Titolo originale | Till |
Anno | 2022 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | USA |
Durata | 130 minuti |
Regia di | Chinonye Chukwu |
Attori | Danielle Deadwyler, Jalyn Hall, Frankie Faison, Haley Bennett, Whoopi Goldberg Sean Patrick Thomas, Ed Amatrudo, Jayme Lawson, Kevin Carroll, Roger Guenveur Smith, Tosin Cole, Josh Ventura, John Douglas Thompson, Tim Ware, Brendan Patrick Connor, Torey Adkins, Al Mitchell, Lee Spencer, Jackson Beals, Elizabeth Youman, Njema Williams, Jamie Renell. |
Uscita | giovedì 16 febbraio 2023 |
Distribuzione | Eagle Pictures |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,54 su 10 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 14 febbraio 2023
La storia di Emmett Louis Till e della battaglia della madre per avere giustizia. Il film ha ottenuto 1 candidatura a BAFTA, Il film è stato premiato a National Board, 2 candidature a Critics Choice Award, 1 candidatura a SAG Awards, In Italia al Box Office Till - Il coraggio di una madre ha incassato 25,8 mila euro .
CONSIGLIATO NÌ
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Nell'agosto del 1955, il quattordicenne afroamericano Emmett Till lascia Chicago per fare visita al resto della famiglia nel Mississippi. Qui, dopo aver incautamente parlato con una ragazza bianca, viene prelevato in piena notte da un gruppo di persone sia bianche sia nere e barbaramente linciato. Giorni dopo la sparizione, il suo cadavere viene ritrovato nelle acque di un fiume: il film segue la storia della battaglia legale della madre del ragazzo, Mamie Till, che pretenderà di essere fotografata accanto al volto orribilmente deformato del figlio e di comparire sulla copertina di una rivista per sensibilizzare la popolazione di fronte alla violenza razziale nel sud. Gli assassini bianchi di Emmett saranno assolti, ma la battaglia di Mamie sarà alla base dell'affermazione del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti.
Cosa ne sarebbe stato delle lotte degli afroamericani senza il sacrificio di Emmett Till? Il film si concentra sul ruolo della madre per far conoscere a un intero paese la vergogna di cui implicitamente si era macchiato, fingendo di non vedere o di non sentirsi responsabile.
Till è un film giusto, corretto, dalle ottime e insindacabili intenzioni; eppure è anche un film profondamente sbagliato. Come ormai capita sempre più di frequente con il cinema americano, è prima di tutto un film pensato come un atto dovuto, il nuovo capitolo di un'antologica opera di riparazione che l'industria cinematografica americana si sente in obbligo di completare dopo anni di distrazione o di mancate priorità. In passato a mancare non erano tanto i film dedicati ai misfatti del razzismo negli Stati Uniti (qualsiasi spettatore ne ha visti e li ricorda, da Mississippi Burning in giù), quanto una reale programmazione di storie da raccontare ed episodi da coprire.
A mancare era la tendenza non scritta, ma pervasiva, a considerare fatti, eventi e personaggi della storia black come centrali al sistema hollywoodiano, quando non obbligatori e necessari. E aldilà della giustezza dei programmi e delle intenzioni, non esiste al mondo forma d'arte, o anche solo d'intrattenimento (almeno non a Hollywood, non più), che riesca a essere creativa e sorprendente quando nasce da simili promesse che mettono insieme esigenze morali, culturali e industriali.
Film come Till sono sempre esistiti, solo venivano prodotti per il mercato straight to video e finivano nella programmazione pomeridiana di una tv generalista. Oggi sono la norma e proprio per questo non hanno valore, sono come anestetizzati. Il cinema black che non è nato da imposizioni più o meno dall'alto, o più o meno moraleggianti, si è sempre fatto sentire in altri modi, creativi, aggressivi, parlando con uno stile d'assalto, violento e slabbrato, con rabbia, colore, irriverenza. Qui, invece, una delle vicende più scioccanti nella storia americana del secondo dopoguerra è affrontata in maniera fiacca ed edulcorata, con il solito uso drammatico di primi e primissimi piani (a volte volutamente frontali, a spezzare l'invisibilità della messinscena classica) e la solita musica pomposa nei momenti tesi o commoventi.
Il punto di vista della regista Chinonye Chukwu, che lavora per una produzione in cui sono coinvolte anche Barbara Broccoli e Whoopi Goldberg, è evidente soprattutto nella centralità data al personaggio della madre di Emmett (interpretata da Danielle Deadwyler), la quale viene però rappresentata più come una madonna visionaria e dagli istinti sovrannaturali che non quale effettivamente era, e cioè una donna nera libera e fiera che ebbe il coraggio di sbattere in faccia alla nazione l'orrore che lei stessa aveva visto. Da una tragedia americana che coinvolgeva una comunità, uno Stato, una nazione, il film preferisce trarre banalmente l'esempio di una resilienza femminile, individualizzata e adattata allo spirito dei tempi.
Proprio la vicenda di Till, e gli effetti che il suo cadavere fece sull'opinione pubblica americana comparendo sulla copertina della rivista «Jet», si prestava invece a una riflessione affatto banale sul rapporto fra violenza e percezione, impunità e spettacolo, grazie alla scelta - questa sì rivoluzionaria - della madre di Emmett di farsi fotografare vicino al cadavere del figlio ammazzato. Quella foto celeberrima il film la ricostruisce, passando dal movimento del cinema alla fissità dello scatto, ma così facendo si limita semplicemente a registrarne il dato storico, a svelarne il retroscena: dell'impatto visivo, dello shock che provocò non rimane nulla, anestetizzato, per l'appunto, dalla fiacchezza di uno stile che parla a tutti e non colpisce nessuno.
