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lunedì 19 gennaio 2009
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la pazienza di gustarsi l’ australia
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Certi film per essere veramente apprezzati e valorizzati vanno vissuti per lungo tempo sulla poltrona del cinema. E’ il caso dell’ ultima fatica di Baz Luhrmann che se non fosse per la sua lunga durata di quasi 3 ore sicuramente si apprezzerebbe molto meno. Perchè Australia è una vera e propria epopea alla Via col Vento che narra le vicende della difficile e un pò snob Lady Sarah Ashley, interpretata da una Nicole Kidman sempre perfetta in ruoli del genere. Ed ecco che lo stesso suo personaggio infatti più e più volte sembra rievocare alla memoria la celebre Rossella O’Hara del ben più celebre film del 1939 . Inizialmente il film per una buona prima ora può sembrar essere molto noioso e ammetto che in parecchi punti mi faceva venir voglia di rivedere la Kidman in Cuori Ribelli quando era ben più giovane e avvenente.
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Certi film per essere veramente apprezzati e valorizzati vanno vissuti per lungo tempo sulla poltrona del cinema. E’ il caso dell’ ultima fatica di Baz Luhrmann che se non fosse per la sua lunga durata di quasi 3 ore sicuramente si apprezzerebbe molto meno. Perchè Australia è una vera e propria epopea alla Via col Vento che narra le vicende della difficile e un pò snob Lady Sarah Ashley, interpretata da una Nicole Kidman sempre perfetta in ruoli del genere. Ed ecco che lo stesso suo personaggio infatti più e più volte sembra rievocare alla memoria la celebre Rossella O’Hara del ben più celebre film del 1939 . Inizialmente il film per una buona prima ora può sembrar essere molto noioso e ammetto che in parecchi punti mi faceva venir voglia di rivedere la Kidman in Cuori Ribelli quando era ben più giovane e avvenente. Questo perchè la prima parte del film sembra tutto un lottare con mandrie da addomesticare. Ma in realtà non è così perchè Australia è una lunga storia romantica proprio vecchio stile (lo testimoniano anche i titoli di coda e di apertura retrò). E anche se si reputasse la fotografia e gli sfondi paesaggistici un pò troppo artefatti o da quadro o addirittura finti, allora ci si ricorda che è pur sempre un film del visionario e un pò fiabesco Luhrmann che è stato già in grado di portarci sul grande schermo una classica tragedia Shakesperiana come Romeo e Giulietta trasformandocela nell’ “alcolico” e moderno Romeo + Giulietta. Oltre a tutto questo Australia è anche un pezzo di storia di questo “nuovo” continente e delle sue ”Generazioni rubate” di giovani aborigeni mezzo sangue che venivano strappati alle famiglie per essere educati da comunità cattoliche. Per finire e condire al meglio il tutto l’astuto Luhrmann ci mette anche la dolcissima e romantica musica del Mago di Oz. Insomma un film che se avete la pazienza di restare sulla poltrona del cinema vi potrà incantare, ma senza fretta.
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darius
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lunedì 19 gennaio 2009
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non capisco l'entusiasmo per un film così banale
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Polpettone noioso e banalissimo, film adatto agli under 12, un'Australia sintetica, ritoccata con Photoshop, e il solito insopportabile buonismo d'accatto sui problemi razziali. Già dopo venti minuti si capisce quel che succederà, a che pro farlo durare così a lungo? Il film non produce emozioni, procede con ritmi da lumaca, si trascina con scarse e stucchevoli invenzioni. Unica nota positiva: una recitazione onesta. Il doppiaggio del ragazzino fa pensare al buon Zibi Boniek, che vive in Italia da 30 anni e ancora non sa parlare la nostra lingua. I dialoghi sono perlopiù penosi e la " wilderness " dei bovari è incarnata dalle solite scazzottate e dall'immancabile " porca vacca ", interiezione che perfino la Kidman è costretta a pronunciare più volte per far intendere quanto la sua femminilità sia stata contagiata dalla " toughness " dell'ambiente e del suo macho.
