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Tutto in un giorno, un dramma corale che guarda al presente e al cinema di Paul Haggis e Ken Loach

Il delicato tema degli sfratti al centro dell’opera prima di Juan Diego Botto. Protagonista, insieme a Luis Tosar, un’intensa Pénélope Cruz che ha la tragedia già stampata sul volto. Presentato a Venezia 79 e ora al cinema.
di Simone Emiliani

Luis Tosar - Bilancia. Interpreta Rafael nel film di Juan Diego Botto Tutto in un giorno.
giovedì 2 marzo 2023 - Focus

Circa 400.000 sfratti in dieci anni, più di cento al giorno. Sono questi i drammatici dati sull’emergenza-casa riportati sui titoli di coda di Tutto in un giorno, già presentato alla 79. Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti.

Nel film s’incrociano tre storie. Azucena ha 24 ore di tempo per non farsi togliere la casa dalla banca e lotta contro le sue forze mentre il marito, che lavora come operaio, si è ormai rassegnato. Rafa è un avvocato che cerca di aiutare le persone in difficoltà. Va alla ricerca di una ragazza araba per impedire che venga sottratta dalla sua custodia la figlia. Per occuparsi degli altri però trascura la famiglia, a cominciare dalla moglie incinta. Germán è un operaio, che lavora con il marito di Azucena, che ha fatto scelte sbagliate che lo hanno mandato in rovina e non risponde alla madre che lo cerca disperatamente.

Tutto in un giorno è un’affannata corsa contro il tempo. Non sembra quasi esserci speranza, solo disperazione in personaggi che sembrano già sconfitti in partenza. La struttura con le storie incrociate rimanda al cinema di Paul Haggis, in particolare Crash - Contatto fisico, per come fa interagire parallelamente le situazioni. C’è già una dimensione apocalittica, di fine imminente. Per questo il ritmo, come nel cinema di Haggis, diventa nel film un elemento decisivo proprio per mostrare i disperati tentativi di salvezza da parte dei protagonisti.

Juan Diego Botto, attore di origine argentina al primo lungometraggio che nel film interpreta anche Manuel, il marito di Azucena, carica la tensione al punto-limite. Si vede nei dettagli dove emergono il nervosismo (Azucena che non riesce ad avvitare la moka del caffè), la paura (la bambina lasciata sola in cada che parla appena ma non vuole lasciarsi portare via dai poliziotti), le incomprensioni familiari. Il rapporto che riesce a cambiare nel corso della giornata è quello tra Rafa e il figliastro Raúl. In conflitto sin dall’inizio perché l’uomo gli ha fatto perdere il pullman che lo doveva portare in gita, i due personaggi restano distanti per gran parte del film ma poi trovano una loro collaborazione più intima. 

Forse è l’unico squarcio di luce, assieme al finale, in un film spesso caratterizzato da colori grigi e dai piani sugli occhi di un’intensa Pénélope Cruz (anche produttrice del film) che ha la tragedia già stampata sul volto e può apparire come una reincarnazione di una delle protagoniste del Neorealismo italiano e di Luis Tosar in una prova tutto fisico, nervi e istinto, che combatte sempre per la causa giusta ma non riesce a gestire il proprio tempo. Una scena sotto questo aspetto, mostra come le sue intenzioni non corrispondono mai con le sue azioni. Nella corsa di Rafa in ospedale dove la moglie ha una visita importante per la gravidanza, c’è tutto il caos e il vortice della nostra quotidianità. 

Tutto in un giorno parla del nostro presente in un dramma corale che guarda anche verso il cinema di Ken Loach proprio nella lotta tra individuo e istituzioni, nel mettere in evidenza le ingiustizie sociali con scene dal forte impatto emotivo, nel modo di alternare il dramma privato con quello collettivo. 

I primi piani sembrano usciti proprio dal cinema del regista inglese. Per Juan Diego Botto forse è un modello di cinema a cui fare direttamente riferimento anche nel modo in cui far recitare gli attori, che devono dare l’illusione di essere i personaggi stessi per conservare la verità dei loro gesti e delle loro azioni. Per affrontare un tema come quello degli sfratti è probabilmente quello un punto di partenza dove la (nostra) quotidianità può avere delle zone thriller con gli oscuri presagi di tutta la parte finale. Prima si sente l’affanno e il tempo che corre

24 ore possono cambiare una vita. In una direzione o in un’altra. E in Tutto in un giorno sono molto condensate. Si, il (nostro) tempo non basta più. Il fermo-immagine finale sul volto di Pénélope Cruz al grido “vergogna” è un’istantanea da cui i protagonisti possono, forse, riprendersi in mano la loro vita.


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In foto una scena del film Tutto in un giorno.
In foto una scena del film Tutto in un giorno.
In foto una scena del film Tutto in un giorno.

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