odiofarinotti
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mercoledì 19 novembre 2008
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un film che lascia il segno
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La domanda di oggi è: un film può cambiarti la vita? La perla del giorno è stato un film che ho visto oggi pomeriggio così per passare tempo e che invece ho scoperto un film rivelarsi che mi ha aperto gli occhi su molte cose, divertente e commovente. Un film che parla di malattia mentale, di cosa succede a persone che si rifugiano nella pazzia per scappare da un mondo che li rifuta e nn li vuole, e cosa fa lo stato per occuparsi di loro. Attore protagonista un Claudio Bisio con ottima capacità interpretativa e vitalità, lui ex sindacalista dalle idee troppo avanzate e costretto a dirigere una associazione di malati di mente liberati dalla legge Basaglia che chiude tutti i manicomi, impiegati in inutili attività lavorative.
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La domanda di oggi è: un film può cambiarti la vita? La perla del giorno è stato un film che ho visto oggi pomeriggio così per passare tempo e che invece ho scoperto un film rivelarsi che mi ha aperto gli occhi su molte cose, divertente e commovente. Un film che parla di malattia mentale, di cosa succede a persone che si rifugiano nella pazzia per scappare da un mondo che li rifuta e nn li vuole, e cosa fa lo stato per occuparsi di loro. Attore protagonista un Claudio Bisio con ottima capacità interpretativa e vitalità, lui ex sindacalista dalle idee troppo avanzate e costretto a dirigere una associazione di malati di mente liberati dalla legge Basaglia che chiude tutti i manicomi, impiegati in inutili attività lavorative. Lui trasforma dei poverini senza speranza in lavoratori e scopre in loro delle qualità che li fa ottenere incarichi importanti nella lavorazione dei palchè riuscendo a ottenenere un appalto importante persino in Francia e essere di esempio per altre comunità di emarginati di altre regioni. Il film tende a mettere in risalto l' intolleranza del nostro sistema e la tendenza a reprimere e a sedare con farmaci i problemi di chi è scomodo. La timidezza e il disagio nell affrontare il mondo lavorativo, la sfera dei rapporti umani, l' altro sesso, la vita nn sono problemi da "pazzi". Un film consigliato a tutti da vedere assolutamente, comico e divertente e nn angosciante o enfaticamente drammatico, come nella scena dove tutti si preparano per andare all incontro galante con delle ragazze di strada pagate niente poco di meno che dalla commissione Europea per beneficenza perchè la suddetta cooperativa si era distinta per i suoi meriti artistici nell impresa di palchè. Molto duro è lo scotto da pagare per le speranze del nostro amato sindacalista, ma il prezzo di una vita umana per la salvezza dell idea è un prezzo da accettare. Bisogna assumersi delle responsabilità per difendere le proprie idee... Del resto il film si ispira alla realtà nn è fantasia. Ci sono 30000 cooperative di ex-internati che svolgono attività utili e produttive e questo grazie alle persone che credono in quello che fanno. Lavorare il legno vale più di ogni psicoterapia o religione o farmaco del mondo e fare all amore idem. Nn bisogna dire al malato di mente: tu sei un malato, egli se ne convincerà.."La follia è una condizione umana" dichiarava Basaglia, psichiatra. "In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla"
Tutti siamo pazzi e irrazionali nelle nostre insicurezze, come nella paura di chiedere un appuntamento a una ragazza o nell ansia del primo giorno del proprio nuovo lavoro o della paura di nn farcela a un esame di scuola. Dobbiamo familiarizzare con la nostra pazzia.
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jack
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venerdì 14 novembre 2008
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da vedere.
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"Si può fare" un film in italia intelligente e divertente allo stesso tempo. "Si può fare" un film in Italia che pur non avendo l'ambizione autoriale di Sorrentino e Moretti riesca a coniugare qualità e quantità, a trasmettere emozioni, a colpire allo stomaco non tanto per i temi trattati quanto per il modo in cui essi vengono proposti o anche solo per le scelte registiche.
