steffa
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mercoledì 24 maggio 2023
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un dark dai colori sgargianti
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burton non si smentisce e sfodera fuori l'ennesimo film dark , da un lato la casa dei poveri grigia , quasi in bianco e nero, dove però si vive felici, e dall'altro il castello super colorato dove però regna la solitudine, un Johnny Depp tediato ed alienato tira vanti per tutto il film ed alla lunga stanca ed annoia , da vedere una sola volta
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luca scialo
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domenica 15 novembre 2020
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il cioccolato come metafora della vita
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Tim Burton traspone un romanzo Charlie and the Chocolate Factory, in modo più fedele rispetto alla precedente interpretazione cinematografica del 1971 con Gene Wilder (diventata famosa sui Social per un meme evergreen). Si affida, come sempre, al fido Johnny Depp, sempre straordinario nei panni del fantasioso Willy Wonka. Il quale, dietro le sue straordinarie invenzioni, maschera una infanzia triste e difficile complice il rigido padre dentista. Che gli vietava di mangiare qualsivoglia dolciume. E lo obbligava a tenere un orribile apparecchio per i denti. Un giorno, Wonka decide di aprire la sua fabbrica, ormai chiusa al pubblico e agli operai umani (si affida a macchinari e agli gnomi Umpa Lumpa) a 5 bambini che avrebbero trovato i soli 5 biglietti d'oro presenti in tutto il Mondo.
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Tim Burton traspone un romanzo Charlie and the Chocolate Factory, in modo più fedele rispetto alla precedente interpretazione cinematografica del 1971 con Gene Wilder (diventata famosa sui Social per un meme evergreen). Si affida, come sempre, al fido Johnny Depp, sempre straordinario nei panni del fantasioso Willy Wonka. Il quale, dietro le sue straordinarie invenzioni, maschera una infanzia triste e difficile complice il rigido padre dentista. Che gli vietava di mangiare qualsivoglia dolciume. E lo obbligava a tenere un orribile apparecchio per i denti. Un giorno, Wonka decide di aprire la sua fabbrica, ormai chiusa al pubblico e agli operai umani (si affida a macchinari e agli gnomi Umpa Lumpa) a 5 bambini che avrebbero trovato i soli 5 biglietti d'oro presenti in tutto il Mondo. Biglietti che andranno nelle mani di 4 bambini ingordi, con peccati capitali rispettivi diversi, ma anche al povero Charlie. Il più modesto di tutti, anche di carattere. La pellicola è diventata un cult natalizio ormai, alla pari di Nightmare before Christmas. Con tanto di morale: alla fine, la modestia e i sani valori trionfano sempre. Magari fosse davvero così. Fatto sta che il film riesce a trattenere piacevolmente, non disdegnando momenti di riflessione. Gli effetti speciali sono al servizio degli attori in carne ed ossa e non viceversa. Come ormai avviene spesso. La sceneggiatura è altrettanto solida. Uno dei film del genere Fantastico più riusciti di sempre.
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giuseppetoro
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sabato 27 ottobre 2018
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dolce film
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film, bello, un proprietario di una fabbrica di cioccolato, testardo e chiuso, ma grazie ad un ragazzino scopra l'importanza della famiglia
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paolp78
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sabato 28 luglio 2018
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molto meglio dell'originale
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Alcuni film che hanno avuto un buon successo nel loro paese, ma scarsa diffusione fuori, vengono subito rifatti a Hollywood con grande successo (ad esempio “The Departed” o “Scent of a woman”); altre volte si ha a che fare con classici della letteratura, che vengono trasposti al cinema più e più volte, in varie versioni (I tre moschettieri” o “Robin Hood” per dirne un paio).
Questi casi sono diversi da quelli di un remake di un film di successo (non tratto da un grande classico della letteratura) girato molti anni prima. In quest’ultima ipotesi il compito è particolarmente arduo, perché è gravoso il paragone col film originale, che avendo avuto successo, gode dell’affetto del grande pubblico, pronto a impallinare il remake alla prima sbavatura.
