Anno | 2020 |
Genere | Drammatico |
Produzione | India |
Durata | 127 minuti |
Regia di | Chaitanya Tamhane |
Attori | Aditya Modak, Arun Dravid, Sumitra Bhave, Deepika Bhide Bhagwat, Kiran Yadnyopavit Abhishek Kale, Neela Khedkar, Makarand Mukund, Kristy Banerjee, Prasad Vanarse. |
Tag | Da vedere 2020 |
MYmonetro | 3,19 su 14 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 6 maggio 2021
Sharad Nerulkar vive a Mumbai e sogna di diventare celebre nel mondo della musica classica Hindustani. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Spirit Awards,
CONSIGLIATO SÌ
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Sharad Nerulkar ha scelto di dedicare la propria vita allo studio della musica classica dell'Indostan, rinunciando a prospettive professionali più remunerative. La via verso la perfezione artistica però è lunga e tortuosa: lungo il cammino Sharad si scontrerà con le esigenze quotidiane della vita e con delle delusioni che lo indurranno a riflettere.
Per alcuni minuti non ascoltiamo che musica, sotto forma di un raga iterativo che lascia spazio all'esecuzione di un khayal intenso e ricco di sfumature.
Solo dopo arriverà il dialogo, a interrompere la cappa di misticismo che avvolge la ricerca spirituale di Sharad. I raga (tappeti armonici) e i khayal (le parti vocali) sono due elementi fondamentali della composizione della musica classica dell'India settentrionale, quella tradizione Alwar in cui Sharad e il suo anziano guru credono così fermamente. A sei anni dal debutto di Court - Leone del futuro alla Mostra di Venezia - il regista Chaitanya Tamhane porta a termine la lunga gestazione - che ha coinvolto anche il regista di Roma Alfonso Cuaron - di un'opera ambiziosa, coinvolgendoci in quello che sembra un viaggio di iniziazione spirituale e si trasforma a poco a poco in coraggiosa autoanalisi. Sharad è ossessionato dall'obiettivo che si è posto nella vita, primeggiare nella tradizione musicale insegnata dal suo guru: tutto intorno a lui diviene agevolazione o ostacolo di questo cammino interiore. Ad ogni spostamento in moto corrispondono altrettanti ascolti illuminanti delle registrazioni clandestine dei raga di Maaji, maestra dell'attuale guida di Sharad e figura mitica della musica classica indiana, che si è rifiutata pervicacemente di registrare su nastro testimonianze della propria arte. Tamhane trasforma il mito del viaggio dell'eroe in una prosaica accettazione dei propri limiti in una Mumbai caotica e ostile, che dà poca importanza alla tradizione e rende la devozione di Sharad sempre più simile a una donchisciottesca sfida ai mulini a vento.
Ma quella combattuta dal protagonista è una battaglia della fede nella tradizione contro l'ignoranza del presente, o è solo la narcisistica e onanistica ricerca di un riconoscimento individuale? Tamhane non fornisce risposte autoevidenti, ma dispone gli elementi del racconto su tre distinti piani temporali, rimbalzando tra l'uno e l'altro: l'infanzia di Sharad, alle prese con un padre che gli trasmette il "tarlo" della passione per la musica classica dell'Indostan, la sua gioventù intrisa di devozione e l'amarezza della mezza età, il momento in cui si tirano le somme sull'esistenza e sulle opportunità mancate. Lo stile del regista di Court è riconoscibile nella predilezione per le scene corali, in cui il protagonista si trova a confronto con una maggioranza silenziosa e spesso ostile - là erano le aule dei tribunali, in The Disciple il pubblico dei concerti -, ma nella sua opera seconda Tamhane infonde nuove ambizioni al proprio linguaggio, donando una nuova spazialità alle inquadrature e raggiungendo esiti ragguardevoli nella commistione di musica e immagini. La suggestione tipica del sogno americano, secondo cui ad attendere colui che ha fede c'è l'inesorabile gratificazione finale, è abilmente rimessa in discussione dal percorso di Sharad. A contare non è il compimento dell'esito atteso; è ciò che Sharad apprende di se stesso, trasformando gli incidenti di percorso in altrettante lezioni di vita.
Sharad Nerulkar digitalizza i corsi di Maadi, musa e cantrice di raga che insegnò quell' arte al padre del protagonista, ambizioso nel consacrare la musica classica indiana ma privo di talento. Morale: due ore di vocalizzi sfiancanti, mandolini strimpellanti, voce narrante, mentre Sharad attraversa Mumbai in moto e altre inutilità erotiche e non solo, tutte sottotitolate.
