Lo svelamento delle radici del male di una donna passano per un thriller coinvolgente. Al Milano Film Festival 2019.
di Emanuele Sacchi
Hunter è sposata con Richie, facoltoso manager che lavora nell'azienda del padre, e vive con lui in una villa lontana dalla metropoli. Apparentemente ha tutto, ma nessuno la considera come una persona, con dei bisogni e dei desideri propri. Intanto il picacismo da cui è affetta la induce a inghiottire oggetti sempre più pericolosi per il suo organismo.
Un film a due volti, quasi ingannevole nel suo svolgimento. Un primo atto destinato a sconvolgere e avvincere, contornando di punti interrogativi il personaggio di Hunter e il mondo che ruota intorno a lei; quindi un secondo atto in cui il ritmo cresce e il mistero viene svelato; e infine un terzo, che risolve la questione esplicitando sul piano etico e simbolico l'assunto di base dell'operazione.
Inutile dire che è il primo e ingannevole segmento a tenere lo spettatore incollato alla sedia, con un espediente antico ma efficace, che dimostra la qualità della regia di Carlo Mirabella-Davis e della fotografia di Katelin Arizmendi.