Claudio Bisio è una garanzia, forse uno degli attori più sottovalutati in Italia e anche uno di quelli a cui la sovraesposizione televisiva non "guasta" l'immagine cinematografica. Il resto del cast puntella egregiamente nei ruoli secondari la sceneggiatura, bravissimi anche tutti gli attori nei ruoli da disabili.
Il tema della malattia mentale è stato variamente declinato al cinema, dal patetico (i Am Sam, Forrest Gump, Rain Man) al poetico (Ivo il tardivo) al comico (il geniale ".
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"Si può fare" un film in italia intelligente e divertente allo stesso tempo. "Si può fare" un film in Italia che pur non avendo l'ambizione autoriale di Sorrentino e Moretti riesca a coniugare qualità e quantità, a trasmettere emozioni, a colpire allo stomaco non tanto per i temi trattati quanto per il modo in cui essi vengono proposti o anche solo per le scelte registiche.
Claudio Bisio è una garanzia, forse uno degli attori più sottovalutati in Italia e anche uno di quelli a cui la sovraesposizione televisiva non "guasta" l'immagine cinematografica. Il resto del cast puntella egregiamente nei ruoli secondari la sceneggiatura, bravissimi anche tutti gli attori nei ruoli da disabili.
Il tema della malattia mentale è stato variamente declinato al cinema, dal patetico (i Am Sam, Forrest Gump, Rain Man) al poetico (Ivo il tardivo) al comico (il geniale "...e fuori nevica" di Vincenzo Salemme) e in buona parte della filmografia di Milos Forman, in cui la pazzia e il genio sono due facce della stessa medaglia.
La particolarità ed il merito del film di Giulio Manfredonia (regista del simpatico "Se fossi in te") è quella di raccontare le cooperative sociali nate negli anni 80 in Italia che davano lavoro alle persone disabili e inventare la storia di una di queste. Si parla di un pezzo di storia del paese, la storia nascosta dai giornali e dai libri, fatta dalle persone, che non cambiano il corso degli eventi, ma che li subiscono e cercano di fare del loro meglio.
Inizio anni 80: in seguito alla legge 180 i manicomi sono aperti, i malati sono abbandonati a se stessi. La vecchia scuola di medici vuole tenerli in condizione di non nuocere a se stessi e agli altri, la nuova generazione crede in un approccio diverso, basato sul rispetto dell'individuo. Un sindacalista "problematico" viene messo a capo di una cooperativa di disabili mentali e decide di farli lavorare per davvero, abbandonando le attività da elemosina per restituire alle persone malate la loro dignità attraverso il lavoro.
Siamo forse abituati a inquadrare messaggi nei film e presto, durante la visione, si è portati a credere che il film parli delle capacità dei cosiddetti pazzi, della possibilità della loro integrazione e del rifiuto della società e della medicina di provare strade alternative alla sedazione.
Medico bigotto contro medico innovatore, pazzo geniale, pazzo artista, pazzo innamorato...si può pensare che sia tutto già visto.
Un film americano di questo genere può avere solo due finali: quello in cui tutto va bene, i matti si integrano e conducono un'esistenza normali, riscattati socialmente (modello "I Am Sam"). E quello in cui, nel momento migliore, accade l'imprevisto tragico impedisce un lieto fine, e si torna alla situazione di partenza (modello "Risvegli" o anche "Rain Man").
In questro caso finalmente si va oltre lo stereotipo e l'ultima parte del film ribalta la prospettiva e i ruoli,i personaggi diventano persone nel momento in cui le ideologie che li dividono si infrangono, tutte allo stesso modo, contro la realtà. Nè la tragedia nè l'integrazione sono il compimento del film, pur essendone parte. La linea di demarcazione tra malattia mentale e sanità purtroppo resta alla fine drammaticamente tracciata, nonostante il furbetto "tag" del film che "nessuno è normale visto da vicino", ma, come dice Nello/Bisio dopo il primo lavoro fallimentare della coopeativa: "Abbiamo sbagliato perchè abbiamo fatto", ed è meglio che non tentare per niente.
