ivan91
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lunedì 28 febbraio 2011
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geniale metafora sul nostro tempo
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un film grandioso pessimista ma con un barlume di speranza (da qualche parte nel buoi c'e un fuoco), javier bardem è eccelente nella parete del killer pscicopatico un film che non lacia un attimo di tregua fino al finale mozziafiato estremamente emozionante e inaspettato
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leooooo
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giovedì 24 febbraio 2011
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bellissimo!!!!
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si merita gli oscar che ha preso forse anche qual cosa di più. bardem è fantastico, molto simile al libro anzi si potrebbe dire che sia il copione. i coen riescono ancora una volta a girare un capolavoro, credo sia il loro migliore!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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tony montana
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domenica 2 gennaio 2011
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feroce
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Llewelyn Moss trova un camioncino circondato da cadaveri. A bordo si trovano ancora un carico di eroina e due milioni di dollari. Quando Moss prende i soldi, innesca una reazione a catena di violenza catastrofica che nemmeno la legge del Texas, impersonata dal disilluso sceriffo Bell, riesce a fermare. Moss, si ritroverà a fronteggiare faccia a faccia, l’incarnazione del male…
Sarà vero che un film può reggersi solo ed esclusivamente sui personaggi, quasi dimenticandosi della storia che narra? Osservando No Country for Old Men saremmo indotti a dare una risposta positiva. L’ultima fatica di una delle “coppie” più celebri del panorama cinematografico odierno ha basi solide, solidissime: il libro da cui è tratta la pellicola è infatti un pluripremiato romanzo di Cormac McCarthy che, in poco più di 200 pagine, racconta una storia di sangue, morte, soldi e west; tutti argomenti cari ai Coen che, una volta spurgato il testo originale di alcuni elementi secondari e aumentato il livello di humour (nero), si concentrano sul terzetto di protagonisti ottenendo risultati decisamente lusinghieri.
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Llewelyn Moss trova un camioncino circondato da cadaveri. A bordo si trovano ancora un carico di eroina e due milioni di dollari. Quando Moss prende i soldi, innesca una reazione a catena di violenza catastrofica che nemmeno la legge del Texas, impersonata dal disilluso sceriffo Bell, riesce a fermare. Moss, si ritroverà a fronteggiare faccia a faccia, l’incarnazione del male…
Sarà vero che un film può reggersi solo ed esclusivamente sui personaggi, quasi dimenticandosi della storia che narra? Osservando No Country for Old Men saremmo indotti a dare una risposta positiva. L’ultima fatica di una delle “coppie” più celebri del panorama cinematografico odierno ha basi solide, solidissime: il libro da cui è tratta la pellicola è infatti un pluripremiato romanzo di Cormac McCarthy che, in poco più di 200 pagine, racconta una storia di sangue, morte, soldi e west; tutti argomenti cari ai Coen che, una volta spurgato il testo originale di alcuni elementi secondari e aumentato il livello di humour (nero), si concentrano sul terzetto di protagonisti ottenendo risultati decisamente lusinghieri.
No Country for Old Men è quasi un film ad episodi: i tre protagonisti non si incrociano mai e ognuno di essi ha sufficiente forza per catalizzare l’attenzione del pubblico. Moss è l’uomo ordinario che cade nella trappola ordita dalla sorte: potrebbe rinunciare al denaro, ma crede di essere abbastanza furbo e scaltro da evitare conseguenze (che invece ovviamente arriveranno) per sé e per sua moglie; Chigurh è il male in persona, la morte con la falce e la clessidra, una macchina abbatti uomini paranoica con una curiosa passione per il gioco del “testa o croce” e la peggiore pettinatura mai vista su essere umano; Bell è il vecchio, stanco e rassegnato sceriffo che non riesce a comprendere le origini del male che lo circonda e soverchia.
I Coen, che sfruttano al meglio la sensazionale fotografia di Roger Deakins (da premiare seduta stante), firmano almeno una mezza dozzina di sequenze da cineteca: il dialogo tra Bardem e l’ottimo Harrelson, la chiacchierata finale tra lo sconsolato sceriffo e la moglie, l’incidente automobilistico, l’escamotage pensato e realizzato dal killer per entrare nella farmacia e rubare le medicine di cui ha bisogno… e si potrebbe continuare. Senza pretese di realismo nella messa in scena (Chigurh è praticamente immortale, la violenza è presente in dosi dopanti e messa in scena in maniera alquanto creativa), i fratelli tornano ai fasti di Fargo e Blood Simple, offrendo al pubblico il loro marchio di fabbrica, la loro cifra stilistica: personaggi memorabili, dialoghi di spessore, scene da ricordare, citazioni e omaggi al grande cinema di una volta (Ford e Peckinpah in primis).
