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Meno male che Woody c'è

Parigi e Il sogno di mezzanotte.
di Pino Farinotti

In foto una scena del film diretto da Woody Allen, Midnight in Paris.
Rachel McAdams (45 anni) 17 novembre 1978, London (Canada) - Scorpione. Interpreta Inez nel film di Woody Allen Midnight in Paris.

lunedì 12 dicembre 2011 - Focus

Assumo la nota strofetta, sostituendone il soggetto: meno male che Woody c'è. La bella notizia è che Midnight in Paris ci sia, la buona novella è che sia in testa al box office. La gente ha gradito e, presumibilmente, capito. Non è così automatico il successo di Allen, che è per lo più "critico", raramente anche al botteghino. "Midnighit" è un collettore, una summa, felici: cultura e spettacolo combinati al meglio.
È opinione comune, in realtà è più di un'opinione è un fatto, che la Parigi degli anni Venti valesse Atene del quarto secolo avanti Cristo e Firenze del Rinascimento. Arte, cultura, politica, scienza: si progettava un restyling delle discipline. Con una differenza, Atene e Firenze erano il posto di culture proprie, quasi esclusive, mentre Parigi era la sede dell'intelligenza e dell'incanto del mondo. I nomi, molti, li fa Woody Allen nel suo Midnighit in Paris. Gil, il protagonista, è uno sceneggiatore hollywoodiano, dunque uno scrittore "di mestiere" che intende diventare romanziere, e questa è già in partenza un'indicazione di insoddisfazione. Poi scatta il sortilegio, Gil si ritrova negli ambienti di quella stagione. Gli si fa incontro Zelda Fitzgerald, poi arriva suo marito Scott, seduto al piano c'è Cole Porter che suona "Let's fall in love". E là in fondo, circondata da un capannello di uomini, Josephine Baker canta e balla la Conga. Gil, naturalmente è stravolto dal sogno. È dove avrebbe proprio sognato di essere, nella stagione dell'oro del secolo. Scott gli presenta Ernest (Hemingway, naturalmente) che sembrerebbe persino disposto a leggere il manoscritto di Gil. Non manca una visita a Gertrud Stein, protagonista del "salotto" che accoglieva tutte le leggende, e lì ci sono Picasso, Matisse, Belmonte il torero. La mattina Gil ritrova la fidanzata viziata e indisponente, e i futuri suoceri, insopportabili "repubblicani di destra" e tutto il quotidiano che ormai gli è intollerabile. A mezzanotte riparte il sogno e il rito. Arriva il taxi, sale e siede vicino a Thomas Eliot e poi ecco Dalì, Man Ray e Buñuel e tanti altri eroi. C'è anche Adriana, fascinosa seduttrice di tutti.

Mediocrità
Gil non se la sente più di accettare le mediocrità della sua epoca. Così decide: non tornerà più in America, resterà a Parigi, la città che più gli assomiglia. Rimarrà lì, solo. Il grande trucco di Allen è per lui magnificamente liberatorio. Agile e leggero è il racconto, e Woody ha la possibilità di sciogliere il suo sogno radicato, comunicare con quella gente che tanto lo ha segnato. Allen, come tutti noi - noi almeno che abbiamo letto "Il Grande Gatsby" e "Per chi suona la campana", visto e capito "Guernica" di Pablo e "Persistenza della memoria" di Salvador, e poi tutto il resto prodotto allora - tutti noi siamo figli di quella cultura e di quel sentimento. E Allen ritocca anche i caratteri secondo la sua attitudine. E così Hemingway, sempre in cerca di qualcuno con cui fare a pugni, diventa un tormentato ombroso e litigioso "hai mai guardato negli occhi un leone che stava per aggredirti, senza averne paura?" Domanda a Gil. E ancora "leggerò il tuo libro e comunque ti odierò, se non mi piace perché non sei bravo e se mi piace perché sei bravo." Gil parla con Buñuel: "voglio darti un'idea per un film, un gruppo di persone si trova a cena in una villa, ma quando tutti cercano di uscire e non ci riescono". "Perché?" domanda il giovane regista "perché una forza glielo impedisce" "Quale forza?" "Ma è una metafora, Luis:" "Quale metafora?" Così Buñuel riceve, inconsapevole, e certo ottuso, l'indicazione per il capolavoro che girerà alcuni decenni dopo, L'angelo sterminatore. Ma Woody ama troppo se stesso e la gente che vive adesso, così Gil incontra, al mercato delle pulci, una ragazza che vende musica e ascolta De-Lovely di Porter. Lei è dolce e "parigina", si scambiano qualche battuta e si incamminano sotto la pioggia. Il rimpianto di un passato che non c'è più viene così risolto e compensato. Anche il presente offre qualcosa di buono. Film felicissimo, Allen, a 76 anni, mantiene energia e incanto. E continua a soccorrerci.