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lalli
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giovedì 6 novembre 2008
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"tu prova ad avere un mondo nel cuore ..."
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come commento a questo bel film lascio la meravigliosa canzone(anche se io la chiamo poesia) di De Andrè, e una dichiarazione di Basaglia...credo che basti...
«Tu prova ad avere un mondo nel cuore
e non riesci ad esprimerlo con le parole,
e la luce del giorno si divide la piazza
tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa,
e neppure la notte ti lascia da solo:
gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro
E sì, anche tu andresti a cercare
le parole sicure per farti ascoltare:
per stupire mezz'ora basta un libro di storia,
io cercai di imparare la Treccani a memoria,
e dopo maiale, Majakowsky, malfatto,
continuarono gli altri fino a leggermi matto.
E senza sapere a chi dovessi la vita
in un manicomio io l'ho restituita:
qui sulla collina dormo malvolentieri
eppure c'è luce ormai nei miei pensieri,
qui nella penombra ora invento parole
ma rimpiango una luce, la luce del sole.
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come commento a questo bel film lascio la meravigliosa canzone(anche se io la chiamo poesia) di De Andrè, e una dichiarazione di Basaglia...credo che basti...
«Tu prova ad avere un mondo nel cuore
e non riesci ad esprimerlo con le parole,
e la luce del giorno si divide la piazza
tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa,
e neppure la notte ti lascia da solo:
gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro
E sì, anche tu andresti a cercare
le parole sicure per farti ascoltare:
per stupire mezz'ora basta un libro di storia,
io cercai di imparare la Treccani a memoria,
e dopo maiale, Majakowsky, malfatto,
continuarono gli altri fino a leggermi matto.
E senza sapere a chi dovessi la vita
in un manicomio io l'ho restituita:
qui sulla collina dormo malvolentieri
eppure c'è luce ormai nei miei pensieri,
qui nella penombra ora invento parole
ma rimpiango una luce, la luce del sole.
Le mie ossa regalano ancora alla vita:
le regalano ancora erba fiorita.
Ma la vita è rimasta nelle voci in sordina
di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina;
di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia
"Una morte pietosa lo strappò alla pazzia".»
Un matto (dietro ogni scemo c’è villaggio), Fabrizio De Andrè
« Dal momento in cui oltrepassa il muro dell'internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale ([...]); viene immesso, cioè, in uno spazio che, originariamente nato per renderlo inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo paradossalmente costruito per il completo annientamento della sua individualità, come luogo della sua totale oggettivazione. Se la malattia mentale è, alla sua stessa origine, perdita dell'individualità, della libertà, nel manicomio il malato non trova altro che il luogo dove sarà definitivamente perduto, reso oggetto della malattia e del ritmo dell'internamento. L'assenza di ogni progetto, la perdita del futuro, l'essere costantemente in balia degli altri senza la minima spinta personale, l'aver scandita e organizzata la propria giornata su tempi dettati solo da esigenze organizzative che – proprio in quanto tali – non possono tenere conto del singolo individuo e delle particolari circostanze di ognuno: questo è lo schema istituzionalizzante su cui si articola la vita dell'asilo » (Basaglia)
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ciccio capozzi
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giovedì 6 novembre 2008
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i malati nascondono enormi energie creative
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“SI PUO’ FARE” di GIULIO MANFREDONIA; ITA, 08. Anni 80, Milano. Nello è un sindacalista esiliato in una cooperativa di malati mentali. Animato da spirito imprenditoriale e democratico, crea per sé e gli altri un lavoro vero, non assistenziale, tra incomprensioni e drammi. Il film, ispirato a più storie vere, poi condensate in una sola estremamente emblematica, ha una forte valenza civile, perché difende, contro ogni revisionismo autoritario filo-manicomiale, la Legge Basaglia, la famosa “180”, varata nel 78; così chiamata in onore di Franco Basaglia, il grande psichiatra che la teorizzò. Prevedeva l’abolizione del Manicomio coatto, e l’affidamento dei “matti” a servizi specializzati d’Igiene Mentale, che, tranne poche eccezioni, come queste contemplate nel film, non si sono mai seriamente voluti creare.
