Titolo originale | Damsel |
Anno | 2018 |
Genere | Commedia, Drammatico, Western |
Produzione | USA |
Durata | 113 minuti |
Regia di | David Zellner, Nathan Zellner |
Attori | Robert Pattinson, Mia Wasikowska, David Zellner, Nathan Zellner, Joseph Billingiere Robert Forster, Morgan Lund, Ray Kelleher, Gabe Casdorph, David Wingo, Russell Mael, Gary Brookins, Landon Weeks, Larry Zeng, Sabrina Chappuis, Palmer Scott, Luana Zellner, Ronald Zellner, Deanna Milsap, Angela Summers, Fenton Quinn, Daisy (II). |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,42 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 23 maggio 2018
Un uomo d'affari parte per un lungo viaggio insidioso per raggiungere la donna che ama. Al Box Office Usa Damsel ha incassato 105 mila dollari .
CONSIGLIATO NÌ
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Samuel Alabaster, giovane uomo d'affari, si imbarca in un rischioso viaggio attraverso la frontiera del selvaggio west, determinato a portare in salvo la sua promessa sposa Penelope, rapita dal suo villaggio. Armato solo di un fucile e una chitarra, Samuel si addentra nelle terre degli indiani d'America scortato da un prete (presunto), incaricato di celebrare il matrimonio fra i due ragazzi, e da un prezioso cavallo nano, Butterscotch, che l'uomo vuole portare in dono alla fidanzata. Presto tuttavia la spedizione prenderà una piega inaspettata. Penelope, a quanto pare, non ha alcun bisogno di essere salvata.
Ribaltare le convenzioni di genere e del genere, giocare con gli archetipi (la damsel del titolo si riferisce alla "damsel in distress", la fanciulla in pericolo), in una parola: provocare. Hanno intenzioni nobili, i fratelli David e Nathan Zellner. Ma arrivano clamorosamente tardi. Perché ai tempi del #metoo, con un un copione così, il rischio è quello di ottenere l'effetto opposto: più che provocare, irritare.
È fuori tempo massimo l'eroina interpretata da Wasikowska (impeccabile, va detto, nel ruolo), fanciulla che non vuole essere salvata, protetta o consolata, che si prende quel che vuole come lo vuole, fuma la pipa, beve e spara: non è più una novità perché il canone è già stato superato da un pezzo, e sullo sguardo dei registi finisce per aleggiare un paternalismo sospetto, come se si trattasse di una generosa concessione alle necessità di una commedia che vorrebbe a tutti costi scombinare le carte in tavolo. Il problema è che sul tavolo - e figuriamoci: ormai persino su quello della conservatrice Hollywood - è cominciata un'altra partita. E ogni mano giocata dai fratelli Zellner suona polverosa, scombinata.
Se dunque Wasikowska non coglie nessuno alla sprovvista, nei panni della damsel in stress perfettamente autonoma e autogestita, altrettanto prevedibile è la caratterizzazione di Samuel Alabaster a metà tra il principe azzurro e lo stalker, fin troppo caricata da un Pattinson in vena di slapstick e smorfie. Non è un caso che a funzionare meglio sia il personaggio interpretato dal regista, il (finto) prete alcolizzato Henry: non solo è l'unico di cui conosciamo la storia e il passato, ma soprattutto è l'unico libero dalla necessità ossessiva degli sceneggiatori di staccarsi dagli archetipi della tradizione. Sue anche le sequenze migliori del film, il siparietto grottesco del prologo e il dialogo surreale con l'indiano, che vivono indipendentemente dal resto della pellicola e lasciano intuire la qualità più autentica - e valida - dell'umorismo lunare degli Zellner.
L'impressione è che i registi, pur partiti da premesse corrosive, abbiano smarrito la direzione generale, perdendo il controllo di un film che avrebbe potuto mirare meglio e più in alto. Allo script fiacco si accompagna infatti una certa sciatteria nella cura dei costumi e dei dettagli di scena (tutto troppo nuovo, lucido, stirato) e un ritmo disomogeneo, soprattutto nelle parti di commedia. Con siparietti gore e cadute di stile che un montaggio più lucido avrebbe dovuto, senza alcun timore, decurtare.