Anno | 2022 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Azerbaidzhan, Italia, Francia, Iran |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Tahmina Rafaella |
Attori | Tahmina Rafaella, Melek Abbaszadeh, Zaur Shafiyev . |
MYmonetro | 2,97 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 1 settembre 2022
Una donna lotta per impedire che il marito ottenga la custodia del figlio.
CONSIGLIATO SÌ
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Nel 2020 si infiamma ancora una volta lo storico conflitto tra Armenia e Azerbaigian per l'area del Nagorno-Karabakh. Banu perde all'improvviso il figlio piccolo, portato via dal padre con il quale la donna è nel mezzo di un complicato divorzio. Banu cerca supporto e testimoni che possano aiutarla in tribunale, ma ai dissidi privati si aggiunge il clima d'angoscia per la guerra che pervade tutta Baku, capitale dell'Azerbaigian.
Sembra non perdere mai di vista la sua protagonista, Banu, che non a caso da lei prende il nome.
La donna è interpretata dalla regista Tahmina Rafaella (nata in Azerbaigian ma cresciuta in Canada) e il film la inchioda in un'inquadratura fissa d'apertura mentre illustra il suo dilemma: l'assenza del figlio non è un vero rapimento perché i genitori sono ancora sposati, e una storia che già sarebbe invisibile al sistema burocratico azero diventa ancor più irrilevante mentre l'intero paese si concentra sulla fine del conflitto con l'Armenia. La vicenda di Banu diventa quindi una chiave di lettura per lo spaccato sociale di un paese in fermento, impegnato a indottrinare le nuove generazioni sulle cause giuste della guerra mentre dall'interno espone tutto il sessismo e il senso di impunità su cui la sua società è costruita. "In tempo di guerra bisogna perdere qualcosa per ottenere qualcosa" viene detto a Badu, figura femminile che affronta le difficoltà con coraggio e sembra chiedersi quanto la guerra sia una mera occasione per sminuire richieste scomode come le sue. È un cinema di modesta esplorazione sociale, più dalle parti di un Asghar Farhadi che di un connazionale come Hilal Baydarov (che negli ultimi anni ha messo in mostra una poetica di grande atmosfera). Lineare e a tratti didascalico, il lavoro di Tahmina Rafaella trova comunque un interesse per come documenta il periodo storico del paese, con saltuarie ma intriganti finestre sulla psicologia collettiva e patriottica di un popolo che raramente arrivano agli occhi di un pubblico internazionale.
Il film inizia con un primo piano sul volto preoccupato della protagonista, Banu, che è anche il titolo. Una scelta voluta e forzata della regista/attrice che sin dalle prime scene lancia il suo forte e deciso messaggio alla platea che manifesta una donna che si fa storia, che da protagonista diventa la figura di interesse per tutta la durata del film.
Baku, autunno 2020. Mentre, in seguito a una nuova recrudescenza, la guerra tra Armenia e Azerbaigian per il controllo della contesa regione del Nagorno-Karabakh continua a mietere vittime al di là dei successi militari della parte azera, la giovane Banu fatica a gestire la separazione dal possessivo e violento marito Javid, soprattutto per la spinosa questione dell'affidamento del piccolo figlio Ruslan... [...] Vai alla recensione »
Mentre lo schermo è ancora nero una speaker aggiorna gli ascoltatori sugli sviluppi del conflitto tra Azerbaijan e Armenia per il controllo del Nagorno Karabakh. Da qui si passa alla prima scena del film: la protagonista Banu, giovane donna in procinto di divorziare, cerca di spiegare a un recalcitrante poliziotto perché il fatto che il suo quasi ex-marito abbia portato via suo figlio senza il suo [...] Vai alla recensione »
Regista, attrice, produttrice, Tahmina Rafaella, dopo il cortometraggio A Woman (2020) torna a parlare, in un lungometraggio, con coraggio, schiettezza e senza fronzoli della condizione della donna in Azerbaigian. Sullo sfondo del secondo conflitto nazionalista dell'Azerbaigian in guerra per annettere la regione asiatica del Nagorno-Karabakh, dove il patriottismo è una religione e i martiri sono venerati [...] Vai alla recensione »