L'importanza della morte di Till per la lotta per i diritti civili negli Stati Uniti, anche per via della vergognosa assoluzione dei suoi assassini (che poi da impunibili confessarono la loro colpa, senza mai pentirsene), è cruciale, ma il film non fa altro che ribadirla, ammantandola di un'aura sacrale, antistorica e antispettacolare. L'effetto è ridondante, come di pagine illustrate di cui si sa già tutto, di cui si è già visto tutto, senza che mai un'idea o un'invenzione spezzi l'andamento prevedibile del film.
Più che un film drammatico ispirato ad una storia vera relativa ad uno dei tanti omicidi causati dal razzismo imperante negli stati del sud negli anni ’50 nella terra della libertà e dei diritti civili per antonomasia faro dell’occidente democratico, Chinonye Chukwu sembra aver realizzato un episodio di una telenovela sudamericana per le interminabili inquadrature fisse ad immortalare scene familiari [...] Vai alla recensione »
C'è un quadro dell'artista americana Lisa Whittington che raffigura il volto diviso a metà di un ragazzo nero, rappresentando sincronicamente insieme il prima e il dopo di un brutale e mortale pestaggio subito: si tratta del volto di Emmett Hill, un ragazzino di 14 anni che nel 1955 , durante una visita a dei parenti nel Mississippi, uno degli stati sudisti del Nord America più profondamente segnati [...] Vai alla recensione »
Polemiche negli Stati Uniti per la mancata nomination all'Oscar per Danielle Deadwater. Polemiche fuor di luogo, come tante montate in nome della correttezza politica. L'attrice è artefice di una prova esteriore, esibizionista. In un film mediocre. La regista di origine nigeriana rievoca, in confezione leccata inerte, la tragedia di Emmett Till. Nel 1955, il 14enne nero si azzardò a rivolgere la parola [...] Vai alla recensione »
In Till, la regista Chinonye Chukwu racconta la vita e la morte di Emmett Till, un ragazzo nero di 14 anni di Chicago, linciato nel 195 in una piccola città del Mississippi. ll film rivela gli aspetti nascosti e profondi della storia, e il suo ampio respiro va ben al di là della tragedia familiare e della Cronaca nera locale. Mostra come la portata di un crimine commesso in una comunità razzista raggiunge [...] Vai alla recensione »
1955. Il giovane afroamericano Emmett Till parla con una donna bianca e, per questo viene sequestrato e linciato da un gruppo di bianchi e neri. Storia vera. Con tanto di battaglia legale portata avanti, con coraggio, dalla madre. Una vicenda scioccante che però viene penalizzata da una regia fiacca, che insiste, per mancanza di idee, sui primi piani, rimbombandoci con la musica pomposa.
Alla fine degli anni Cinquanta lo Stato del Mississippi fu teatro di una grave vicenda di cronaca nera. Quando suo figlio 14enne fu picchiato ed ucciso a colpi di arma da fuoco e poi gettato nel fiume Tallahatchie da un gruppo suprematisti bianchi, l'afroamericana Mamie Till Mobley lottò per ottenere giustizia, contribuendo alla creazione del movimento per i diritti civili.
Il volto della 33enne Mamie Till Bradley riempie lo schermo. Sorride e canta in playback Sincerely del trio The McGuire Sisters mentre è alla guida della sua macchina. Sul sedile del passeggero, Emmett Till, 14 anni, sta al gioco canticchiando anche lui. I due si divertono molto. Emmett si esibisce da solo, mentre Mamie ride e continua a guidare. Improvvisamente, mentre guarda suo figlio, pieno di [...] Vai alla recensione »
Alla fine degli anni '50 un fatto di cronaca nera sconvolse lo stato del Mississippi e aprì gli occhi dell'opinione pubblica sui maltrattamenti e le terribili ingiustizie civili ancora subite dagli afroamericani negli Stati Uniti. Emmett Louis "Bobo" Till è un ragazzo afroamericano vivace ed espansivo nato a Chicago. A14 anni sua madre, Mamie Till Mobley, lo manda dai suoi cugini a Money, un piccolo [...] Vai alla recensione »
Nell'estate del 1957 il quattordicenne Emmett "Bobo" Till (Jalyn Hall) viaggia da Chicago al Mississippi per trascorrere le vacanze con i parenti. Da Money il giovane non farà però mai ritorno da vivo e la madre Mamie Mobley (Danielle Deadwyler), lotterà allora per mostrare al mondo quale atrocità è stata commessa e avere così giustizia. Potrebbe essere una delle tante, tristi vicende accadute durante [...] Vai alla recensione »
Tra le fotografie che, prima ancora di documentarla, fecero la Storia, c'è quella del cadavere orrendamente mutilato di Emmett Till, il quattordicenne afromericano rapito, torturato e ucciso il 28 agosto 1955 a Money, in Mississippi, per aver scherzosamente rivolto la parola a una donna bianca proprietaria di un emporio. Scattata a Chicago poco prima del funerale a porte e bara aperte, venne pubblicata [...] Vai alla recensione »