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Polpettone noioso e banalissimo, film adatto agli under 12, un'Australia sintetica, ritoccata con Photoshop, e il solito insopportabile buonismo d'accatto sui problemi razziali. Già dopo venti minuti si capisce quel che succederà, a che pro farlo durare così a lungo? Il film non produce emozioni, procede con ritmi da lumaca, si trascina con scarse e stucchevoli invenzioni. Unica nota positiva: una recitazione onesta. Il doppiaggio del ragazzino fa pensare al buon Zibi Boniek, che vive in Italia da 30 anni e ancora non sa parlare la nostra lingua. I dialoghi sono perlopiù penosi e la " wilderness " dei bovari è incarnata dalle solite scazzottate e dall'immancabile " porca vacca ", interiezione che perfino la Kidman è costretta a pronunciare più volte per far intendere quanto la sua femminilità sia stata contagiata dalla " toughness " dell'ambiente e del suo macho. Un drammone sentimentale a lieto fine condito di facili richiami all'esotico, per un pubblico di bocca buona.
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ladyrob.
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domenica 18 gennaio 2009
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australia.
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Bellissimo, stupendo. Una fotografia davvero strabiliante; un eccelente interpretazione; scenografie davvero ottime; il tutto fornito di una trama ben sviluppata e una caratterizazione dei personaggi più che buona. Luhrmann spazia tra amore, guerra, razzismo, storia e sentimento patriottico.
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goldy milano
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domenica 18 gennaio 2009
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il regista ci è o ci fa?
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I casi sono due. O il regista è stato preso dall'ambizione di affrontare una grande storia epica rifiutando tutti gli stilemi narrativi del genere e non ci è riuscito oppure ha creduto in questa narrazione e allora nessuno dovrebbe mai più permettergli di dirigere un film-
Soldi sprecati e il problema dei ragazzi meticci fu trattato con una ben altro spessore nel film La generazione rubata di Philip Noyce. Vergognoso.
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blackcoraline
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domenica 18 gennaio 2009
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la dichiarazione d'amore di luhrmann all'australia
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Opportuna premessa: ho sentito definire da più parti Australia un polpettone. Lo è: un polpettone lungo tre ore. Quindi, se pensate che il film classico sia ormai morto e sepolto e sia inutile riesumarlo nel 2009, se non siete disposti a vedere una lunga storia romantica, se non avete almeno un pochino di tenerezza nel cuore, non andate a vederlo.
Se invece siete un po' meglio disposti e vi sedete al cinema consapevoli che dovrete stare su quella poltroncina parecchio tempo e che potreste aver bisogno di un po' di pazienza, allora benvenuti e buona visione.
Forse però un'altra premessa è dovuta: voi amanti del Baz Luhrmann di Moulin Rouge!, non aspettatevi un altrettanto scoppiettante fantasia.
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Opportuna premessa: ho sentito definire da più parti Australia un polpettone. Lo è: un polpettone lungo tre ore. Quindi, se pensate che il film classico sia ormai morto e sepolto e sia inutile riesumarlo nel 2009, se non siete disposti a vedere una lunga storia romantica, se non avete almeno un pochino di tenerezza nel cuore, non andate a vederlo.
Se invece siete un po' meglio disposti e vi sedete al cinema consapevoli che dovrete stare su quella poltroncina parecchio tempo e che potreste aver bisogno di un po' di pazienza, allora benvenuti e buona visione.
Forse però un'altra premessa è dovuta: voi amanti del Baz Luhrmann di Moulin Rouge!, non aspettatevi un altrettanto scoppiettante fantasia. Questo è semplicemente un altro film.
Un film imperfetto, che disattende almeno in parte le aspettative, soprattutto perché manca di originalità (tanto nella storia quanto nella messa in scena) e presenta personaggi piuttosto schematici, senza guizzi e senza troppa indagine psicologica.