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“SI PUO’ FARE” di GIULIO MANFREDONIA; ITA, 08. Anni 80, Milano. Nello è un sindacalista esiliato in una cooperativa di malati mentali. Animato da spirito imprenditoriale e democratico, crea per sé e gli altri un lavoro vero, non assistenziale, tra incomprensioni e drammi. Il film, ispirato a più storie vere, poi condensate in una sola estremamente emblematica, ha una forte valenza civile, perché difende, contro ogni revisionismo autoritario filo-manicomiale, la Legge Basaglia, la famosa “180”, varata nel 78; così chiamata in onore di Franco Basaglia, il grande psichiatra che la teorizzò. Prevedeva l’abolizione del Manicomio coatto, e l’affidamento dei “matti” a servizi specializzati d’Igiene Mentale, che, tranne poche eccezioni, come queste contemplate nel film, non si sono mai seriamente voluti creare. Ma la bellezza del film è che non sposa in astratto una nobile causa, ma la cala in una riuscita storia corale, in cui l’illustrazione del disagio psichico, non edulcorato o macchiettistico, va di pari passo non solo con la riuscita individuazione di caratteri, ma anche con il comunicare delle vibrazioni sentimentali ed emotive non banali. La sceneggiatura, molto abile, di un giovane sceneggiatore molto attivo nel recente cinema a sfondo giovanile, Fabio Bonifacci, fa proprio nella sostanza un dato su cui ha riflettuto Eugenio Borgna, un altro grande psichiatra di scuola basagliana: che spesso i malati nascondono enormi energie creative che sono come “il crepuscolo nascosto” ricoperto dalla intensa sofferenza, che proprio la grande sensibilità ha attivato. Ed è dalla fantasia lasciata libera di questi pazienti che nasce la bellezza, unica, non omologabile, dei loro manufatti di parquet. Qui è tutto il film. Ma la conduzione registica è attenta a calibrare il dato spesso umoristico, con la grande leggerezza e rispetto di tocco, nel registrare i cambiamenti delle singole patologie. Il tutto in una vicenda che riesce a svilupparsi in modi credibili, allorché la coop si apre al mondo. Emerge ad esempio, in pochi ma efficacissimi tratti di sceneggiatura, senza enfasi strappalagrime, ma diritto al cuore, il dramma dell’oppressione familiare, che porta il povero Gigio al suo destino. Il regista ha trovato in Claudio Bisio il suo degno complice-protagonista. La sua interpretazione è assolutamente, genialmente in bilico tra senso degli affari, uso efficace delle democrazia praticata, cazzimma, cinismo e anche co-follia; come anche tra sensibilità e senso e rispetto della sofferenza, che egli impara a riconoscere, e lo matura. Ricostruita senza eccessi di retorica, pur se con povertà di mezzi, l’atmosfera della “Milano da bere” di quegli anni rampanti pre-tangentopoli.
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emiliano
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giovedì 5 febbraio 2009
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la follia come creazione? si può fare
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Si può fare, non è il ridondante spot del Partito Democratico, ma il titolo dell' ultimo film di Giulio Manfredonia. L'opera non ha una collocazione precisa nel palinsesto cinematografico;non la si può definire ne drammatica,ne una commedia o tanto meno una rappresentazione grottesca della realtà,è solo un'inusuale storia,ispiratrice di emozioni nascoste per chi la osserva.Si può fare racconta le vicende della Cooperativa 180 e del suo direttore,Claudio Bisio alias Nello, ex sindacalista di sinistra incaricato di prendersi cura di malati di mente perchè ritenuto troppo scomodo politicamente dal suo sindacato. Siamo agli inizi degli anni ottanta, ed i manicomi sono spazi contenimento fisico dove vengono attuati espirimenti disumani,avvalendosi sovente di nocenti metodi,quali elettroshock e malarioterapia.