Bisogna ringraziare Netflix se si può vedere anche in Italia, sempre che interessi, ma dovrebbe, perché è davvero bello, il film indiano "The Disciple", vincitore di un meritato premio per la migliore sceneggiatura alla Mostra di Venezia 2020. Porta la firma del giovane Chaitanya Tamhane, classe 1987. Ricordo che parecchi colleghi si assopirono al Lido durante i 128 minuti della proiezione e certo [...] Vai alla recensione »
La distanza temporale, geografica e culturale che separa il pubblico occidentale dal khyal, l'antica musica sacra indiana al centro di The Disciple, è racchiusa nei gesti misteriosi e imperscrutabili dei musicisti che la eseguono, perduti in uno stato di concentrazione che segue ritmi inaccessibili ai più. Chaitanya Tamhane, regista indiano al secondo film dopo Court, vincitore nel 2014 della sezione [...] Vai alla recensione »
Non è per sciovinismo o per cieco amor di tradizione che The Disciple - nuova immersione nel mondo della musica indiana per Chaitanya Tamhane, ma questa volta senza il côté legal thriller del precedente Court - fa risuonare quasi ininterrotte per le sue oltre due ore di durata le antichissime, avviluppanti armonie dell'Indostan, e le contrappone allo stridore delle sue derivazioni pop.
Sulle orme del padre e del suo guru, Sharad consacra la propria vita alla tradizione millenaria della musica classica indiana. È la cronaca di una sconfitta, la lotta di un antieroe che si confronta con i propri limiti e la caduta dei suoi idoli, lungo un percorso ascetico e totalizzante, alla ricerca di una perfezione artistica che sfiori il divino.
Dopo il felice esordio con Court, tenuto a battesimo sei anni fa proprio dalla Mostra di Venezia, il giovane regista indiano Chaitanya Tamhane è tornato con un secondo film che ne mette ulteriormente in evidenza il talento. Attento osservatore della società del suo paese, raccontata lasciandosi trasportare dalla curiosità tanto per le sue mistiche bellezze e per il suo ricco patrimonio culturale, ma [...] Vai alla recensione »
Appare per ora come il miglior film in Concorso "The disciple" dell'indiano Chaitanya Tamhan, che racconta la storia di un discepolo che disperatamente tenta di diventare un interprete di musica tradizionale, non accettando serenamente di non avere quel talento che si augurava. La storia di Sharad racconta dunque un fallimento, accettato infine nel modo più plateale, mentre il regista si interroga [...] Vai alla recensione »
Appare per ora come il miglior film in Concorso The disciple dell' indiano Chaitanya Tamhan, che racconta la storia di un discepolo che tenta di diventare un interprete di musica tradizionale, non accettando di essere poco dotato. La storia di Sharad racconta un fallimento, mentre il regista si interroga anche sul passato dell' India e quella di oggi, usando la musica.
Sharad Nerulkar (Aditya Modak) è un giovane musicista. Iniziato dal padre fin dalla più tenera età al culto di una tradizione millenaria e inaccessibile, il ragazzo tenta di schiudere il mistero che si cela sotto la superficie di un'arte apparentemente eterna. Guidato dalle parole del proprio mentore spirituale e canoro, egli peregrina per la Mombai contemporanea a bordo del suo scooter, inseguendo [...] Vai alla recensione »
Cinema indiano e musica, spesso un connubio indissolubile. Ce lo spiegava bene nel 1984 Utpalendu Chakraborty nel documentario Music of Satyajit Ray, quando mostrava il maestro al lavoro sul sintetizzatore, mentre componeva le colonne sonore dei suoi film. Lo stesso Ray in Jalsaghar del 1958 raccontava di una serie di esibizioni legate alla musica classica all'interno del palazzo di un potente.
Sarà distribuito in Italia? Improbabile. È bello? Sì, molto. Ci vuole orecchio, come cantava Jannacci, almeno un po', per farsi catturare anima e corpo dal primo film importante in concorso a Venezia. Il film è l'indiano "The Disciple", Il discepolo, e il regista è Chaitanya Tamhane - duro da leggere, lo so! - già premiato a Venezia a "Orizzonti" e per l'opera prima, così talentuoso che Alfonso Cuaròn [...] Vai alla recensione »
La tradizione è fatta di riti, storie, persone e percorsi, quella linea dove si incrocia il passato con il presente, quando la memoria riaffiora nello sviluppo inedito di un destino ancora da scrivere. The Disciple, in concorso alla 77° Mostra del Cinema di Venezia, segue la scia sonora della musica classica indiana, uno spartito ideale per descrivere la vita di Sharad Nerulkar, indottrinato dal padre [...] Vai alla recensione »
È un archivista, Sharad Nerulkar, protagonista di The Disciple. Converte su computer i nastri in cui la maestra di un'intera genia di musicisti classici indiani ha dispensato i suoi buoni consigli (lei che non ha mai voluto essere registrata durante le esecuzioni, preferendo che l'ascolto restasse solo nelle orecchie degli spettatori presenti), mantiene viva la memoria del padre - che proprio della [...] Vai alla recensione »