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Alcuni film che hanno avuto un buon successo nel loro paese, ma scarsa diffusione fuori, vengono subito rifatti a Hollywood con grande successo (ad esempio “The Departed” o “Scent of a woman”); altre volte si ha a che fare con classici della letteratura, che vengono trasposti al cinema più e più volte, in varie versioni (I tre moschettieri” o “Robin Hood” per dirne un paio).
Questi casi sono diversi da quelli di un remake di un film di successo (non tratto da un grande classico della letteratura) girato molti anni prima. In quest’ultima ipotesi il compito è particolarmente arduo, perché è gravoso il paragone col film originale, che avendo avuto successo, gode dell’affetto del grande pubblico, pronto a impallinare il remake alla prima sbavatura.
Certamente questo rischio poteva essere corso da “La fabbrica di cioccolato”, remake di un ben noto film del 1971 con Gene Wilder, ma il prodotto finale è talmente superiore al primo film da fare ammutolire ogni critica.
Lo straordinario risultato lo si deve indiscutibilmente al genio di Tim Burton, che con un soggetto del genere per le mani si trova a suo completo agio, potendo sbizzarrire la sua immaginifica fantasia, con ampio e sapiente uso degli straordinari mezzi tecnici ed effetti speciali di cui si può usufruire oggigiorno.
Il risultato finale è un film straordinario per impatto visivo. Burton riesce a creare in scena una deliziosa atmosfera fiabesca, azzeccatissima, che costituisce uno dei punti forti della pellicola.
Ottimo anche il ritmo della narrazione, briosa e accattivante. Il film scorre molto piacevolmente.
Segnalo infine, perché personalmente mi hanno divertito moltissimo, i servizi giornalistici dedicati ai bambini che avevano trovato il biglietto dorato: delle vere chicche.
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venerdì 13 aprile 2018
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cioccholait
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e veramente bellissimo questo film;;;;;;
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martedì 27 febbraio 2018
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fabbrica
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Voi mangiare tanto ciccione mattia curtacci sono pazzo coccolato
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aristoteles
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venerdì 15 aprile 2016
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willy wonka willy wonka
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La Fotografia e' splendida,fabbrica e paese compresi.
Charlie e la sua famiglia sono di una simpatia assoluta, Wonka e gli Umpa Lumpa brillano di fascino proprio e il cioccolato non può che trasmetterci sensazioni positive.
La storia è piuttosto originale (anche se di tratta di un remake) e l'atmosfera frizzante anche grazie ad un'altra splendida interpretazione di Depp.
In contrapposizione a tutti questi elementi positivi c'è una certa ripetitività nella sceneggiatura.
È vero che è una fiaba moderna ma le surreali eliminazioni dei vari contendenti sono piuttosto prevedibili anche se fantasiose.
Anche il difficile rapporto padre/figlio non viene snocciolato con dovizia anche se giustifica la tendenza alla solitudine del buon Willy.
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La Fotografia e' splendida,fabbrica e paese compresi.
Charlie e la sua famiglia sono di una simpatia assoluta, Wonka e gli Umpa Lumpa brillano di fascino proprio e il cioccolato non può che trasmetterci sensazioni positive.
La storia è piuttosto originale (anche se di tratta di un remake) e l'atmosfera frizzante anche grazie ad un'altra splendida interpretazione di Depp.
In contrapposizione a tutti questi elementi positivi c'è una certa ripetitività nella sceneggiatura.
È vero che è una fiaba moderna ma le surreali eliminazioni dei vari contendenti sono piuttosto prevedibili anche se fantasiose.
Anche il difficile rapporto padre/figlio non viene snocciolato con dovizia anche se giustifica la tendenza alla solitudine del buon Willy.
Ne consiglio la visione ma non riesco a definirlo capolavoro assoluto.
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orione95
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mercoledì 7 ottobre 2015
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una parabola utopistica per grandi e piccini
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Una mastodontica riflessione in grado di spaziare dall'economia (facendosi portavoce della più pesante critica al sistema della fabbrica) all'umanistica (presentandosi come una squisita trattazione di vizi e virtù): ecco, questo è "La fabbrica di cioccolato" in poche parole.