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Si può fare, non è il ridondante spot del Partito Democratico, ma il titolo dell' ultimo film di Giulio Manfredonia. L'opera non ha una collocazione precisa nel palinsesto cinematografico;non la si può definire ne drammatica,ne una commedia o tanto meno una rappresentazione grottesca della realtà,è solo un'inusuale storia,ispiratrice di emozioni nascoste per chi la osserva.Si può fare racconta le vicende della Cooperativa 180 e del suo direttore,Claudio Bisio alias Nello, ex sindacalista di sinistra incaricato di prendersi cura di malati di mente perchè ritenuto troppo scomodo politicamente dal suo sindacato. Siamo agli inizi degli anni ottanta, ed i manicomi sono spazi contenimento fisico dove vengono attuati espirimenti disumani,avvalendosi sovente di nocenti metodi,quali elettroshock e malarioterapia. Grazie al coinvolgimento zelante di Nello e all' aiuto scientifico dell'alternativo medico psichiatra,il Dott. Furlan la Cooperativa 180 passa dall'incollare futili francobolli su delle buste aziendali, ad essere una delle associazioni più richieste nel settore della pavimentazione del legno. Claudio Bisio evoca il Dott. Adams interpretato da Robin Williams,assecondando le capacità dei suoi malati di mente, trattandoli come qualsiasi essere umano e rendendoli in grado di scegliere,sia per loro stessi sia per il gruppo a cui appartengono. La vittoria più sana e bella per Nello sarà il rifiuto democratico ad una sua proposta da parte della Cooperativa,dimostrazione che ognuno di loro ha la capacità di decidere per se stesso. La pellicola si prende fin dall'inizio l'arduo compito di giocare con quel sottile filo che divide la comicità dal dramma;neanche fosse un'quilibrista Manfredonia cammina su questo ipotetico filo con estrema sensibilità catturando il pubblico in quell'alone surreale dove il pianto ed il riso si celano a vicenda,quasi come se fossero la medesima cosa e non l' uno l' opposto dell'altro. La società purtroppo fatica a considerare la follia come condizione umana,proprio come lo è la ragione; frequentemente si incarica la scienza,o meglio la psichiatria di decodificare la follia in malattia,con lo scopo di eliminarla. Si può fare è la testimonianza che la follia di una persona non va curata ma assecondata,indirizzando nel miglio modo possibile le conseguenze che essa può produrre.
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antoinette
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venerdì 13 febbraio 2009
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commedia divertente ma che fà molto riflettere
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ho visto 2 sere fà il film" si può fare" al cineforum,è stato fantastico divertente ma nello stesso tempo drammatico in alcune situazioni.grande rispetto per gli operatori che svolgono questa assistenza ai malati e ammirazione.non avrei mai immaginato che esistessero delle cooperative come ci ha mostrato il film.mi dispiace che questo stupendo lavoro sia uscito in contemporanea con lo stupido "natale a rio"equindi non gli è stato dato il giusto spazio pubblicitario che è stato riservato al suddetto "sottoprodotto"della stupidità.penso però che le persone intelligenti ,che sono più di quanto si crede,abbiano reso il giusto merito al film "si può fare"
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houssy
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mercoledì 13 maggio 2009
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si può fare: ben svegliata italia
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Ogni tanto il cinema italiano esce dal letargo. Si scrolla di dosso la calda copertina che gli copre occhi, bocca e orecchie, annusa l'aria, riflette con calma e finalmente partorisce un film attuale, che tratta tematiche vere e concrete. Curioso che si debba arrivare a trattare il tema della malattia mentale, per far uscire il nostro cinema dalla letargia creativa che lo assilla, come a dire che ci vogliono dei matti per abbandonare l'eterna ricerca della felicità di coppia (tema dominante del nostro cinema e che da sempre paga) e dedicarsi a problemi veri, di gente vera. Si può fare è una scheggia impazzita, capace di scardinare da solo, con l'aiuto di tanta emozione e qualche lacrima, certezze e verità consolidate.
