Donne-moi la main

"Dammi la mano" è la traduzione italiana del titolo di questo lungometraggio, che prende il nome da una canzone del 1963 di Colette Magny, cantante rivoluzionaria francese vicina al Partito Comunista, morta in miseria per le sue prese di posizione estremiste. In effetti i due fratelli protagonisti della pellicola, Antoine e Quentin (interpretati rispettivamente dai gemelli Alexandre e Victor Carril), più che prendersi per mano, se le danno di santa ragione in più di un momento, e solo verso la metà del film, quando si separeranno, Antoine (l'elemento più astioso e forte del duo) si sentirà realmente perso senza il fratello. La storia è molto semplice: all'insaputa del padre panettiere, i due decidono di mettersi in cammino dalla Francia alla Spagna, per partecipare al funerale della madre, mai conosciuta. La strada che percorrono è contraddistinta da liti, botte, riconciliazioni, fughe, incontri ed esperienze sessuali. All'inizio del film i due ragazzi sono molto uniti ma, a poco a poco, la strada li divide, mettendo a nudo la loro diversità. La rottura avviene quando Antoine (riconosciuto solo dalla cicatrice sopra il sopracciglio) è testimone della prima esperienza omosessuale del fratello. Da questo momento la divisione finale diventa inevitabile. La pellicola ha il pregio di essere un film visivo, d'atmosfera, dove la natura rappresenta un immaginario terzo protagonista, filmata sempre con luce naturale, con una particolare attenzione ai dettagli, come uno stelo d'erba o una lumaca. Tale ricerca d'atmosfera, di sensualità tocca anche il corpo maschile: i due gemelli hanno un impatto fisico molto forte, che magnetizza chiunque si imbatta sul loro cammino; i loro corpi sono spesso intrecciati con la natura, come nell'abbozzato rapporto fra Quentin e Hakim, ma anche nei litigi che degenerano in furiosi corpo a corpo. È un film fatto di silenzi, volutamente poetico, forse troppo ambizioso, che posa sulla fisicità e sul linguaggio dei due corpi per sopperire all'assenza di un necessario sviluppo narrativo, e di indicazioni sui profili psicologici dei due gemelli, qui appena accennati. Per quanto il regista affermi di essersi ispirato ai road movie americani degli anni '70, e al leggendario e reiterato mito del viaggio come processo di iniziazione, è assente un cambiamento, una crescita interiore dei due. Rimane dunque un viaggio, fine a sé stesso, alleggerito dall'assenza di eventi capaci di mutare l'ordine delle cose. Tuttavia si assapora l'idea di andare dal nord al sud, dal padre alla madre, dal fuoco all'acqua. Il film si apre infatti, con una immagine del fuoco che arde, a inizio del segmento d'animazione, e termina con l'acqua del mare. Il fuoco, elemento dinamico e trasformativo, rappresenta un'azione centrifuga, invadente e conquistatrice, racchiudendo in sé il principio maschile, che tutto permea e tutto vivifica. Questo si oppone all'acqua, elemento femminile e passivo, che rinsalda ciò che il fuoco dilata. Forse era questa la strada che il regista francese Pascal- Alex Vincent, qui al suo primo lungometraggio, avrebbe dovuto intraprendere con più convinzione: il viaggio dal fuoco all'acqua di due gemelli che trovano nella loro ovvia diversità quel sentimento che gli permette di diventare ciò che realmente sono. 