Bene. Appurato questo, io ritengo invece che Luhrmann abbia ottenuto esattamente l'obiettivo che si era prefissato, realizzare il sogno di raccontare non solo una storia d'amore, ma una storia d'amore disegnata sullo sfondo della sua terra: non l'Australia che tutti conosciamo dalle brochures turistiche, ma quella arida, difficile, spettacolarmente bella dell'interno. E rappresentando allo stesso tempo una pagina triste e infamante della storia australiana, quella delle "Generazioni rubate" di giovani aborigeni mezzo sangue che venivano strappati alle famiglie per essere educati da comunità cattoliche.
Per realizzare tutto ciò Luhrmann ha scelto la forma più appropriata al suo progetto, quella del classico film epico hollywoodiano degli anni Quaranta, da Via col vento a Il Mago di Oz (non a caso esplicitamente citato a più riprese). Come Via col vento, Australia parla dei grandi temi dell'amore, della guerra e del razzismo, e mischia la storia fittizia alla storia reale (in questo caso il bombardamento di Darwin durante la Seconda Guerra Mondiale). Come Via col vento vuole essere non solo una storia, ma la storia di un intero territorio.
Ecco il progetto di Luhrmann, ecco Australia, che è insieme western classico, film epico, storia romantica e film di guerra. Non c'è niente da dire, è un film che rispetta i canoni dei film classici, senza sorprese: nonostante le mille peripezie si sa chi morirà e chi vivrà, perché è così che deve essere. Eppure ciò non impedisce alla storia di appassionare, di strappare qualche lacrima qui e là, di dare soddisfazione.
Il che può piacere o non piacere. Si può essere d'accordo o meno con le scelte di Luhrmann, ma non si può dire che non abbia realizzato un film perfettamente aderente al suo intento.
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melff
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domenica 18 gennaio 2009
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banalissimo
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Lui bellone ma inespressivo se gli danno l'oscar e' di LEGNO ,lei bravina ..la storia niente di che,John Waine la mandria senza mandriani l'ha portata nel 1960...i cattivi in Australia li avevamo gia' visti il carabina Quicley...storia scontata come tante...Le scene di guerra sul mare sembrano quelle della play station ...belli i posti ..le montagne e i fiumi ma non era un documentario....il piu bravo e' il nonno ...che non dice nulla ...BOH ...film veramente banale ...storia VOLEMOSSEBBENE da Natale....
non mi ha soddisfatto ......neanche un po'!
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lele
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domenica 18 gennaio 2009
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stupendo
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Veramente stupendo. Pieno di emozioni e di amore.
Certo non è Via col Vento, ma è pur sempre un capolavoro
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henry
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domenica 18 gennaio 2009
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165 minuti per un film godibile
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Un film che prima di vederlo mi aveva lasciato perplesso, ma che dopo averlo visto mi ha davvero lasciato soddisfatto! Commovente, avventuroso, realistico (nei limiti del verosimile) e veramente ben fatto!
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divas
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domenica 18 gennaio 2009
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quando l’identità non nasce dall’uguaglianza
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“Australia” è un kolossal. E come tale va giudicato.
E se lo spettatore accetta di andare a vedere un kolossal sa già che come ogni kolossal che si rispetti ci sono dei cliché: c’è la storia d’amore (le cui battute sono ovviamente prevedibili), c’è il contesto storico (bombe ed effetti speciali), ci sono i grandi paesaggi e le grandi ambientazioni.
C’è un melange insomma: amore e avventura, sentimento e suspence moltiplicati per 147 milioni di dollari.
Baz Lurhmann vuole raccontare la “storia d’identità di un continente”. Non è impresa da poco. Ma… c’è riuscito?
Storia – identità – continente.
Se vogliamo dare questo taglio ad “Australia” dobbiamo ricordare velocemente i cliché (Nicole Kidman, perfetta English lady in corsetto e ombrellino, che atterra nella selvaggia Australia popolata da buoni e civili aborigeni e sporchi mandriani bianchi, belli come Hugh Jackman, che ubriachi fanno a cazzotti nell’unica osteria del villaggio – e state pur certi che Hugh Jackman li stenderà a terra tutti!), metterli da parte e accettare che ogni storia di identità è una storia di violenza.
