Una commovente mistura di registri, sintomo del miglior cinema italiano. A Roma FF14.
di Paola Casella
Per due anni Vinicio Marchioni ha effettuato le riprese dello spettacolo Uno zio Vanja tratto dalla pièce di Anton Cechov, adattandolo per la rappresentazione nella provincia italiana distrutta dai recenti terremoti. Il suo intento era "portare in scena le macerie" proprio "davanti a chi il terremoto l'ha subìto davvero", senza sapere quale sarebbe stata la reazione, né a che cosa esattamente sarebbe servito.
Ma Il terremoto di Vanja è molto di più di del resoconto di una tournée: è una riflessione sul dialogo che si è instaurato tra un autore contemporaneo e un maestro della tradizione, frutto di infinite letture (su edizioni economiche consumate dall'uso) dei racconti, dei testi teatrali, delle lettere dello scrittore russo, i cui brani nel film sono recitati dalla voce di Toni Servillo.
Ed è una storia di resistenza: quella dei terremotati, che raccontano il momento in cui la loro vita si è "spezzata in due", e di un gruppo di teatranti che non cede al degrado culturale che lo circonda, anche se significa andare in scena con il trucco fatto con il bianchetto.