Tratto dall'omonimo romanzo cult per preadolescenti di Roald Dahl, questo "gustoso capolavoro" firmato Tim Burton riscopre il significato originario dell'opera tradendo, almeno apparentemente, quanto compiuto negli anni 70 dal Mel Stuart e il suo "Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato". Già, perché mentre Stuart aveva indirizzato l'opera del Dahl ad un pubblico quasi esclusivamente giovanissimo, per ciò avvalendosi del più accessibile degli espedienti, la produzione natalizia, Burton confeziona una pellicola che con la precedente condivide solo il soggetto, presentandosi come una vera e propria critica alla società del vecchio (e nuovo) millennio.
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Una mastodontica riflessione in grado di spaziare dall'economia (facendosi portavoce della più pesante critica al sistema della fabbrica) all'umanistica (presentandosi come una squisita trattazione di vizi e virtù): ecco, questo è "La fabbrica di cioccolato" in poche parole.
Tratto dall'omonimo romanzo cult per preadolescenti di Roald Dahl, questo "gustoso capolavoro" firmato Tim Burton riscopre il significato originario dell'opera tradendo, almeno apparentemente, quanto compiuto negli anni 70 dal Mel Stuart e il suo "Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato". Già, perché mentre Stuart aveva indirizzato l'opera del Dahl ad un pubblico quasi esclusivamente giovanissimo, per ciò avvalendosi del più accessibile degli espedienti, la produzione natalizia, Burton confeziona una pellicola che con la precedente condivide solo il soggetto, presentandosi come una vera e propria critica alla società del vecchio (e nuovo) millennio. Ognuno dei piccoli personaggi rappresenta un vizio particolare (la gola, la superbia, l'ira, la gelosia), e la fabbrica di cioccolato, apparente ricettacolo di tale perdizione, si scopre essere piuttosto il cuore pulsante di quella catarsi così necessaria tanto per i giovani protagonisti quanto per il mondo intero. Con la sola esclusione di Charlie Bucket. Egli infatti, simbolo di un'infanzia dimenticata e vittima delle ingiuste prassi della società, si rivela in tutta la sua purezza, proprio perché della suddetta società egli occupa un gradino basso, così basso da sfuggire ad ogni possibile corruzione. Insomma, Charlie e la sua famiglia rappresentano il lieto fine del Dahl: una correttezza e una bontà che il mondo ha mantenuto e che può ancora riscoprire. D'altro canto, figlio di due mondi (fiaba e critica sociale), Willy Wonka (qui magistralmente interpretato da un fantastico ed evocativo Johnny Depp) altro non è che l'uomo vittima della sua stessa abnegazione al lavoro, ormai sfociata nell'utopia e nella totale alienazione, alienazione peraltro condivisa con ogni singolo suo operaio, parafrasi del lavoratore svuotato dal costante svolgimento di ciò che invece dovrebbe nobilitarlo.
Detto ciò, appare necessario, almeno al sottoscritto, tessere le lodi dell'ispirato comparto musicale, firmato Danny Elfman, in grado di accompagnare abbastanza efficacemente il susseguirsi delle vicende, e degli ottimi effetti speciali, ben capaci di alternare scene reali a montaggi computerizzati.
In conclusione ritengo "La fabbrica di cioccolato" un capolavoro in tutte le sue forme, sia letteraria che cinematografica, e ne consiglio la visione (e la lettura) non soltanto ai più piccoli, ma anche a coloro i quali ricordano ancora un beffardo Gene Wilder col suo buffo cappello a cilindro.
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fede slevin
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mercoledì 7 ottobre 2015
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la vera dolcezza risiede nei valori
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Willy Wonka, il più grande cioccolatiere di tutti i tempi, indìce un misterioso concorso: i fortunati cinque vincitori avranno l'onore di visitare la famigerata fabbrica con la promessa di un grande premio finale...
Che cos'è La Fabbrica di Cioccolato? Un sofisticato ribaltamento di ruoli, in cui l'unico vero bambino è l'eccentrico titolare Willy Wonka, con la sua fantasia, il desiderio per i dolci e i capricci tipici di un bambino qualunque. Qualunque, appunto, perchè anche Charlie rappresenta il lato infantile della vita e il gusto di saper sognare ad occhi aperti ed emozionarsi per ogni cosa, proprio come un bambino, ma in un certo senso egli fa da contraltare ad una spensieratezza fine a se stessa, mettendo in scena una personalità davvero matura e rispettosa, incarnando forse il personaggio ideale, quel giusto ibrido tra senso della realtà e spirito fanciullesco.