Deterrente
Ecco, il punto è questo: il soccorso. Aggiungo un altro lemma: deterrente. Tutta quella magnifica incontenibile massa di memoria e di incanto, favola potente e anomala, ci permette di fronteggiare il nostro presente. Ho spesso omologato i due schermi, il piccolo e il grande, sempre di spettacolo, informazioni, racconti trattasi.
Allen propone Hemingway, Picasso, Porter, Eliot e gli altri. Il nostro quotidiano oppone Avetrana e Sara Scazzi, Garlasco e Alberto Stasi e poi Melania Rea e il (presunto) suo assassino e marito Salvatore Parolisi, e ancora poi Erika-che-fece-scempio-di-mamma-e fratellino, e poi Amanda Knox la detenuta-diva rincorsa dai media, e dai produttori del mondo, la povera adolescente Yara Gambirasio... Sono questi i nomi del cast, sono questi, vivi e morti, gli attori protagonisti che ci assediano ad ogni ora. Sappiamo. Salvo Sottile, nel trailer del suo "Quarto grado", guardandoti negli occhi, drammatico, quasi minaccioso, pieno di cattive promesse, ti dice: "Vi aspetto!" Io mi farò aspettare, non ci andrò. Non sono interessato a sollecitare il peggio del mio recondito. Qualche giorno fa Studio Aperto, il tg di Italia Uno ha mandato uno dopo l'altro questi servizi: Erika in libertà inseguita da tutte le emittenti e portata in zona protetta –anche dai curiosi, non solo dalle emittenti; Amanda Knox rintanatasi a Siattle, dove potrà vagliare le proposte del piccolo e grande schermo; Fabrizio Corona che deve dimostrare di avere un lavoro per non tornare in prigione, e Lapo che abbandona le macchine in mezzo alle vie bloccando rioni interi. Poi c'è l'inverosimile, radicato eterno grande fratello. Inutile parlarne male, lo fanno tutti da anni. Sappiamo. Ma adesso è stato inventato un artificio. Alfonso Signorini, che non dimentica mai di ricordare la sua laurea, attacca spietatamente quei ragazzi con dentro niente. Così il grande fratello, parlando male di se stesso si giustifica in una forma geniale di excusatio e di legittimazione al contrario: "guarda che ti avvertiamo, siamo spazzatura, fai attenzione, utente". Un trucco peggio della spazzatura.
Poi ci sono questi responsabili, animatori, conduttori, instancabili, tetragoni, sordi, senza cultura e stile, strapagati, maleducati e dannosi. Il dolo, il reato, è da quella parte, non dalla parte dei modelli raccontati, che fanno quello che sanno fare, che sono invertebrati d'acqua sporca e stanno nell'acqua sporca. Ma non esisterebbero senza chi li fa esistere. Certo Woody non basta a contrastarli, ma... meno male che c'è.

Intelligente
Poi c'è la fascia "intelligente". Ci sono le piazze, quella pulita di Formigli, quella di Santoro, e altre. Raccontano il nostro paese in chiave disperata, di insoddisfazione, magari di violenza implosa. Montano i servizi come il trailer di un film sulla mafia. Usano colonne sonore di Morricone (Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, per esempio), applicando l'efficacia e la suggestione dell'angoscia da fiction, al reale. Un surplus di paura non guasta mai. In questa fascia non si può ignorare Saviano, patogeno di altra paura, col suo teorema monocorde e reiterato che risparmia solo gli asili nido. In che Paese viviamo e cosa sia la nostra politica, tutta proprio tutta, lo sappiamo. Il disastro è lì e lo vediamo tutti. E certo l'angoscia è legittima e le rivendicazioni sono un dovere, ma vivaddio, che ci venga lasciato, qua e là, qualche spazio franco...e meno male che Woody c'è.

Numeri
Per l'informazione gli aggettivi negativi, anche i peggiori, possono essere rimescolati come i numeri del lotto, ne peschi uno e va bene. Le grandi testate, dello schermo e della carta non informano, come si dovrebbe, dando una notizia esatta, senza discrezionalità, ma raccontano secondo appartenenza. Anche questo lo sappiamo. L'intento è quello teleologico -dal greco télos (fine, scopo) e lógos (discorso, pensiero)- . A chi firma il pezzo non interessa dare la notizia oggettiva, ma vuole che tu la pensi come lui. E se non la pensi come lui, che è il titolare della verità, allora non vale, non vali, e devi essere ignorato, e se potesse farlo, il "maestro" ti rinchiuderebbe in un istituto tipo nido del cuculo. Certo, ogni idea è rispettabile, tranne quella che non ti lascia la libertà di avere un'altra idea. Ed è facile pensare a testate-tipo, opposte, le conosciamo. Basta ragionare in termini di maggioranza e opposizione. Nessuna verità, solo teleologia, solo politica, e ... meno male che Woody c'è.

Vorrei concludere alla maniera di Midnight in Paris, con una speranza sul presente, ma davvero non è facile reperire qualcosa. In attesa di un nuovo amore sotto la pioggia, finisce che nel presente ti rimane ancora Woody Allen che ti racconta il passato.

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