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Ogni tanto il cinema italiano esce dal letargo. Si scrolla di dosso la calda copertina che gli copre occhi, bocca e orecchie, annusa l'aria, riflette con calma e finalmente partorisce un film attuale, che tratta tematiche vere e concrete. Curioso che si debba arrivare a trattare il tema della malattia mentale, per far uscire il nostro cinema dalla letargia creativa che lo assilla, come a dire che ci vogliono dei matti per abbandonare l'eterna ricerca della felicità di coppia (tema dominante del nostro cinema e che da sempre paga) e dedicarsi a problemi veri, di gente vera. Si può fare è una scheggia impazzita, capace di scardinare da solo, con l'aiuto di tanta emozione e qualche lacrima, certezze e verità consolidate. Poco importa se a tratti sembra di essere ripiombati in Qualcuno volò sul nido del cuculo, a nulla serve indovinare lo svolgimento di una trama piuttosto telefonata, quello che contano sono le lacrime... Siamo sempre a questo punto, se il regista e gli attori coinvolti sono in grado di emozionare e commuovere, pur raccontando una storia banalotta e dal finale già scritto, allora il cinema ha vinto e questo basta. Se da un lato Claudio Bisio continua a regalare conferme del suo talento e della sua versatilità, un sentito applauso è da destinarsi a tutto il cast, capace di donare alla malattia mentale sfumature inedite, toccanti e mai caricaturali. Si può fare è tutto qui, in un gruppo motivato di interpreti che da corpo a sogni e bisogni di uomini e donne così uguali eppur così diversi da noi. Applausi a scena aperta dunque, per un cinema diverso, per una pellicola che per una volta, sa parlare al cuore e al cervello. Ben svegliata Italia, ora rimboccati le maniche, c'è tantissimo da fare e da raccontare.
LA SCENA CHE VALE IL FILM
Su tutte il finale, impossibile restare con gli occhi asciutti.
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olgadicom
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martedì 11 novembre 2008
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quando l'utopia si fa realtà
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SI PUO’ FARE di Giulio Manfredonia
con Claudio Bisio, Anita Caprioli, Giuseppe Battiston, Giulio Colangeli, ecc. ecc.
Che sorpresa alcuni film italiani di quest’anno! Forse siamo davvero sulla buona strada, con alcuni autori giovani e non, anche se sono quelli meno strombazzati nelle campagne pubblicitarie dei vari festival. I loro titoli, messi in sezioni di scarso rilievo o fuori concorso, diventano poi le vere rivelazioni della rassegna. Accade anche per il festival di Roma, che non brilla per qualità e punta molto su divismo e lustrini. Niente di più lontano che l’opera di Giulio Manfredonia, Si può fare. Ambientata negli anni ’80, riecheggia nel titolo espressioni che sono diventate molto usate e sentite di recente: penso agli slogan alla Veltroni o al recentissimo Yes, we can di Barak Obama.
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SI PUO’ FARE di Giulio Manfredonia
con Claudio Bisio, Anita Caprioli, Giuseppe Battiston, Giulio Colangeli, ecc. ecc.
