà oggettiva. Le prospettive e i diversi punti di vista, infatti, possono divergere fino a creare due versioni agli antipodi: la realtà oggettiva e la rappresentazione di essa, ovvero quello che è reale e ciò che viene filtrato dalle voci e dalla gente comune, [...] Vai alla recensione »
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