Titolo internazionale | Upon Entry |
Anno | 2022 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Spagna |
Durata | 77 minuti |
Regia di | Alejandro Rojas (III), Juan Sebastián Vasquez |
Attori | Alberto Ammann, Bruna Cusí, Ben Temple, Laura Gómez, Nuris Blu David Comrie, Colin Morgan (II), Gerard Oms. |
Uscita | giovedì 1 febbraio 2024 |
Tag | Da vedere 2022 |
Distribuzione | ExitMedia |
MYmonetro | Valutazione: 4,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 9 novembre 2023
Diego, un urbanista venezuelano, ed Elena, una ballerina contemporanea di Barcellona, si trasferiscono negli Stati Uniti con i visti approvati per iniziare una nuova vita.
ASSOLUTAMENTE SÌ
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Elena e Diego sono una coppia che arriva negli Stati Uniti da Barcellona. Lui è un urbanista venezuelano e lei una ballerina di danza moderna. Entrambi sperano di potersi costruire un futuro lontano dai Paesi d'origine. Fatto scalo a New York, avendo però un'altra destinazione, vengono fermati dagli agenti dell'immigrazione benché siano in possesso di una documentazione regolare.
Un film basato su esperienze vissute dai due registi e sostenuto da due straordinarie interpretazioni.
Chi decide di iniziare a vedere questo film è bene che sappia che non riuscirà a staccarsene sino alla fine. Dal momento in cui l'aereo che trasporta i due protagonisti atterra a New York per loro inizia una discesa agli inferi che procede per gradi ma diventa di minuto in minuto sempre più devastante. Non c'è nessuna violenza di carattere fisico (se si esclude una perquisizione che potremmo definire del tutto regolare) ma piuttosto un'inquisizione che erode le psicologie. La denuncia della chiusura a riccio del Paese delle opportunità è esplicita ma, invece di assumere le caratteristiche del pamphlet polemico, entra nelle dinamiche degli interrogatori con il proposito di coinvolgere ma anche di spiazzare.
La scrittura è attenta ai mutamenti anche millimetrici nei rapporti tra chi chiede e chi risponde ma anche (e da un certo punto in poi) soprattutto tra Diego ed Elena. Non solo la privazione di qualsiasi contatto con l'esterno (cellulari spenti) o l'isolamento in stanze (che cambiano perché entra in gioco l'ulteriore elemento di disturbo di lavori in corso negli uffici). C'è molto di più.
Questa opera prima mostra un grande controllo sia dello script che della recitazione mentre ci ricorda che i muri non si ergono solo al confine con il Messico. Anche se in realtà ciò che sembra interessare maggiormente alla sceneggiatura è lo sviluppo dell'accerchiamento e il piacere sadico (non si può definirlo altrimenti) da parte di chi investiga nel poter trattenere degli sconosciuti a proprio piacimento senza mai formalmente travalicare nei rapporti ma di fatto limitandone la libertà. Facendo poi di più. Cioè entrare nel privato delle persone con il pretesto della verifica della regolarità delle procedure adottate per chiedere l'autorizzazione all'immigrazione.
È da quel momento che il film si trasforma da messa in scena di un'attività vessatoria ma quotidiana in una sottile ma anche esplicita invasione della vita di una coppia motivata (si scoprirà alla fine se esclusivamente oppure no) dal piacere dell'esercizio del potere. Chi sta al di là del tavolo (o anche, ancor più semplicemente, al di là di un desk alla reception) si sente investito di un diritto che gli consente di negare quelli altrui (anche di un semplice bicchiere d'acqua). Al di là del tema dell'immigrazione è questo ciò che colpisce di un film girato in diciassette giorni e in ordine cronologico, affinché i rapporti che si instaurano tra i soggetti acquisiscano la verosimiglianza più totale. Con il finale poi ci viene sottolineato quanto agli agenti di polizia di frontiera sia consentita l'indifferenza nei confronti di chi hanno davanti indipendentemente dall'esito delle indagini. Per loro è routine. Per gli altri è vita.