rmarci 05
|
giovedì 27 giugno 2019
|
un film intriso di brutalità e rassegnazione
|
|
|
|
I fratelli Coen firmano la loro opera più drammatica e disperata, intrisa di una brutalità che è riscontrabile soprattutto nel gelido sguardo del perfetto Javier Bardem, ma anche nel perfetto utilizzo della fotografia, negli scarsi ma efficaci dialoghi e nell’espressione rassegnata di Tommy Lee Jones di fronte alla delirante situazione del mondo contemporaneo, dominato dalle imprevedibili regole del caso e dal potenziale distruttivo della violenza, i cui effetti si riversano anche sugli innocenti senza alcuna pietà. Ciò che angoscia maggiormente , comunque, è “l’inesprimibile senso di malessere” (M.
[+]
I fratelli Coen firmano la loro opera più drammatica e disperata, intrisa di una brutalità che è riscontrabile soprattutto nel gelido sguardo del perfetto Javier Bardem, ma anche nel perfetto utilizzo della fotografia, negli scarsi ma efficaci dialoghi e nell’espressione rassegnata di Tommy Lee Jones di fronte alla delirante situazione del mondo contemporaneo, dominato dalle imprevedibili regole del caso e dal potenziale distruttivo della violenza, i cui effetti si riversano anche sugli innocenti senza alcuna pietà. Ciò che angoscia maggiormente , comunque, è “l’inesprimibile senso di malessere” (M. Morandini) che si insinua nello spettatore, dovuto all’insensatezza di tutto il meccanismo di omicidi e violenza, alla reazione impotente della giustizia e, soprattutto, alla direzione sempre più preoccupante che sta prendendo il mondo, che dà l’idea di essere una strada senza via d’uscita. In conclusione, un film a metà tra western di frontiera ed intrigo hitchcockiano che trascende tutti e due i generi per occuparsi di un discorso più complesso (che condanna, inoltre, lo stile di vita tipicamente americano) in cui non c’è quasi spazio neanche per il raffinato umorismo tipico dei due registi, che gestiscono il tutto con triste consapevolezza ed ammirevole lucidità. Tutte le scelte stilistiche, come l’assenza della colonna sonora o la violenza esplicitamente realistica, sono funzionali al racconto. Uno dei migliori film dei fratelli Coen, imperdibile.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a rmarci 05 »
[ - ] lascia un commento a rmarci 05 »
|
|
d'accordo? |
|
fabio
|
venerdì 15 febbraio 2019
|
un buon thriller
|
|
|
|
Del film la cosa migliore sono le eccellenti prove d'attore dei protagonisti.
Per il resto: il film regala un crescendo da "caccia all'uomo" per un'ora e mezza, salvo poi sterzare per un finale che tuttavia non risulta ugualmente efficace.
I Coen non hanno mai fatto un brutto film tuttavia stavolta non trovano la chiave migliore per trasmettere il messaggio.
|
|
[+] lascia un commento a fabio »
[ - ] lascia un commento a fabio »
|
|
d'accordo? |
|
|
martedì 18 dicembre 2018
|
non è un film per vecchi
|
|
|
|
Anche se girato e interpretato magistralmente lo trovo immorale, assurdo e paradossale,se questo era il significato che che i Cohen bros cercavano allora è riuscito.
|
|
[+] lascia un commento a »
[ - ] lascia un commento a »
|
|
d'accordo? |
|
marcobrenni
|
mercoledì 7 marzo 2018
|
ben al di là del bene e del male
|
|
|
|
Non mi dilungo a descrivere la storia di questo film che solo anagraficamente è datato, ma rimane avanguardia della cinematografia: è cinema allo stato puro! Non è affatto messa in scena della violenza gratuita alla Tarantino, no: la violenza qui significa qualcosa di più profondo, di molto inquietante. È il cinismo e la barbarie a cui si può giungere nell' era postmoderna, liberata da ogni vincolo morale: conta solo vincere, portarsi a casa il bottino che qui assurge a supremo valore universale che fa superare ogni reticenza etica. L'assassino paranoide-amorale - "al di là del bene e del male", impersonato da un superlativo Javier Bardem (!) cela pure metafore: è IL MALE assoluto, il male che non si pone più domande morali, che fa della vita o della morte un semplice gioco della monetina lanciata: testa o croce - tutto qui.