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Willy Wonka, il più grande cioccolatiere di tutti i tempi, indìce un misterioso concorso: i fortunati cinque vincitori avranno l'onore di visitare la famigerata fabbrica con la promessa di un grande premio finale...
Che cos'è La Fabbrica di Cioccolato? Un sofisticato ribaltamento di ruoli, in cui l'unico vero bambino è l'eccentrico titolare Willy Wonka, con la sua fantasia, il desiderio per i dolci e i capricci tipici di un bambino qualunque. Qualunque, appunto, perchè anche Charlie rappresenta il lato infantile della vita e il gusto di saper sognare ad occhi aperti ed emozionarsi per ogni cosa, proprio come un bambino, ma in un certo senso egli fa da contraltare ad una spensieratezza fine a se stessa, mettendo in scena una personalità davvero matura e rispettosa, incarnando forse il personaggio ideale, quel giusto ibrido tra senso della realtà e spirito fanciullesco.
E gli altri visitatori? Niente di più che icone, stereotipi della società portati all'estremo (e già qui si riconosce il tocco di Burton) tra i quali spicca anche qualche evidente peccato capitale pronto a ritorcersi contro il suo misero impersonificatore all'interno della dantesca fabbrica, in cui ognuno paga i propri vizi finendo nel girone corrispondente. Tra cascate di cioccolato, colori da réclame e gusti ai limiti della fantasia, la narrazione viene scandita da brevi intermezzi musicali, così apparentemente senza senso eppure così aspri (nonostante il dolce regni incontrastato) nel criticare una società vuota e priva di valori; valori che sembrano non mancare a Charlie, il quale si troverà, sul finale, a servire l'assist vincente per la morale di chiusura. Per concludere, parlando di stile, si potrebbe pensare che il fosco ed inquietante Tim Burton sia scemato per venire incontro alla narrazione di Dahl, ma il prodotto rafforza più che mai l'espressionismo allucinato dell'autore cinematografico che semplicemente sostituisce il grigio con colori da diabete, offrendo lo stesso destabilizzante risultato. Pregevole l'omaggio in stile post-moderno a Kubrick in cui il megalite, la coscienza, viene posto qui al pari di una tavoletta di cioccolato per il cioccolatiere Willy. Depp ancora una volta magistrale nei panni che gli si addicono di più.
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great steven
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domenica 19 aprile 2015
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versione leale e scattante del classico di dahl.
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LA FABBRICA DI CIOCCOLATO (USA, 2005) diretto da TIM BURTON. Interpretato da JOHNNY DEPP, FREDDIE HIGHMORE, HELENA BONHAM CARTER, CHRISTOPHER LEE, DEEP ROY, DAVID KELLY, NOAH TAYLOR, ANNASOPHIA ROBB, JAMES FOX, DAVID MORRIS, JORDAN FRY, JULIA WINTER
Charlie è un bambino povero che abita con i genitori e i quattro nonni nella zona più squallida e malandata di una città divenuta famosa per la presenza della più prestigiosa e fantastica fabbrica di cioccolato al mondo, dove un tempo il nonno paterno di Charlie lavorava come inserviente. Dal momento che suo padre ha perso il suo posto all’industria di dentifrici, la famiglia deve trovare alla svelta un mezzo efficace per sbarcare alla bell’e meglio il lunario, quando una notizia strepitosa viene fatta diffondere da Willy Wonka, il misterioso padrone della fabbrica che nessuno ha mai visto in faccia: cinque biglietti d’oro contenuti in altrettante, comunissime barrette di cioccolato sono stati messi in commercio su tutto il pianeta, e i cinque bambini che avranno la fortuna di trovarli avranno diritto ad una visita della fabbrica della durata di un giorno, guidati in quel favoloso luogo dallo stesso Wonka.