Il cast è semplicemente straordinario: Josh Brolin dimostra di essere la sorpresa del momento, visto che interpreta film su film mantenendosi sempre su un ottimo livello, Tommy Lee Jones è un talento di razza che negli ultimi anni ha finalmente ritrovato se stesso dopo qualche filmaccio di troppo mentre Javier Bardem, che ha già l’Oscar in tasca (e vorremo pure vedere…), firma la sua migliore interpretazione di sempre, dando folle umanità e autentico spessore ad un personaggio singolare e sopra le righe. Crudele, poetico, minimalista, mistico, crepuscolare e pessimista, Non è un paese per vecchi centra il bersaglio: dopo un paio di film non del tutto riusciti, almeno in base agli alti standard che hanno caratterizzato la loro carriera, i Coen sono tornati alla grande.
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immanuel
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lunedì 15 novembre 2010
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viaggio in un deserto di violenza
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Non è un paese per vecchi. Non lo è per il vegliardo sceriffo interpretato da un perfetto Tommy Lee Jones. Vi si trova invence perfettamente a suo agio il pericoloso psicopatico che va a caccia di una valigia piena di denaro, Javier Bardem, anche lui pienamente all'altezza del ruolo assegnatogli. Uno squilibrato assassino che non esita a dare la stura a qualsiasi istinto di violenza pur di accreditarsi la meta suprema: l'arricchimento. Ma non c'è solo la caccia al denaro in questo folle. C'è un universo parallelo di sua ideazione regolato da leggi proprie, del quale è lui solo arbitro, che lo mette nella condizione di fare da giudice sulla vita delle persone. Un sistema oscuro nella mente degenerata di Bardem in virtù del quale testa o croce può significare stroncare una vita umana.
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Non è un paese per vecchi. Non lo è per il vegliardo sceriffo interpretato da un perfetto Tommy Lee Jones. Vi si trova invence perfettamente a suo agio il pericoloso psicopatico che va a caccia di una valigia piena di denaro, Javier Bardem, anche lui pienamente all'altezza del ruolo assegnatogli. Uno squilibrato assassino che non esita a dare la stura a qualsiasi istinto di violenza pur di accreditarsi la meta suprema: l'arricchimento. Ma non c'è solo la caccia al denaro in questo folle. C'è un universo parallelo di sua ideazione regolato da leggi proprie, del quale è lui solo arbitro, che lo mette nella condizione di fare da giudice sulla vita delle persone. Un sistema oscuro nella mente degenerata di Bardem in virtù del quale testa o croce può significare stroncare una vita umana. Quest'ultima è succube dell'arbitrio umano, perché gli uomini nel deserto selvaggio oscillano tra il culto delle cose terrene e l'attrazione verso il polo della violenza: la vita umana è posta in mezzo a tali poli e per questo motivo è ritenuta secondaria rispetto al conseguimento degli obbiettivi primari per la belva umana. Una belva assassina che si lascia alle spalle una striscia di sangue interminabile. In questo deserto di raccapriccio e violenza il contraltare è rappresentato dalla figura discussa, rassegnata e sofferta dello sceriffo, impotente e sgomento di fronte a tanto male. Con nostalgia ritorna ai tempi andati, rivive gli scenari di una volta, ma alla fine non vi trova, nemmeno nel ricordo di questo, il sicuro rifugio, il rinfrancamento necessario. La violenza c'era prima, c'è oggi in misura spaventosamente maggiore. Lo spettatore diventa così, per i Coen, un voyeur del male che con morbosa attenzione aspetta la prossima esecuzione, ma non lo fa attraverso l'opportuna scenografia e gli adatti lambiccamenti che ci avrebbe mostrato Tarantino. I due registi riescono a farci compiere questo viaggio nella barbarie fermo restando, e di questo ce ne compiaciamo debitori, un solido distacco che ci pone in una posizione di critici rispetto ad un mondo del quale non vorremmo far parte.
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shadow
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sabato 23 ottobre 2010
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agghiacciante...
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Tratto dal romanzo di Cormac McCarthy, Non è un paese per vecchi è una violenta storia che si svolge nel Texas: Llewelyn Moss, un semplice operaio veterano del vietnam, trova per caso una borsa contenente somma di denaro esorbitante. Troppo denaro per lasciarlo lì, così dopo aver deciso di tenersi i soldi, l'uomo si troverà a dover scappare sia da una banda di banditi messicani, sia da Chigurh, uno psicopatico assassino assoldato per recuperare il denaro. Alla violenza e al male che rappresenta Chigurh si contrappone l'umanità e il bene simboleggiato dallo sceriffo Ed Tom Bell, un vecchio nostalgico, il quale non riesce a comprendere la violenza in cui si trova l'america, un paese non per vecchi.