[+]
Non mi dilungo a descrivere la storia di questo film che solo anagraficamente è datato, ma rimane avanguardia della cinematografia: è cinema allo stato puro! Non è affatto messa in scena della violenza gratuita alla Tarantino, no: la violenza qui significa qualcosa di più profondo, di molto inquietante. È il cinismo e la barbarie a cui si può giungere nell' era postmoderna, liberata da ogni vincolo morale: conta solo vincere, portarsi a casa il bottino che qui assurge a supremo valore universale che fa superare ogni reticenza etica. L'assassino paranoide-amorale - "al di là del bene e del male", impersonato da un superlativo Javier Bardem (!) cela pure metafore: è IL MALE assoluto, il male che non si pone più domande morali, che fa della vita o della morte un semplice gioco della monetina lanciata: testa o croce - tutto qui. È indifferenza assoluta. Qui i fartelli Cohen hanno dato un altra dimostrazione di assoluta bravura rappresentando un scenario squallido-primitivo, tipico di certo Midwest americano a cavallo della frontiera messicana: squallore reso perfettamente dai paesaggi abbandonati, selvaggi, aridi-desolati, aridi come gli uomini-sciacalli che vi abitano. Il traffico criminale milionario dei Narcos pronti a tutto in questa regione ormai quasi disumanizzata, è dura realtà, per nulla esagerata. Fuori tempo semmai resta solo la figura dell' anziano sceriffo che ha in sé ancora qualche valore etico di gioventù. Ma ormai prossimo alla pensione, è ridotto all'impotenza perché gli eventi e la disumanità soverchiante lo schiacciano sebbene fosse uno tosto. Magnifica pure l'assenza di musica, dando così rilevanza assoluta a tutti gli inquietanti rumori di scena: dal rombo assordante dei motori ipertrofici made in USA, agli spari secchi, ai suoni metallici dei caricatori, ai versi degli sciacalli del deserto. Metaforica pure l'arma usata dal killer: è lo strumento pneumatico che si usa per ammazzare il bestiame nei macelli con un colpo in testa senza pallottola (!) Questo non è un film per tutti, ma solo per chi ne sa cogliere i significati che vanno oltre la semplice narrazione da thriller. È una metafora sulla violenza a cui si può giungere in un mondo del tutto svalutato, ove resta solo la brama al denaro facile. Capolavoro!
Marco Brenni
[-]
|
|
[+] lascia un commento a marcobrenni »
[ - ] lascia un commento a marcobrenni »
|
|
d'accordo? |
|
sam_evemero
|
lunedì 14 agosto 2017
|
quale western ?
|
|
|
|
Avevo deciso di vedere questo film perché mi piacciono i western e leggevo commenti che facevano pensare a una rappresentazione in chiave western di scenari malavitosi moderni.
Ma la mia delusione è stata veramente grande. Se si vuole fare un gangster movie lo si faccia pure. In quel caso le dinamiche, gli sviluppi, le reazioni saranno quelli del gangster movie, e cioè tu fai uno sgarro a me e io faccio uno sgarro a te, in un gioco che non vede mai vincitori nè vinti.
Ma se si pretende di isolare un personaggio quasi metafisico in un indefinito spazio di onnipotenza, quasi invulnerabile nella sua feroce determinazione all'omicidio seriale, qui invece vanno applicate effettivamente le regole del western.
[+]
Avevo deciso di vedere questo film perché mi piacciono i western e leggevo commenti che facevano pensare a una rappresentazione in chiave western di scenari malavitosi moderni.
Ma la mia delusione è stata veramente grande. Se si vuole fare un gangster movie lo si faccia pure. In quel caso le dinamiche, gli sviluppi, le reazioni saranno quelli del gangster movie, e cioè tu fai uno sgarro a me e io faccio uno sgarro a te, in un gioco che non vede mai vincitori nè vinti.
Ma se si pretende di isolare un personaggio quasi metafisico in un indefinito spazio di onnipotenza, quasi invulnerabile nella sua feroce determinazione all'omicidio seriale, qui invece vanno applicate effettivamente le regole del western.