Che sorpresa alcuni film italiani di quest’anno! Forse siamo davvero sulla buona strada, con alcuni autori giovani e non, anche se sono quelli meno strombazzati nelle campagne pubblicitarie dei vari festival. I loro titoli, messi in sezioni di scarso rilievo o fuori concorso, diventano poi le vere rivelazioni della rassegna. Accade anche per il festival di Roma, che non brilla per qualità e punta molto su divismo e lustrini. Niente di più lontano che l’opera di Giulio Manfredonia, Si può fare. Ambientata negli anni ’80, riecheggia nel titolo espressioni che sono diventate molto usate e sentite di recente: penso agli slogan alla Veltroni o al recentissimo Yes, we can di Barak Obama. Come linguaggio figurativo il film non è brillante, ancorato come è a una onesta fiction tv (comunque di qualità superiore rispetto a quelle in circolazione). Altro discorso invece se guardiamo al soggetto, alla professionalità degli attori, alla sceneggiatura, tutti elementi di ottimo livello. Il racconto impostato in modo diretto e sincero evita i toni estremi e si mantiene rigorosamente sobrio, cosa molto difficile dato il tema. Si tratta infatti di un’esperienza di cooperativa sociale che si svolge subito dopo la chiusura dei manicomi in seguito alla legge Basaglia o 180. Protagonista di questa terapia basata sul lavoro che deve confrontarsi anche col mercato, è un composito gruppo di ex-malati di mente. Affidati alla tutela di un medico molto tradizionale (Giorgio Colangeli) hanno lasciato il manicomio ma trascinano squallidamente le loro esistenze, imbottiti di farmaci. Tanto, si sa, sono bacati dentro e con i dolori che si portano dietro nessuna normalità è possibile. Arriva invece da loro Nello (Claudio Bisio misurato e a suo agio nella parte) ex-sindacalista un po’ sognatore, un po’ dotato di concretezza. Egli è deciso a tentare l’avventura con il gruppetto sulle prime scalcagnato e riottoso, preda di ataviche insicurezze e violenze, poi sempre più unito. E di che avventura si tratta? semplicemente di renderli corresponsabili e soci di un’attività vera. Gli ex-matti diventano così una cooperativa che fa affari e trasforma l’inesperienza in originalità, creando fantasiosi parquet che rompono la simmetria della tecnica tradizionale. Tra passi indietro, passi avanti, momenti da ridere e momenti da piangere la storia va avanti incrociando la vita di un altro medico, questa volta giovane e basagliano (Giuseppe Battiston) e la relazione sentimentale tra Nello e una dolce fidanzata (Anita Caprioli), impegnata in modo contraddittorio nel mondo della moda. Leit-motiv è comunque la difficoltà di camminare sui quel filo sottile che separa normalità e malattia con sconfinamenti da una parte e dall’altra che rendono difficile la differenza. Sembrerebbe che la favola di buoni sentimenti, anche se realizzata con verosimiglianza da attori veri, faccia comunque parte del mondo dei sogni. Invece dal testo in sovrimpressione a film concluso apprendiamo che la storia s’ispira a un’esperienza vera e che le cooperative sociali in atto in Italia sono tante. Scopriamo così con noi stessi che avevamo un po’ dimenticato il problema e l’utopia realizzata da pochi che ci credono a cui seguono i molti; perciò amiamo ancora di più questo lavoro che ce lo ha ricordato.
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lenticchia80
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mercoledì 12 novembre 2008
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si può fare
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Si può fare è la frase che spesso usava Franco Basaglia quando ha introdotto la legge 180, ad indicare, quasi, che è possibile realizzare cose che superano le nostre reali potenzialità ed è la stessa espressione che usa Nello all'inzio del film, quando propone l'idea di creare una cooperativa che sia impegnata in un lavoro vero. Allora Nello raccoglie le idee di tutti e con entusiasmo esclama:"Si può fare!", la forza in tutto questo sta nel fatto che ognuno trova un proprio spazio per esprimersi anche non avendo le parole (Robby l'autistico che alza la mano ma poi non dice niente!). Il film prosegue poi mostrandoci come la cooperativa riesce ad andare avanti e a conquistarsi una propria fetta di mercato ma nel farlo evita sguardi compiaciuti o facilonerie, dal momento che la normalità ( i ragazzi vanno a vivere da soli nei locali della piccola ditta che hanno creato, riducono l'assunzione di psicofarmaci e cominciano ad avere i problemi delle persone normali, innamoramento, sesso, vita di coppia, vita sociale, ecc) si paga a caro prezzo e c'è qualcuno che è troppo fragile per condurre una vita normale.
