Ton è solo nel criticatissimo (dagli spettatori più sofisticati) Fantasia di Walt Disney o nelle composizioni scritte dai nostri premi Oscar più famosi per le cose destinate al cinema che si intrecciano i destini dello schermo e della musica detta colta (come se l'altra non lo fosse). Non penso di invadere il territorio del mio vicino di rubrica, Claudio Strinati, se segnalo un caso che è rimbalzato alle cronache in occasione della prima veneziana alla Fenice di un'opera poco rappresentata, Die tote Stadt (La città morta), di Erich Wolfgang Korngold. Lasciamo il giudizio «critico» agli esperti musicali. Ma la cosa sorprendente di quest'opera (soprattutto visto il suo cupissimo tema, il lutto) è l'età del compositore, che all'epoca, nel 1920, aveva solo ventitré anni e un facciotto da bambino. Quella di Korngold sulle scene d'opera fu tuttavia una breve carriera.
Austriaco, di origine ebraica, ammirato da Mahler e da Strauss, nel 1934, co me molti suoi correligionari, Korngold pensò bene di trasferirsi a Hollywood, dove venne assoldato dalla Warner per scrivere la musica di una serie di film, da Sogno di una notte di mezza estate di Max Reinhardt, per cui arrangiò la musica di Mendelssohn, a Capitan Blood, a La leggenda di Robin Hood, che gli valse un Oscar, a Il conte di Essex, a Lo sparviero del mare a Schiavo d'amore. Ma anche nel pieno del successo hollywoodiano, Korngold continuò a scrivere musica lirica e, anzi, nel 1946, smise di comporre per il cinema, con l'eccezione dell'adattamento delle musiche di Wagner per il suo biopic, Fuoco magico, di William Dieterle (dove si ritagliò un cammeo nei panni del direttore d'orchestra Hans Richter).
Korngold morì nel 1957. Oggi è considerato il maestro e l'inventore del modo di fare musica per il cinema. Chi ne sia incuriosito può trovare, oltre alle registrazioni di Die tote Stadt e di altre sue opere, un film documentario che gli è stato dedicato, Erich Wolfgang Korngold. The Adventures of a Wunderkind. A Portrait and Concert, regia di Barrie Gavin, produzione Arthaus Musik, 2003.
Da Il Venerdì di Repubblica, 6 febbraio 2009