In questo genere infatti si "tollera" che il personaggio negativo (il cosiddetto "cattivo", per quanto alla fine una mezza cattiveria è presente in tutti i protagonisti ...) giunga fno alla fine della pellicola illeso nonostante i continui conflitti e violenze della storia potrebbero decretarne la fine ben prima. Ma è solo un espediente narrativo ...
Il finale, quasi sempre spietato, riserverà al cattivo l'inevitabile resa dei conti. E quello che conterà alla fine non sarà tanto il fatto che questi muoia ammazzato. Ma piuttosto il terrore che lo assale capendo che è finito in un vicolo cieco dal quale non ha più possibilità di uscita.
La forza del western è tutta qui, nel rendere implacabile l'inesorabilità del destino, anche nei confronti di chi si è creduto onnipotente e invincibile. Come dire ... ognuno alla fine è una pedina, un essere indifeso ... Chi vive nello sprezzo di questa realtà essenziale e osa sopraffare e mortificare gli altri ben presto sarà riportato nella polvere da una forza superiore che non ha bisogno di chiedere permesso a nessuno, e che mette in ginocchio chi vuole e quando vuole ...
Il film dei Coen ignora e disprezza questa verità essenziale e propone dunque un prodotto misero e incongruente.
Come gangster movie presenta sequenze assurde e prive di qualunque verosimilità nell'attuale contesto malavitoso americano (soprattutto l'immagine di una polizia sonnacchiosa di fronte all'omicidio di un suo agente è completamente fuori dalla realtà).
Come western, manca tutto il succo essenziale di come si articola una storia e di come la tensione continua della narrazione non può che risolversi nella vendetta finale.
Brutta prova, pessimo giudizio.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a sam_evemero »
[ - ] lascia un commento a sam_evemero »
|
|
d'accordo? |
|
mardou_
|
mercoledì 31 maggio 2017
|
la banalità del male
|
|
|
|
“Sul giornale di ieri è successo che c'è uno che porta a spasso il cane e viene aggredito, gli prendono orologio e portafogli e mentre giace sul marciapiede inerme, l'aggressore gli pugnala entrambi gli occhi.”
Ricordate queste parole..?Erano la triste considerazione di Morgan Freeman, alias William Somerset,saggio detective che ad una settimana dalla pensione si trovava ad indagare su un killer seriale nell’indimenticabile “Seven” di David Fincher (1995).
Ormai rassegnato di fronte alle atrocità del mondo, Somerset non riusciva più a capire ed a trovare una spiegazione alla banalità del male che è tutto intorno a noi.
[+]
“Sul giornale di ieri è successo che c'è uno che porta a spasso il cane e viene aggredito, gli prendono orologio e portafogli e mentre giace sul marciapiede inerme, l'aggressore gli pugnala entrambi gli occhi.”
Ricordate queste parole..?Erano la triste considerazione di Morgan Freeman, alias William Somerset,saggio detective che ad una settimana dalla pensione si trovava ad indagare su un killer seriale nell’indimenticabile “Seven” di David Fincher (1995).
Ormai rassegnato di fronte alle atrocità del mondo, Somerset non riusciva più a capire ed a trovare una spiegazione alla banalità del male che è tutto intorno a noi.Come porsi di fronte ad una tale degenerazione?
Questa la sua conclusione: “Hemingway ha detto: -Il mondo è un bel posto e vale la pena lottare per esso.-Condivido la seconda parte.”
Alle medesime riflessioni giunge Tommy Lee Jones, lo sceriffo Tom Bell di “No Country for Old Men”, incapace di fermare l’escalation di violenza che segue alla scomparsa di una valigetta contenente due milioni di dollari…
In un paese senza nome al confine tra Texas e Messico, emergono tutta la follia e le contraddizioni del nostro presente, in cui non c'è distinzione tra Buoni e Cattivi, la vita non conta nulla ma la si può perdere giocando a testa o croce o barattare con una camicia…
Non sembrano esistere sentimenti umani che non siano dettati dall’ira, dall’egoismo e dalla sete di denaro…il mondo è tutt’altro che un bel posto.
