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Tutte le influenze di Anton Cechov e della letteratura russa in Scompartimento n.6

Da 'La corsia n. 6' a 'La fidanzata', 'Tre sorelle', 'Il dottor Zivago' e 'Anna Karenina,' c’è un legame profondo tra il film del finlandese Juho Kuosmanen e il teatro e la letteratura russa. A cominciare dal tema del viaggio. Dal 2 dicembre al cinema. 
di Simone Emiliani

Scompartimento n.6

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giovedì 18 novembre 2021 - Focus

È tratto dal romanzo omonimo di Rosa Liksom ma in Scompartimento n. 6, Gran Premio della Giuria al 74esimo Festival di Cannes, c’è l’ombra di Anton Cechov e della letteratura russa. Già il titolo richiama un racconto dello scrittore e drammaturgo russo, "La corsia n. 6", scritto nel 1892. Si passa dal reparto di un ospedale di provincia allo scompartimento di un treno. Si respira però la stessa atmosfera di decadenza, nostalgia del passato e di morte.

Nel treno viaggiano una ragazza diretta da Mosca al sito archeologico di Murmansk alla ricerca dei petroglifi e un minatore completamente diverso da lei. Hanno un carattere diametralmente opposto e non hanno nulla da condividere. Durante il tragitto la distanza tra i ‘compagni di viaggio’ diminuisce sempre di più. Una sosta li avvicina sempre di più e si ritroveranno immersi in un paesaggio innevato da dove arriva uno degli scambi più fulminanti del film”. “L’hai visto Titanic?” – “Anche noi moriremo presto?”. In "La corsia n. 6" diventa molto stretto il rapporto tra il medico e il filosofo afflitto da manie di persecuzione. In entrambi i casi, ci si trova davanti a personaggi diversissimi tra loro che, nell’economia del racconto, non possono fare a meno l’uno dell’altro. Anzi, si alimentano a vicenda e si crea un rapporto di sottile e necessaria dipendenza.

Il film del cineasta finlandese Juho Kuosmanen sembra firmato da un regista russo. S’impregna infatti delle sue atmosfere, dei suoi paesaggi, dei suoi personaggi letterari che vanno incontro al proprio destino. Dopo La vera storia di Olli Mäki, il regista realizza un altro viaggio. Quello precedente era attraverso il tempo. Questo invece è una specie di percorso on the road. Da Mosca a San Pietroburgo fino alla tappa finale di Murmansk. C’è la notte, il gelo, la neve. Ma soprattutto la necessità di raccontare la vicenda mentre accade, di scoprire i personaggi: le loro paure, emozioni, desideri. Cechov lo faceva attraverso la scrittura, Laura con la sua telecamera che è, insieme, il suo blocco per gli appunti e il diario privato.Nei video che ha registrato rimbalza ancora l’eco della sua vita a Mosca: risate, gente, festicciole, appartamenti e musica. Sono gli stessi suoni e voci che, sensorialmente, potrebbero arrivare anche dallo Zio Vanja o Il giardino dei ciliegi. Sono voci presenti e, contemporaneamente, echi lontani.

Oltre ai riferimenti diretti, sono proprio le atmosfere del teatro e della letteratura di Cechov ad essere dentro ogni inquadratura. Negli sguardi, negli occhi, nei silenzi. L’irrequietezza sentimentale e l’infelicità di Laura richiama anche l’angoscia d cui era assalita Nadja in "La fidanzata", un racconto del 1903, ma anche di Maša e Irina in "Tre sorelle", il dramma teatrale scritto nel 1900. In quest’ultimo caso Mosca diventa la meta desiderata per scappare alla monotona vita di provincia. Per Laura invece c’è, forse, il desiderio di una stabilità sentimentale ma anche la sua impossibilità.

Voyage voyage, il brano del cantante francese Desireless, che ritorna nel corso del film, segna in modo netto il nomadismo della protagonista così come quello delle figure femminili di ?echov, chiuse nella loro provincia e nella loro proprietà ma che con la testa e il cuore sono da tutt’altra parte.

Il treno è al centro di un altro racconto dello scrittore, "Il viaggiatore di prima classe", del 1886. Due passeggeri, che non si conoscono, viaggiano in un vagone di prima classe. Non c’è la diffidenza e il fastidio che si percepisce, inizialmente, nel rapporto tra Vadim e Laura. Emerge al contrario un’apparente cordialità ma alla fine resta la distanza tra i personaggi.

Kuosmanen, probabilmente, ha catturato anche frammenti da Tolstoj in "Anna Karenina". Lì il treno ha un ruolo fondamentale. Non c’è l’epilogo tragico, ma il film condivide anche l’impeto di un amore appassionato, forse non corrisposto. La tragicità è più sfumata. Laura, rispetto ad Anna, guarda avanti in quell’auto che la porta in un altro viaggio senza meta. Quegli stessi viaggi che nella letteratura russa possono durare un attimo o anche essere infiniti, da quello di Il dottor Zivago di Boris Pasternak a un altro racconto di Cechov del 1888, La steppa, in cui emerge soprattutto la percezione soggettiva del paesaggio. In ogni caso bisogna tornare all’inizio di Scompartimento n. 6 per rintracciare i legami più o meno diretti con i romanzi russi. Durante la serata festosa nell’appartamento di Mosca, viene fatto un gioco dove bisogna indovinare il titolo del libro basandosi su alcuni frammenti del testo. Il primo romanzo dichiaratamente citato è "Chapaev e il vuoto" di Victor Pelevin. Nel film di Kuosmanen questa sfida potrebbe andare avanti anche a oltranza.


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