Gli ultimi a vederli vivere

Film 2019 | Drammatico 79 min.

Regia di Sara Summa. Un film con Canio Lancellotti, Pasquale Lioi, Barbara Verrastro, Donatella Viola, Massimiliano Bossa. Cast completo Titolo internazionale: The Last to See Them. Genere Drammatico - Germania, 2019, durata 79 minuti. - MYmonetro 2,87 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento lunedì 11 febbraio 2019

Il dramma violento di una famiglia che va incontro ad un destino tragico.

Consigliato sì!
2,87/5
MYMOVIES 2,50
CRITICA
PUBBLICO 3,24
CONSIGLIATO SÌ
Un film impressionista ma elementare, composto da immagini luminose e parole nette.
Recensione di Roberto Manassero
lunedì 11 febbraio 2019
Recensione di Roberto Manassero
lunedì 11 febbraio 2019

La famiglia Durati vive in un casolare di campagna in una zona imprecisata del sud Italia. È la fine dell'estate e i due figli adolescenti, Dora e Matteo, sono impegnati nei preparativi per il matrimonio della sorella maggiore. Il padre Renzo manda avanti l'azienda agricola di famiglia, mentre la moglie Alice, da tempo malata, è in attesa di un'operazione risolutiva. Nessuno dei personaggi sa che questo è in realtà il loro ultimo giorno di vita: Renzo, Alice, Dora e Matteo saranno infatti uccisi nella loro abitazione durante la notte e ritrovati la mattina successiva.

Un giorno nella vita di una famiglia del sud Italia. Una tragedia che arriverà inaspettata. La normalità del quotidiano trasformata in quiete prima della tempesta.

Diretto dalla regista italiana Sara Summa e prodotto dall'Accademia di cinema e televisione tedesca, Gli ultimi a vederli vivere è un'immersione impressionista nelle atmosfere di un mondo ovattato, colorato dalle tinte uniformi della terra coltivata e segnato dalle tracce di strade che si srotolano fra aride colline. Un meridione senza precisi connotati geografici - nonostante il film sia girato in Basilicata - dove il casolare della famiglia protagonista si erge saldo e solitario.

A partire da un episodio drammatico dichiarato fin dall'inizio, il film conduce in una normalità sonnolenta che si appresta a essere bruscamente interrotta. Il tempo della quotidianità, tra faccende da sbrigare e abitudini familiari (una crostata da cucinare, uno scrigno in legno da costruire, una passeggiata a cavallo, un pranzo veloce e una cena tutti insieme...), osservato con la consapevolezza di ciò che avverrà, acquisisce una lentezza tragica e premonitrice. La stessa ripetizione di diverse scene da punti di vista opposti ribadisce il legame fra la soggettività dell'esperienza di ciascun personaggio e l'insignificanza delle singole situazioni, mai drammatiche o tese.

Lo sguardo del film sulla famiglia protagonista, composta da persone credenti e rispettosi dei ruoli acquisiti, è distante e insieme partecipe, sospeso tra un sistema di valori che grava sui personaggi (il padre preoccupato di trasmettere la terra ai figli, la figlia fidanzata con un ragazzo non religioso, il figlio che fuma di nascosto...) e un futuro di desideri che nessuna vedrà realizzati. Lo scarto intellettuale imposto dal racconto frustra ogni possibilità di immedesimazione o partecipazione e avvicina ogni scena al momento poi non mostrato della tragedia. Gli ultimi a vedere vivi i Durati sono così proprio gli spettatori, invitati a osservare un mondo nella sua placida normalità, ma spinti dalla sua tragica eccezionalità a soppesarne i tempi e le parole.

Un gioco anche affascinante ma tutto sommato gratuito, che la regista non conduce in maniera salda, vittima di in una scelta narrativa che priva il racconto di ogni libertà espressiva e di una messinscena estetizzante (non lontana dai toni e dai colori di Medeas di Andrea Pallaoro) in cui stona la recitazione impostata degli interpreti. Un film composto da elementi chiari - da immagini luminose e parole nette - ma in fondo elementare.

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