La tensione e la drammaticità del racconto vengono spezzati da scene e personaggi che hanno del grottesco: viene quasi da sorridere per il taglio di capelli dello psicopatico Javier Bardem o per il personaggio caricaturale della suocera del protagonista, chiave di volta del corso degli eventi…
I fratelli Coen si sono ispirati all’omonimo romanzo di Cormac McCarthy per dar vita ad una commedia nera, asciutta e desolata come il deserto in cui si muovono i suoi protagonisti.L'assenza quasi totale della colonna sonora contribuisce a rendere questa pellicola una pillola amara, difficile da ingoiare.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a mardou_ »
[ - ] lascia un commento a mardou_ »
|
|
d'accordo? |
|
citizenkane
|
domenica 19 marzo 2017
|
la banalita' della violenza
|
|
|
|
Questofilm non presenta alcuna novità se non l'incongruenza e il paradosso tra le varie tematiche introdotte.Non è un film classico di inseguimento e violenza anni 70-80 stile Pekinpah (Getaway,Sugarland express) non è un film etico (lo sceriffo assiste in modo ignavo e passivo agli eventi, "il cattivo" non viene punito neppure dal destino, il buono è solo un ladro opportunista)non è un film ironico alla Tarantino (forse tenta di esserlo con qualche sporadica battuta) non è realistico (gli eventi si presentano in modo paradossale e incongruente),non è fumettistico o epico ( Tarantino e Sergio Leone)non è surreale,non è innovativo (la violenza estrema e futile è già conosciuta,i killer psicotici non sono una novità).
[+]
Questofilm non presenta alcuna novità se non l'incongruenza e il paradosso tra le varie tematiche introdotte.Non è un film classico di inseguimento e violenza anni 70-80 stile Pekinpah (Getaway,Sugarland express) non è un film etico (lo sceriffo assiste in modo ignavo e passivo agli eventi, "il cattivo" non viene punito neppure dal destino, il buono è solo un ladro opportunista)non è un film ironico alla Tarantino (forse tenta di esserlo con qualche sporadica battuta) non è realistico (gli eventi si presentano in modo paradossale e incongruente),non è fumettistico o epico ( Tarantino e Sergio Leone)non è surreale,non è innovativo (la violenza estrema e futile è già conosciuta,i killer psicotici non sono una novità).Ottimi attori, splendida fotografia in una storia che rappresenta per l'ennesima volta la primitività stupida e violenta dell'America di frontiera.Forse i fratelli Coen,già premiati da un precoce successo,hanno già cominciato a "battere cassa".
[-]
|
|
[+] lascia un commento a citizenkane »
[ - ] lascia un commento a citizenkane »
|
|
d'accordo? |
|
aliasname
|
giovedì 24 novembre 2016
|
maestria in pellicola
|
|
|
|
Non so cosa si possa dire quando finisci di vedere un film e rimani senza parole dalla bellezza
di alcune scene, di alcuni dialoghi, alcune scene ti rimangono impresse da quanto sono ben realizzate,
l'ho trovato originale, surreale, psicologico, d'azione...un mix
di tutto il bello del cinema dosato perfettamente, avrei dato 5 stelle se non fosse andato , a mio parere,
troppo oltre con la violenza gratuita alla tarantino...non ne aveva assolutamente bisogno, il film
è un capolavoro già dalla prima inquadratura.
Da vedere assolutamente.
|
|
[+] lascia un commento a aliasname »
[ - ] lascia un commento a aliasname »
|
|
d'accordo? |
|
capitanomiocapitano
|
lunedì 28 dicembre 2015
|
ma cosa dice signor zappoli?
|
|
|
|
Avevo guardato questo film, quasi convinto della sua buona qualità in seguito alla lettura del commento del Signor Zappoli su “Mymovies”.
Ma la delusione tremenda che ho provato nella visione mi ha costretto a rileggere “criticamente” la stessa critica di Zappoli, mettendone in luce tutte le affermazioni a questo punto rivelatesi incongruenti.
Il signor Zappoli parla di “coerenza e di originalità”.
Ma purtroppo chi cerca di essere troppo “originale” difficilmente si mantiene coerente e infatti si assiste per tutto il film a una serie di eventi che fanno a cazzotti fra di loro.
Da un lato si vorrebbe rappresentare una realtà spietata contro la quale non si può farcela da soli.
[+]
Avevo guardato questo film, quasi convinto della sua buona qualità in seguito alla lettura del commento del Signor Zappoli su “Mymovies”.