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Si può fare è la frase che spesso usava Franco Basaglia quando ha introdotto la legge 180, ad indicare, quasi, che è possibile realizzare cose che superano le nostre reali potenzialità ed è la stessa espressione che usa Nello all'inzio del film, quando propone l'idea di creare una cooperativa che sia impegnata in un lavoro vero. Allora Nello raccoglie le idee di tutti e con entusiasmo esclama:"Si può fare!", la forza in tutto questo sta nel fatto che ognuno trova un proprio spazio per esprimersi anche non avendo le parole (Robby l'autistico che alza la mano ma poi non dice niente!). Il film prosegue poi mostrandoci come la cooperativa riesce ad andare avanti e a conquistarsi una propria fetta di mercato ma nel farlo evita sguardi compiaciuti o facilonerie, dal momento che la normalità ( i ragazzi vanno a vivere da soli nei locali della piccola ditta che hanno creato, riducono l'assunzione di psicofarmaci e cominciano ad avere i problemi delle persone normali, innamoramento, sesso, vita di coppia, vita sociale, ecc) si paga a caro prezzo e c'è qualcuno che è troppo fragile per condurre una vita normale. La verità come al solito sta nel mezzo, questo film ha il coraggio di mostrarci un'umanità non divisa categoricamente in buona o cattiva, nel senso che lo psichiatra tradizionalista alla fine del film riconosce la geniale intuizione di Nello e lo invita a continuare la direzione dell'impresa, d'altro lato a Nello si deve riconoscere il merito ma anche l'ingenuità di aver abbassato troppo i farmaci, spalleggiato dall'altro psichiatra. Ma la conquista vera per Nello è quella di poter discutere con i soci alla pari, sia quando questi lo contraddicono allorchè, ottenuto l'appalto per la realizzazione di un parquet alla metro di Parigi, rifiutano di rinunciare al proprio stipendio per il conseguimento di desideri molto molto umani, sia quando alla fine del film Nello dice: "Non si può fare!" in riferimento ad un ordine di parquet ed ai pezzi da realizzare, introducendo un limite, un elemento di realtà che di fatto si pone solo fra persone normali (è un luogo comune che ai pazzi bisogna sempre dire di si, ma in realtà è molto importante per reinserirli nella società la possibilità di fargli esperire delle frustrazioni, di metterli a confronto con le esigenze della realtà). Questo film mi ha divertito e commosso allo stesso tempo e penso che ha meritato davvero gli applausi che ha avuto al festival di Roma!
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alius
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martedì 19 maggio 2009
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una normale anormalità
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si può fare, film di Giulio Manfredonia pieno di felicità e di umanità, senza nascondere la difficoltà di essere umani.
il film affronta il cambio di mentalità che si ebbe negli anni 80 nella concezione della malattia psichiatrica e dei suoi rimedi; la cosidetta legge Basaglia.
Nello, dirigente di sinistra innovativo, al passo coi tempi nelle idee e nelle azioni, proprio per questo viene spedito ad occuparsi di una cooperativa particolare, composta da matti.
Tra la reticenza dello psichiatra che si occupa dei malati e tra le improvvise reazioni dei "soci", Nello riesce a convincere tutti ad avviare una attività produttiva nell'installazione del parquet.
Sogni infranti, grandi drammi ma sopratutto grande umanità traspare da questo ottimo film in grado di donare un sorriso ed una speranza nonostante la tragedia della vita.
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si può fare, film di Giulio Manfredonia pieno di felicità e di umanità, senza nascondere la difficoltà di essere umani.
il film affronta il cambio di mentalità che si ebbe negli anni 80 nella concezione della malattia psichiatrica e dei suoi rimedi; la cosidetta legge Basaglia.
Nello, dirigente di sinistra innovativo, al passo coi tempi nelle idee e nelle azioni, proprio per questo viene spedito ad occuparsi di una cooperativa particolare, composta da matti.
Tra la reticenza dello psichiatra che si occupa dei malati e tra le improvvise reazioni dei "soci", Nello riesce a convincere tutti ad avviare una attività produttiva nell'installazione del parquet.
Sogni infranti, grandi drammi ma sopratutto grande umanità traspare da questo ottimo film in grado di donare un sorriso ed una speranza nonostante la tragedia della vita...
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