Tian, un giudice che pensa e agisce come un perfetto ingranaggio del sistema giudiziario cinese, ha appena perso la figlia investita da una macchina rubata e si ritrova a giudicare in tribunale il giovane ladro di automobili Qiu Wu. La sentenza emessa chiede la pena capitale, aggirabile da parte di Qiu Wu con la donazione di un rene, per il quale si dichiara interessato il ricco uomo d'affari Lee, malato terminale in attesa di un trapianto. Ma un'imminente modifica alla normativa sulla pena di morte rimette in discussione l'esito del processo, così come l'assoluta devozione di Tian per la legge di stato.
È raro che un film voglia confrontarsi con i labirinti burocratici del proprio sistema legislativo e soprattutto che a farlo sia un film proveniente da uno dei paesi con il tasso più alto di sentenze di morte eseguite. Jie Liu riesce invece ad affrontare questo scomodo ambito lavorando su un doppio registro: statico e parossistico mediante uno sviluppo lineare e letargico e uno struttura paradossale. Il contrasto formale è teso a rendere il dissidio interiore di un personaggio tipicamente kafkiano nella sua meschinità e nel suo impeto di ribellione bloccato, soffocato da un sistema burocratico di cui fa parte ed è fra i principali agenti. La storia si muove infatti per personaggi emblematici: Tian è soggetto passivo di un sistema legislativo intricato e contraddittorio dentro al quale annienta la sua individualità; Qiu Wu è il proletario reo confesso, vittima impotente di un sistema che lo prescrive ai margini della società; Lee rappresenta invece il potere, corrotto e malvagio anche a un passo dalla morte. Attorno a loro (non) si muove un universo sclerotizzato di burocrati, agenti e secondini che si esprimono e agiscono per formule ripetute e funzioni pre-programmate. È un espediente efficace per descrivere il perpetuarsi di un'azione continua ma alla realtà dei fatti inattuabile. Jie Liu è estremamente bravo a concepire una serie di inquadrature di grande potenza espressiva e di eleganza compositiva: piani statici in cui i personaggi sono fissi come statue e paiono animarsi solo per reazione indotta o per un moto di ribellione singhiozzante. La meccanica è quella di chi agisce attraverso gli organi di stato, o si dibatte all'interno e all'esterno per riconoscere agli altri e a se stesso un barlume di vitalità di fronte ad uno stato muto e sordo.