Ma la delusione tremenda che ho provato nella visione mi ha costretto a rileggere “criticamente” la stessa critica di Zappoli, mettendone in luce tutte le affermazioni a questo punto rivelatesi incongruenti.
Il signor Zappoli parla di “coerenza e di originalità”.
Ma purtroppo chi cerca di essere troppo “originale” difficilmente si mantiene coerente e infatti si assiste per tutto il film a una serie di eventi che fanno a cazzotti fra di loro.
Da un lato si vorrebbe rappresentare una realtà spietata contro la quale non si può farcela da soli. Ma nello stesso tempo si descrive la incomprensibile assenza di ritorsioni e di vendette contro un personaggio (il killer) che osa mettersi contro tutto e tutti, e che nella “realtà spietata” sarebbe stato fatto fuori dopo il primo paio di “sgarri”. Assurdo.
Ancora il signor Zappoli ci parla di “coreografia raffinata della violenza”. Cosa significa? “Coreografia raffinata” è un concetto che esprime compostezza, armonia, creatività … non c’entra niente con la violenza, che deve essere furibonda e distruttiva per riuscire credibile (se no non sarebbe “violenza”!).
E forse è proprio qui il problema. Se i registi avessero lasciato sfogare una violenza più spontanea ai loro personaggi il film avrebbe avuto più senso, invece di proporci scene di inverosimile repressione e cristallizzazione di ogni più basilare istinto.
Il Signor Zappoli ci dice che i Coen “non si accontentano di ironizzare, di far vedere quanto sono bravi a suscitare il riso dinanzi a un uomo che muore”.
Dove “ironizzano”? Dov’è che si ride davanti a un uomo che muore? Le persone che muoiono in quel film sono quasi sempre indifese, prese a tradimento o alle spalle, ridotte alla paura di vedersi un’arma puntata contro senza poter fare nulla per difendersi, in più episodi sono persone innocenti, uccise per il gusto di uccidere. Davvero Lei ha riso per questo signor Zappoli?
Ma il massimo il Signor Zappoli lo raggiunge parlando di una presunta “umanità” dei fratelli Coen.
Il loro cinema è “diverso”, è “morale”, perché riesce “a mettere in rilievo anche una sola scintilla di umanità”. Quale umanità Signor Zappoli?
Dov’è l’umanità in questo film? Quale aspetto “morale” propone questo film?
È “umanità” – come dice Lei – quella dello sceriffo? Quella di un personaggio che ripete ossessivamente monologhi cupi e disperati nei quali emerge solo una angosciosa desolazione?
Fermo restando che un film per me non deve MAI pretendere di essere “morale” perché i giudizi della sfera etica restano dominio esclusivo dello spettatore nella sua intimità, tuttavia mi sembra patetico attribuire patenti di moralità a un film così negativo, scoraggiante e desolante, e così biecamente capace di infondere un pessimismo la cui severità è del tutto ingiustificabile, anche volendo richiamarsi alle più tristi pagine della nostra realtà attuale.
Signor Zappoli, a me non piace chi usa paroloni e intellettualismi per commentare un film e già questo mi allontana da Lei. Ma soprattutto non mi piace che un critico esprima un’adesione così smaccata a un autore o regista al punto da non accorgersi nemmeno più delle pecche e dei difetti così evidenti in una sua opera.
Ecco. Mi sembra che questo sia il vero nodo del problema. Lei è semplicemente un ammiratore, un “fan” dei Coen e non si pone più nell’impegno onesto di analizzare punti di forza o di debolezza dei loro prodotti.
Ma scrive soltanto nell’intento banale di esaltare ancora una volta i suoi beniamini, volgendo in termini positivi le più imbarazzanti e deludenti storture della loro opera.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a capitanomiocapitano »
[ - ] lascia un commento a capitanomiocapitano »
|
|
d'accordo? |
|
misterbughivughi
|
venerdì 24 luglio 2015
|
un film che si prende a pugni da solo
|
|
|
|
La vicenda parte da una valigetta piena di dollari rimasta sul teatro di un sanguinoso conflitto a fuoco tra due bande di narcotrafficanti.
La ritrova un cacciatore / saldatore, un “uomo comune” che pensa di dare, grazie all’insperato bottino, un’autentica svolta alla sua modesta esistenza.
