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La bocca del lupo: il senso del vedere

Marcello registra il cambiamento di Genova, privilegiando lo stile lirico.
di Marianna Cappi

La sinfonia di una città

lunedì 8 febbraio 2010 - Approfondimenti

La sinfonia di una città
I dittatori commissionano la documentazione delle grandi opere, delle metropoli su cui tengono le mani vogliono che si canti il risveglio, la magnificenza; i poeti, al contrario, guardano all'ombra delle statue, alle piazze deserte e metafisiche, e guardano al miracolo della (ir)realtà "con un terrore di ubriaco", per dirla con il genovese Eugenio Montale. Non c'è dubbio che Pietro Marcello sia un giovane poeta e che il suo La bocca del lupo , premiato a Torino e a giorni nel cartellone Festival di Berlino nell'anno del suo sessantesimo compleanno, sia la sinfonia di una città, Genova, a metà tra reportage e romanzo.
Ricorrendo alle immagini d'epoca dei cineamatori, Marcello inscena il suo requiem per la Genova che fu sinonimo di modernità e di potenza marittima, terra natale di Cristoforo Colombo, ma anche della prima pellicola cinematografica di produzione industriale italiana (Ferrania). Quindi attraversa la memoria filmica della città, che alla dimensione storica, monumentale e portuale, preferisce da sempre quella operaia, popolare ma anche e soprattutto la Genova "a mano armata", dei banditi e dei fuorilegge. Non gli servono gli spezzoni dei film per farlo, così come non gli serve la musica di De André perché a noi paia di sentirla. Il regista lavora sul potere evocativo del montaggio, sulle immagini che da sole parlano anche d'altro, sulla luce di quelle ore del giorno in cui la visibilità non è al massimo della nitidezza ma favorisce proprio per questo l'involarsi del pensiero, la fantasticheria, la malinconia.

In bilico tra componimento lirico e poesia spontanea della vita
Vincenzo Motta, detto Enzo, è uno di quei fuorilegge, un gangster, che una storia di malavita e sparatorie ha portato fuori e dentro di prigione. Non è un personaggio del cinema, eppure ora lo diventa, la sua esistenza è un dramma ma anche un melodramma. Pietro Marcello, incaricato dai gesuiti della Fondazione San Marcellino di farsi cantore degli ultimi della città, non l'ha incontrato subito, ma quando è successo, dopo mesi di ricerche, non ha trovato solo l'uomo giusto, ha trovato il suo film, il suo stile così particolare, tra componimento lirico e poesia spontanea della vita e delle cose del mondo.
La giuria FIPRESCI, alla 27esima edizione del Torino Film Festival, ci ha visto "senza dubbio la più grande storia d'amore del festival". L'autore ha affermato in qualche occasione di aver fatto un film sui marittimi scomparsi. Cinema poliziesco, d'amore e di avventura, dunque, ma anche documentario etno-antropologico, inchiesta gentile ma decisa a portare la luce su ciò che i media si preoccupano di tenere al buio dei vicoli. Un film importante, che risveglia il senso del vedere.

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