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“Australia” è un kolossal. E come tale va giudicato.
E se lo spettatore accetta di andare a vedere un kolossal sa già che come ogni kolossal che si rispetti ci sono dei cliché: c’è la storia d’amore (le cui battute sono ovviamente prevedibili), c’è il contesto storico (bombe ed effetti speciali), ci sono i grandi paesaggi e le grandi ambientazioni.
C’è un melange insomma: amore e avventura, sentimento e suspence moltiplicati per 147 milioni di dollari.
Baz Lurhmann vuole raccontare la “storia d’identità di un continente”. Non è impresa da poco. Ma… c’è riuscito?
Storia – identità – continente.
Se vogliamo dare questo taglio ad “Australia” dobbiamo ricordare velocemente i cliché (Nicole Kidman, perfetta English lady in corsetto e ombrellino, che atterra nella selvaggia Australia popolata da buoni e civili aborigeni e sporchi mandriani bianchi, belli come Hugh Jackman, che ubriachi fanno a cazzotti nell’unica osteria del villaggio – e state pur certi che Hugh Jackman li stenderà a terra tutti!), metterli da parte e accettare che ogni storia di identità è una storia di violenza. O meglio di abnegazione.
E Australia, essendo una storia di identità, è automaticamente una storia di violenza con particolare riferimento alle “generazioni perdute”: quei bambini nati dallo stupro di una donna nera, rinnegati – ovviamente - dai loro padri, presi e portati in istituti ecclesiastici per “allontanare il nero che c’è dentro” e a cui sono state fatte pubbliche scuse solo nel 2008.
L’identità allora assume varie forme: non è l’identità del continente inteso solo e soltanto come Australia, ma è l’identità di chi vive in questo continente: è l’identità del bambino mulatto (né nero, né bianco), è l’identità intesa come senso di responsabilità verso l’altro, come “nuova vita” lontano dai salotti di Londra o come “nuovo ruolo sociale” all’interno di una famiglia “aggregata” (lei londinese, lui mandriano, il bimbo che non è figlio di nessuno di loro).
Un’identità insomma in cui difficilmente possiamo riconoscere il “popolo australiano” o la “storia” del popolo australiano. Né tantomeno possiamo riconoscere l’identità come uguaglianza. Non almeno in questo caso.
Semmai dobbiamo rovesciare questo concetto e accettare che l’identità è negazione, è violenza, è scelta. E ogni personaggio è negato (non più mandriano, non più lady, non più orfano), ha subito violenza o è emarginato, ha scelto di vivere in Australia o comunque in quella famiglia aggregata pur potendo scegliere altro o rimanere altrove.
L’identità insomma come insieme di provenienze diverse: dall’inglese, all’aborigeno, al mandriano locale.
Quello che ci propone Lurhmann è un ragionamento assai sottile, che rischia di annegare nel marasma del kolossal, ma che è ben visibile nel film specie nella seconda parte, una volta messe da parte le mandrie e le cavalcate ai limiti del precipizio. Quando il film ricomincia e assume un altro volto.
C’è un po’ di tutto in quelle due ore e mezzo: avventura, amore, guerra, vendetta. Tutti gli ingredienti che dovevano esserci.
Ma c’è anche qualcosa in più: l’amore materno e quello paterno. Ed è proprio questa la parte più interessante, quella non prevedibile, non scontata e che riesce a coinvolgere lo spettatore anche se né Nicole Kidman, né Hugh Jackman sono al massimo del loro splendore.
E’ riuscito Baz Lurhmann a raccontare la storia d’identità di un continente? Sì, c’è riuscito con un kolossal che ha tutti i limiti del kolossal.
www.iblalab.it
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vrimmobiliare
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domenica 18 gennaio 2009
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bellissimo film ambientato con colori caldi
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Film realistico e di grande effetto scenico sugli ambienti fantastici di questo continente così lontano e sconosciuto. Ottima interprestazione dei protagonisti in un contesto storico recente. L'interpretazione del bambino è toccante. Una storia romanticache ti affascina fino alla fine. Da vedere!
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