La successiva fuga del protagonista e la sua incessante persecuzione ad opera di banditi e criminali vari sembrano sottolineare l’impossibilità per un uomo solo di mettersi contro forze tanto più potenti e maligne, senza poi dover soccombere sotto i loro inesorabili colpi.
Ma fin dai primi fotogrammi si affaccia e via via si impone all’attenzione dello spettatore una storia parallela che si intreccia e sovrappone a quella principale: quella di un killer spietato anche lui alla caccia della valigetta, che non esita ad ammazzare selvaggiamente chiunque si ponga fra lui e il suo sospirato obiettivo.
[+]
La vicenda parte da una valigetta piena di dollari rimasta sul teatro di un sanguinoso conflitto a fuoco tra due bande di narcotrafficanti.
La ritrova un cacciatore / saldatore, un “uomo comune” che pensa di dare, grazie all’insperato bottino, un’autentica svolta alla sua modesta esistenza.
La successiva fuga del protagonista e la sua incessante persecuzione ad opera di banditi e criminali vari sembrano sottolineare l’impossibilità per un uomo solo di mettersi contro forze tanto più potenti e maligne, senza poi dover soccombere sotto i loro inesorabili colpi.
Ma fin dai primi fotogrammi si affaccia e via via si impone all’attenzione dello spettatore una storia parallela che si intreccia e sovrappone a quella principale: quella di un killer spietato anche lui alla caccia della valigetta, che non esita ad ammazzare selvaggiamente chiunque si ponga fra lui e il suo sospirato obiettivo.
Costui viene definito “psicopatico”, si comporta con una miscela di ferocia ottusa e di calcolato opportunismo, cammina con un incedere lugubre e goffo da mostro dell’horror, ragiona con una logica paradossale, e resta prigioniero di una unica e invariabile espressione nel parlare, nell’agire, nell’uccidere.
Insomma è lui che diviene il personaggio-chiave del film con incursioni improvvise e devastanti che diventano sempre più frequenti.
È lui che alla fine si mette contro poteri troppo più forti, è lui che sfida in maniera azzardata e temeraria le organizzazioni malavitose che la fanno da padrone.
È lui che commette degli sgarri atroci che gli costerebbero una fine truculenta già dalle prime scene.
Ma è qui che il film comincia a fare a cazzotti con se stesso.
Con il cacciatore/saldatore, nonostante il suo coraggio e astuzia, malavitosi e banditi esprimono il massimo dell’accanimento e della spietatezza per scovarlo e stanarlo e infine raggiungerlo.
Con il killer traditore e sanguinario, che diventa in breve tempo l’obiettivo dichiarato di tutti (polizia, bande rivali, e delinquenti vari), ogni potenziale antagonista risulta invece rinunciatario e arrendevole.
I criminali nemici sono sempre disarmati e indifesi o incredibilmente incapaci di tenergli testa.
Nessuna banda lo apposta, nessuno gli tende agguati o insidie.
La realtà, che per il baffuto cacciatore protagonista, si mostra feroce e spietata, diventa per il killer inverosimilmente benevola e favorevole. Per lui non esistono né rischi né pericoli e le sue iniziative sono baciate da un successo facile, comodo, senza alcuno sforzo.
Ma allora il vero tema di fondo, quello della debolezza del singolo, destinato a soccombere nel duro scontro con i poteri contro cui si è messo, viene a cadere sotto i colpi dello stesso svolgimento del film.
Il killer si rivela personaggio bizzarro e inquietante e forse gli autori ne amplificano un pò troppo il ruolo per attrarre l’attenzione del pubblico, ma il prezzo di questa operazione è una sceneggiatura piena di assurdità e di contraddizioni, da filmetto di serie zeta.
Sullo sfondo della vicenda le considerazioni che ogni tanto vengono fatte da uno sceriffo disilluso e amareggiato fanno da cornice inutilmente moralistica, e decisamente incongruente visto che, come poliziotto, lui non prova nemmeno lontanamente a fare qualcosa di logico o costruttivo.
Il finale si avvicina monotono, tra scene che diventano cerebrali e incomprensibili. Ma il film oramai si prende a pugni da solo, riuscendo persino a sgretolarsi, ben prima della fine della proiezione.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a misterbughivughi »
[ - ] lascia un commento a misterbughivughi »
|
|
d'accordo? |
|
|