Testimoni silenziosi

Film 1914 | Drammatico 65 min.

Regia di Yevgeni Bauer. Un film con Aleksandr Chargonin, Aleksandr Kheruvimov, Dora Tschitorina, Viktor Petipa, Elsa Krueger. Cast completo Titolo originale: Nemye svideteli. Genere Drammatico - Russia, 1914, durata 65 minuti.

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Ugo Casiraghi
Ugo Casiraghi

Altro capolavoro, con una «perfetta struttura drammaturgica» (Leonardo Autera sul "Corriere della Sera"). Lo aveva già riconosciuto la critica russa dell'epoca, talvolta di una maturità sorprendente rispetto a quella europea.
«Quella linea che con un tratto netto divide i ceti sociali e pone una barriera insuperabile nei rapporti tra le persone di alto e di basso rango, appare come tema fondamentale di quest'opera. Il signore e la serva, il padrone e la schiava, due dimensioni diverse, due psicologie, due poli opposti... La vitalità dell'idea che nega alla radice la morale borghese... aumenta notevolmente il valore indubbio del film». Bauer gioca splendidamente sul décor, piegandolo alla funzione sociale. C'è un «alto» e un «basso» anche nella scenografia. Ma soprattutto la galleria dei personaggi è disegnata «sui toni di un severo realismo, pieno di verità e di naturalezza». «Non si può non ricordare - osserva ancora la recensione del 1914 - il piagnone senza forza di volontà, senza carattere, completamente assorbito dal suo miserabile 'io': egli vede in se stesso l'unica cosa di valore al mondo». Davanti a Testimoni silenziosi vien da credere che forse anche uno dei film irrimediabilmente perduti di Bauer potesse avere la medesima serietà, nonostante il suo titolo burlesco: Io zar, io schiavo, io verme, io Dio, ovvero: Le avventure di una cameriera. Qui la servetta che s'innamora del padrone attraverso la compassione che prova per lui e per la sua «solitudine», e un personaggio schietto e doloroso: ed è lei che alla fine, quando i signori partono in gruppo per le vacanze, rimane veramente sola col suo folle rimpianto. Chi è perfettamente «in società» è la nobildonna civetta e corrotta, che si gode sorridendo pacificamente la sua esistenza di egoista; coloro che ne son «fuori» sono l'innamorato della cameriera, un lacché gentile che si consola giocando a scacchi col vecchio portiere, e questo nonno in livrea, figura indimenticabile anche se appena tratteggiata. «Estenuato e abbattuto dalla durezza della vita», come lo descrive il puntualissimo critico russo, è l'autentico testimone muto, che sa tutto, intuisce tutto - l'inaffidabilità dei signori come il tormento sentimentale della nipote - e non può fare e dire niente. Non osiamo pensare che Murnau potesse aver visto il film, ma è un fatto che il portiere gallonato impersonato da Emil Jannings in L'ultimo uomo gli assomiglia come una goccia d'acqua. Dieci anni dopo.
Da Alfabetiere del cinema, a cura di L. Pellizzari, Falsopiano, Alessandria, 2006

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