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Tratto dal romanzo di Cormac McCarthy, Non è un paese per vecchi è una violenta storia che si svolge nel Texas: Llewelyn Moss, un semplice operaio veterano del vietnam, trova per caso una borsa contenente somma di denaro esorbitante. Troppo denaro per lasciarlo lì, così dopo aver deciso di tenersi i soldi, l'uomo si troverà a dover scappare sia da una banda di banditi messicani, sia da Chigurh, uno psicopatico assassino assoldato per recuperare il denaro. Alla violenza e al male che rappresenta Chigurh si contrappone l'umanità e il bene simboleggiato dallo sceriffo Ed Tom Bell, un vecchio nostalgico, il quale non riesce a comprendere la violenza in cui si trova l'america, un paese non per vecchi. Diretto magistralmente dai fratelli coen e interpretato da un cast eccellente dove Javier Bardem da volto a uno dei più terribili antagonisti della storia cinematografica, Non è un paese per vecchi non è niente di meno che un capolavoro. Mirabolante caso di film privo di colonne sonore ma che riesce lo stesso a tenere col fiato sospeso tutto il tempo lo spettatore.
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valterth
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giovedì 21 ottobre 2010
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connessione fra idealita' ed attualita'
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Recentemente ho rivisto il film ad un cineforum e devo dire che il film a distanza di tempo si e' rivelato di una staordinaria attualita'- Il film e' uno straodinario esempio di connessione tematiche , che spaziano dalla lotta alla criminalita' ed alla droga, alla convivenza fra giovani ed anziani ed alle marginalita' sociali. La pellicola ci racconta che chi e' ai margini o addirittura escluso dalla generale fruizione dei beni economici tende a dimenticare i piu' importanti valori umani come la comprensione e l'affettuosa assistenza privilegiando il denaro come unica panacea. E' un film intrigante e sociologico che mette a nudo la societa' Americana e di riflesso parte del vecchio Continente.
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Recentemente ho rivisto il film ad un cineforum e devo dire che il film a distanza di tempo si e' rivelato di una staordinaria attualita'- Il film e' uno straodinario esempio di connessione tematiche , che spaziano dalla lotta alla criminalita' ed alla droga, alla convivenza fra giovani ed anziani ed alle marginalita' sociali. La pellicola ci racconta che chi e' ai margini o addirittura escluso dalla generale fruizione dei beni economici tende a dimenticare i piu' importanti valori umani come la comprensione e l'affettuosa assistenza privilegiando il denaro come unica panacea. E' un film intrigante e sociologico che mette a nudo la societa' Americana e di riflesso parte del vecchio Continente. Ci fa' comprendere a mio avviso come l'emarginazione non e' un fenomeno riducibile alla individualita' delle situazioni ma e' un processo sociale tra i piu' gravi che rischia se non adeguatamente affrontato di far regredire la nostra civilta'. A volte rivedere un film ( che tempo fa' avevo giudicato mediocre ) fa bene ed aiuta a riflettere e rivedere alcuni posizioni precedentemente assunte. I f.lli Coen ci hanno voluto con il film trasmetterci un messaggio forte ricordandoci che la marginalita' urbana e territoriale, poverta' e neo poverta', droga , devianza e criminalita' sono figlie del consumismo e che la relativa sottovalutazione si traduce nella mancanza di rispetto generazionale. non e' un paese per vecchi !!!!
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sixy89
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domenica 10 ottobre 2010
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sopravvalutato
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Il film è uno spaccato del nostro mondo, che evidenzia la crudeltà umana, la freddezza nella follia omicida, e è impressionante la calma del protagonista che uccide uno dopo l'altro tutti coloro che gli prestano davanti, senza alcuna emozione.
Sinceramente l'ho trovato un film senza un perchè..una rappresentazione della realta cruda e semplice di come gira il mondo: i cattivi vincono sempre.
Nulla di più.
Voto:5
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postuomo
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mercoledì 22 settembre 2010
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nemmeno questo è paese per vecchi...neanche per...
