Frastuono

Film 2014 | Drammatico 81 min.

Regia di Davide Maldi, Lorenzo Maffucci, Nicola Ruganti. Un film con Iaui Tat Romero, Angelica Gallorini, Alice Bianconi, Lorenzo Fedi, Elia Zampini. Cast completo Genere Drammatico - Italia, 2014, durata 81 minuti. - MYmonetro 2,67 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 28 novembre 2014

Stonati o fuori sinc, Iaui e Angelica cercano un posto nel mondo, s'incrociano ma non s'incontrano, aspettano, si dibattono, scappano.

Consigliato nì!
2,67/5
MYMOVIES 2,00
CRITICA
PUBBLICO 3,33
CONSIGLIATO NÌ
Un esperimento che tenta l'anticonvenzionalità ma sacrifica troppo al trait d'union: la musica.
Recensione di Raffaella Giancristofaro
giovedì 27 novembre 2014
Recensione di Raffaella Giancristofaro
giovedì 27 novembre 2014

Iaul, adolescente, vive in una casa in mezzo ai boschi in una famiglia dallo stile di vita alternativo. Si isola nella sua stanza a mixare musica elettronica o si tuffa nella natura circostante. Porta le cuffie quasi sempre al collo, per avere quei ritmi ossessivi sempre con sé, anche nella scuola d'arte che frequenta a Pistoia senza apparente soddisfazione. Angelica, sua coetanea, è cantante e batterista di un quartetto punk rock. Riprende se stessa con qualsiasi mezzo, ed è sempre sola in una casa buia davanti al computer o in sala prove con gli altri.
La macchina da presa di volta in volta segue Iaut o Angelica (che vediamo anche rapidamente in immagini private della loro infanzia), in un'accumulazione di situazioni slegate tra di loro e prive di nessi spazio temporali, fino che i due si sfiorano per un istante a Berlino (lei col gruppo, lui solo) per poi dissolvere e procedere verso chissà quale futuro. L'obiettivo di Frastuono è filmare la giovinezza in modo anticonvenzionale: i tre registi hanno seguito a lungo alcuni "non attori" diciassettenni, in ascolto degli umori dell'età acerba, decidendo di privarsi quasi del tutto del dialogo. Il titolo dovrebbe indicare per antifrasi tutto ciò che nel film rimane compresso, non verbalizzato né agito. Per questo motivo si sceglie come trait d'union la musica: è lei a parlare, a nome degli interpreti. Ogni volta che la si performa (alla drum machine casalinga, alle prove in sala, in poche occasioni di palco, davanti a un obiettivo privato) si ostenta una pratica do it yourself, tra il dilettantistico e l'imbarazzato, che informa tutto il film.
E a quest'idea di musica si delega ogni funzione, sacrificando ad essa un'idea di cinema che non si limiti ad accumulare situazioni estemporanee slegate tra di loro e su cui il montaggio pare non poter operare più di tanto, senza un grado minimo di convinzione, dello sguardo e degli interpreti. Col risultato che quella radicalità che come spettatori di troppo cinema omologato saremmo felici di scoprire si ferma a uno stadio di afasia, introflessione, ripetizione autoreferenziale. Tra una sequenza e l'altra lo spettatore si perde, inciampando in diversi déjà vu da rito di passaggio (il taglio autopraticato dei capelli davanti allo specchio, dare fuoco a uno skateboard, ripetizione di testi cantati che tendono a un generico maledettismo). Non si permette mai allo spettatore non tanto di identificarsi con i vettori di questo ibrido, tra il saggio, il laboratorio e la videoinstallazione, ma almeno di ipotizzarne, intravederne le intenzioni (e neppure la loro mancanza).
Alcuni spunti suggestivi - l'imbarcazione di legno nel prato, le mille Angelica riprese in frame by frame, il clapping del gruppo da una ringhiera - non sembrano sufficienti a sostenere il ritmo di una forma di una narrazione lunga. Sembra che la direzione del film sia rimasta nella testa degli autori, proprio come la musica è motore misterioso ma poco condiviso della vita interiore dei suoi protagonisti.

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