Il ritratto di Madame Claude, a capo di una rete francese di ragazze squillo negli Anni Sessanta. Disponibile su Netflix.
di Marzia Gandolfi
Parigi, 1968. Fernande Grudet, per tutti Madame Claude, regna sovrana su un esercito di trecento fanciulle che recluta, forma al mestiere e prostituisce a tariffe accessibili soltanto a uomini facoltosi, colti ma non esenti da perversioni. Più di qualsiasi altra cosa, Madame Claude ama il denaro. È abituata al lusso e alle richieste eccentriche dei suoi clienti, che spesso si spingono al di là dei confini del lecito. Sono uomini senza volto ma dal portafoglio esagerato per pagare capricci e fantasie. Dietro di loro lasciano ragazze sfigurate, o coperte di lividi, e una borsa di banconote, il prezzo del loro martirio. Nata proletaria e provinciale, Fernande Grudet si sogna borghese e parigina, abbandonando la figlia e tentando con successo la scalata sociale. Ma l'affaire Markovi?, una sordida storia criminale che allestisce un complotto politico destinato a coinvolgere anche il futuro presidente Georges Pompidou, sconvolgerà il suo commercio fino alla caduta (per frode fiscale), al carcere e ritorno. Il ritorno a una vita dimessa a Nizza, dove finirà i suoi giorni da sola.
Non è la prima volta che il cinema francese prova a fare un 'ritratto' di "Madame Claude", mère maquerelle (pappona) della V Repubblica, senza afferrare veramente mai la complessità del suo personaggio. Dopo quello glamour di Just Jaeckin (Madame Claude, 1977), è la volta di Sylvie Verheyde che la coglie in piena ascensione alla fine degli anni Sessanta.