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Climbing Iran, la scalata dell'iraniana Nasim oltre tutti i pregiudizi

La storia di una giovane iraniana e delle sue difficoltà in patria per aprirsi una strada come free climber. Al cinema.
di Raffaella Giancristofaro

lunedì 22 novembre 2021 - Recensioni

Nasim Eshqi, iraniana, e Francesca Borghetti, italiana, si scrivono via chat dall’Iran all’Italia. Si sono messe in contatto dopo che Francesca ha letto di lei come l’unica donna capace di aprirsi delle vie sulle montagne dell’Iran. Francesca vorrebbe raccontare la storia di Nasim al mondo e per farlo si pone delle questioni di rappresentazione: può ritrarla senza velo? La risposta di Nasim è chiara: fuori dal suo Paese islamico, l’Iran, sì. E allora la regista attinge al suo repertorio di foto private, dalle quali si evince un percorso di evoluzione impervio e anticonformista. Nata nel 1982, a nove anni secondo la legge islamica ha dovuto mettersi il velo e coprire pelle e capelli. Quello è stato il discrimine, per lei e sua sorella, rispetto alla vita dei due fratelli maschi, che prima non avvertivano differenze con le sorelle.

Al classico racconto di emancipazione grazie all’opportunità di fare sport, Climbing Iran accosta una differenza di genere e una possibilità aperta dai social media, prima di tutto Instagram. 

Il film documenta le fasi di difficoltà di uno sport che si presta ad aperture metaforiche e filosofiche – aprirsi una via per poterla condividere con l’altro da sé, sconosciuto – e insieme sottolinea l’unicità di questo cammino transnazionale e transculturale.
 

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