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LA FABBRICA DI CIOCCOLATO (USA, 2005) diretto da TIM BURTON. Interpretato da JOHNNY DEPP, FREDDIE HIGHMORE, HELENA BONHAM CARTER, CHRISTOPHER LEE, DEEP ROY, DAVID KELLY, NOAH TAYLOR, ANNASOPHIA ROBB, JAMES FOX, DAVID MORRIS, JORDAN FRY, JULIA WINTER
Charlie è un bambino povero che abita con i genitori e i quattro nonni nella zona più squallida e malandata di una città divenuta famosa per la presenza della più prestigiosa e fantastica fabbrica di cioccolato al mondo, dove un tempo il nonno paterno di Charlie lavorava come inserviente. Dal momento che suo padre ha perso il suo posto all’industria di dentifrici, la famiglia deve trovare alla svelta un mezzo efficace per sbarcare alla bell’e meglio il lunario, quando una notizia strepitosa viene fatta diffondere da Willy Wonka, il misterioso padrone della fabbrica che nessuno ha mai visto in faccia: cinque biglietti d’oro contenuti in altrettante, comunissime barrette di cioccolato sono stati messi in commercio su tutto il pianeta, e i cinque bambini che avranno la fortuna di trovarli avranno diritto ad una visita della fabbrica della durata di un giorno, guidati in quel favoloso luogo dallo stesso Wonka. Charlie recupera uno dei cinque biglietti e, accompagnato dal nonno, può entrare insieme ad altri quattro bambini (tutti molto più benestanti e spocchiosi di lui) a vedere un posto davvero fuori dall’ordinario in tutti i sensi. Ma Wonka ha in mente uno spietato gioco al massacro per i suoi (in fondo) malcapitati visitatori, perché alla fine del giro di perlustrazione soltanto un bambino, sui cinque selezionati, conquisterà un ambito e ignoto premio. Una troupe di attori motivati e uniti da un affiatamento comune e partecipante impreziosisce di una manciata di ottime interpretazioni un fantasy che va contro le regole dello stesso genere a cui appartiene per inscenare una scanzonata ma al tempo medesimo malinconica scampagnata in un ambiente che stupisce per originalità plastica, colori sgargianti, turbinii vaporosi e inventiva debordante. Le scenografie, in tal senso, forniscono un impiego utilissimo e funzionale alla raffigurazione di un topos dapprima letterario (alla base c’è infatti il bellissimo romanzo breve di Roald Dahl, pubblicato nel 1964, benché la sceneggiatura si prenda qualche licenza poetica di troppo nella sua trasposizione) e poi convertito in immagini audiovisive senza lesinare veicoli espressivi di prima scelta. Fra tutte le performances, lo stralunato ed enigmatico proprietario industriale di J. Depp è la scelta vincente: il suo bisogno di affetto, la sua solitudine apparentemente irrimediabile e la sua stravaganza fluttuante rimandano echi, voluti o no, alla parabola vitale della popstar Michael Jackson. Irresistibile il tormentone degli Oompa-Loompa (realizzati a partire dall’attore D. Roy, moltiplicato e miniaturizzato digitalmente per 165 volte), i piccoli aiutanti canterini di Willy Wonka che, ad ogni fanciullo costretto ad abbandonare il tour, intervengono in un simpatico stacchetto musicale in rima, molto ben tradotto nella versione italiana del film. Una pellicola che sostanzialmente e tecnicamente non aggiunge nulla di nuovo nell’itinerario di Burton, però arricchisce il suo itinerario di un piccolo, grande gioiello che sa valorizzare sé stesso per un caleidoscopio coinvolgente di creazioni cromatiche, un rimedio alla sua pesantezza retorica trovato nella felicità quasi puerile del divertimento elargito a grandi mani e un finale che, esulando dalla pagina scritta, migliora il libro inserendo un superamento del trauma edipico che giova tanto al nostalgico e bizzarro industriale quanto al suo nuovo e giovanissimo partner lavorativo. Da consigliare sia ai piccoli che agli adulti, e godibile da entrambe le categorie con eguale distacco sensazionale e spassoso travolgimento. Un’idea azzeccata della versione nostrana dell’opera è l’inserimento di Arnoldo Foà come voce narrante.
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