Tango con Putin

Piazza Rossa, Mosca, 2008: il presidente Vladimir Putin, già Presidente della Federazione Russa per due mandati consecutivi, dal 1999 al 2008, presenta in pubblico come candidato del suo partito Dmytri Medvedev, che verrà eletto e lo nominerà capo del governo. A Natasha Sindeeva, energica dirigente di una radio musicale moscovita, esponente dell'alta società, quello sembra il momento adatto per lanciarsi in una nuova impresa commerciale: aprire una tv di news indipendente, diversa dalle altre, tutte sotto il controllo dello Stato. Moglie dell'investitore russo Alexander Vinokurov, Natasha fonda quindi Dozhd TV come organo di informazione alternativa e libera.

Tra le prime persone coinvolte nella creazione della redazione c'è la produttrice e documentarista Vera Krichevskaya, che in Tango con Putin è occhio dietro la macchina da presa, parte in causa e voce narrante: fin dall'inizio Krichevskaya è coinvolta nel progetto e ne filma l'evoluzione.

Fino all'inizio del 2022, quando il Ministero della giustizia russo classifica Dozhd come "agente straniero" e la redazione è costretta a trasferirsi a Riga, in Lettonia, e a trasmettere dalla più grande piattaforma video al mondo.

Il titolo originale di Tango con Putin - F@ck This Job, cioè Adventures in Russian Journalism e la citazione di Jim Morrison con cui si apre ("chiunque controlla i media, controlla le menti") anticipano il taglio disinvolto e pop del documentario, come anche le didascalie, che introducono gli intervistati, per lo più giornalisti e impiegati di Dozhd TV, lanciata in onda nell'aprile 2010. Ma il tratto che più caratterizza questa tormentata e paradossale cronistoria del canale è l'istrionico spirito imprenditoriale della fondatrice (la cui passione per la danza connota il titolo italiano), insieme ai toni disillusi del marito finanziatore e della regista.

Alla lettera Dozhd significa "pioggia" ma nell'idea di Natasha, al momento dell'elezione di Medvedev estranea alla politica e fiduciosa nella rinascita economica nazionale, dovrebbe essere "il canale dell'ottimismo", anche cromaticamente veicolato dal rosa. Scelta estetica da cui la regista si dissocia subito ("il nome più adatto sarebbe stato: il canale dell'avventura", dice). Gli sviluppi della politica nazionale, dal 2008 in poi, invece saranno sempre più tetri e scoraggianti e Natasha, carattere irriducibile e passionale, si esporrà in prima persona per ingaggiare quell'inaspettato "tango" con il capo del Cremlino e difendere con ogni mezzo la sua impresa. Una voce non governativa, eccezionale e costosa, che, tra minacce e attacchi informatici, cercherà di tenere aperta.

Da un punto di vista giornalistico il film è un utile ripasso dell'implacabile escalation del regime putiniano: nel silenzio delle altre emittenti Dozhd TV non solo trasmette le immagini delle bombe all'aeroporto di Domodedovo, ma documenta anche le proteste di piazza per le forzature della Costituzione e i brogli elettorali, gli arresti, la repressione, l'inizio della guerra civile in Ucraina e dei combattimenti nel Donbass, l'opposizione di Boris Nemtsov (già profilato dalla regista in The Man Who Was Too Free), il ritrovamento del suo cadavere nel 2015, l'esposizione di Aleksei Navalny, le performance delle Pussy Riot, fino alle elezioni truffa del 2018. Nel farlo, osserva le difficoltà pratiche di un gruppo di lavoro unito e coeso come può esserlo una minoranza minacciata, testimone impotente di violenze e censura. Il cui stile di conduzione un po' goffo e ingessato si trasforma via via in un approccio più immediato, mediato da inviati sul campo.

Il film segue le reazioni individuali alla progressiva limitazione delle libertà di espressione e la domanda angosciante sulla possibilità stessa di una Russia libera. Eterogeneo nelle fonti, dall'andamento un po' disperso in diversi filoni narrativi, un reportage molto istruttivo. In anteprima italiana a Pordenone Docs 2022 - Le voci dell'inchiesta. 