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cerco un lavoro, anche nel cinema e TV e con qualunque ruolo, anche manovale,
nessuno vuole dipendenti , sono costi fissi,
solo precari , foglie al vento, contratti abbelinàti , , ,
la situazione visibile nella nostra realtà
è di una violenza illimitàta, senza regole,
senza sussidi se non lavori,
molto molto amerikàna di frontiera .
il lavoro è solo per chi è già ricco ,
altrimenti c'è solo la morte.
se vogliono vendere,
perchè i datori di lavoro non assumono?
le famiglie avrebbero stipendi fissi
e comprerebbero,
e con i proventi si potrebbe esportare,
ma è più bello giocare alla violenza sulla gente,
la caccia-assedio all'uomo come nel film,
e far fallire tutta l'economia ,
come se la gente non fosse in realtà
la padrona di quel denaro che nel film
si cerca di sottrarre , , ,
avevo previsto la crisi che
all'epoca della gestazione del film
stava per arrivare,
per questo mi hanno chiamato
postuomo,
essere di un'epoca futura,
quella che è già iniziata dopo la fine della precedente , , ,
non ho fatto nulla di così difficile e che richiedesse intelligenza,
ma chi è riuscito a capire cosa arrivava?
in un paese per non vecchi,
e ancora di più in uno
per non giovani ,
come il nostro
:: è impossibile
.
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cerco un lavoro, anche nel cinema e TV e con qualunque ruolo, anche manovale,
nessuno vuole dipendenti , sono costi fissi,
solo precari , foglie al vento, contratti abbelinàti , , ,
la situazione visibile nella nostra realtà
è di una violenza illimitàta, senza regole,
senza sussidi se non lavori,
molto molto amerikàna di frontiera .
il lavoro è solo per chi è già ricco ,
altrimenti c'è solo la morte.
se vogliono vendere,
perchè i datori di lavoro non assumono?
le famiglie avrebbero stipendi fissi
e comprerebbero,
e con i proventi si potrebbe esportare,
ma è più bello giocare alla violenza sulla gente,
la caccia-assedio all'uomo come nel film,
e far fallire tutta l'economia ,
come se la gente non fosse in realtà
la padrona di quel denaro che nel film
si cerca di sottrarre , , ,
avevo previsto la crisi che
all'epoca della gestazione del film
stava per arrivare,
per questo mi hanno chiamato
postuomo,
essere di un'epoca futura,
quella che è già iniziata dopo la fine della precedente , , ,
non ho fatto nulla di così difficile e che richiedesse intelligenza,
ma chi è riuscito a capire cosa arrivava?
in un paese per non vecchi,
e ancora di più in uno
per non giovani ,
come il nostro
:: è impossibile
. Grazie al regista e ai bravissimi attori
per averlo anticipato,
con coraggio, contro la cecità
di un'intera economia.
il postuomo
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ivan91
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martedì 24 agosto 2010
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la malvagità umana
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un film diretto benissimo dai grandi fratelli chen che con questo lavoro toccano l'apice della carrriera realizzando un film sulla malvagità umana e su come questa possa distruggere il vecchio per far posto al nuovo dove non esistono regole e principi; la società sta andando a pezzi è questo quello che il film vuole trasmettere alllo spettatore e il loro intento è quello di mostrare un briciolo di umanità in un mondo che è gorvenato dalla follia ci riescono grazie alllo sceriffo tommy lee jones. un film che non finisce bene e che lascia denttro un inspiegabile malessere. il sogno finale non e altro che una metafora quel "poi mi sono svegliato" indica che lo sceriffo pè tornato alla cruda realtàe il suo stesso sogno è un utopia.
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un film diretto benissimo dai grandi fratelli chen che con questo lavoro toccano l'apice della carrriera realizzando un film sulla malvagità umana e su come questa possa distruggere il vecchio per far posto al nuovo dove non esistono regole e principi; la società sta andando a pezzi è questo quello che il film vuole trasmettere alllo spettatore e il loro intento è quello di mostrare un briciolo di umanità in un mondo che è gorvenato dalla follia ci riescono grazie alllo sceriffo tommy lee jones. un film che non finisce bene e che lascia denttro un inspiegabile malessere. il sogno finale non e altro che una metafora quel "poi mi sono svegliato" indica che lo sceriffo pè tornato alla cruda realtàe il suo stesso sogno è un utopia.ormai è sempre digfficile trovere un fuoco da qualche parte, oscar meritatissimi.
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silvio69
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lunedì 16 agosto 2010
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"poi mi sono svegliato"
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un bellisssimo film sullla violenza e la perdita dei valori nella società contemporanea da oscar una storia da brivido che tiene col fiato sospeso fino al meraviglioso e riflessivo fianle!!! oscar meritati
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