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Rassegna stampa di Alf Sjöberg

Alf Sjöberg. Data di nascita 21 giugno 1903 a Stoccolma (Svezia) ed è morto il 16 aprile 1980 all'età di 76 anni a Stoccolma (Svezia).

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Studiò all'accademia d'arte drammatica insieme con un'allieva poco pRomattente che si chiamava Greta Gustafsson. La sua attività teatrale - prima come attore, poi come regista, scenografo e maestro di recitazione - è stata continuativa e, nonostante le sue incessanti ricerche in varie direzioni (favorite anche dai suoi costanti rapporti con le migliori esperienze europee), in certo senso più coerente. Quella cinematografica è stata invece saltuaria, anche se praticamente Sjöberg le ha dedicato i vent'anni dal 1940 al 1960. La sua personalità è complessa, il suo stile molto eclettico; pur con tutti i vizi 'da palcoscenico' la sua vocazione visiva è fuori dubbio; la sua irrequietezza lo porta a temere soprattutto il pericolo della stabilizzazione, della 'maniera'. Egli ha abbandonato il cinema più volté, negli anni venti e trenta, sfiduciato dal provincialismo e dal commercialismo della produzione svedese normale. Invano, nel film Il più fonte, del 1929, aveva cercato d'indicare la strada del realismo documentaristico, sia pure in una vicenda d'avventure e di caccia. Il primo decennio sonoro fu, nel migliore dei casi, dominato in Svezia dal dramma borghese tradizionale (col regista Molander e l'attrice Ingrid Bergman). In tale situazione, Sjöberg preferiva mettere in scena i classici al Regio Teatro Drammatico. Solo nel 1940 tornò dietro la macchina da presa, dirigendo un film all'anno nel periodo della guerra. I più importanti furono Himlaspelet (Il cammino verso il cielo, 1942) e soprattutto Hets (Spasimo, 1944), preceduto da un'operetta settecentesca di cappa e spada, Caccia reale, ribattezzata poi in Italia I cospiratori di Wismar. Saga mistica in natura pagana, Himlaspelet, scritto e interpretato da Rune Lindstròm, riportava sullo schermo in forma di poemetto allegorico il sereno mondo campagnolo e l'ingenuo e leggendario folclore che avevano costituito in precedenti decenni l'ispirazione di Sjiistròm. Spasimo era invece un cupo dramma di sadismo e di inquietudini psichiche e morali, che rovesciava il rapporto dell'Angelo azzurro mostrando una prostituta in balìa di un insegnante, alludeva simbolicamente all'oppressione nazista attraverso la figura del professore somigliante a Himmler e, nella predisposizione dei perseguitati a subire il male, annunciava certi temi che il cinema svedese avrebbe affrontato e sviluppato in seguito. Non per nulla lo scenario era stato fornito a Sjöberg da un giovane allora ventiseienne, di nome Ingmar Bergman. Dopo una parentesi romantica (mis fiore del Nord, 1946) in cui tornava la medesima coppia d'innamorati, Mai Zetteriing e Alf Kjellin, che il professor Caligola (Stig Jiirrel) aveva terrorizzato, il regista s'impegnò in altri due film tra i suoi più rilevanti: Bara en mon (Soltanto una madre, 1949) e Fròken Julie (1950, Palma d'oro ex-aequo a Cannes 1951, distribuito nel 1965 in Italia col titolo La notte del piacere). Sono due ritratti di donna, il primo immerso in un clima naturalistico e il secondo in una cornice di cristallino espressionismo, affidati a superbe attrici: Eva Dahlbeck con grande varietà d'accenti impersonava una contadina in lotta con un ambiente retrogrado, e Anita Bjòrk nei panni della Signorina Giulia dell'omonimo dramma di Strindberg, la «semi-donna» che odia gli uomini, la frigida contessina che si lascia possedere dal servo di casa (Ulf Palme) e poi ne prova freudianamente rimorso, fino ai suicidio. Due drammi intimisti, in fondo, che però Sjöberg rendeva estremamente dinamici, raggiungendo specie in Fròken Julie una sorta di affascinante e insieme irritante equilibrio instabile tra una forma gelida e un contenuto acceso. Dopo di che, mentre con Bergman il cinema svedese ascende a livelli mondiali, il cinema di Sjoberg conosce una lenta, involuta, irrimediabile parabola discendente, le cui tappe sono, dal 1953 al '60: Banabbas con Ulf Palme, Kanin Mansdotten con Ulla Jàcobsson e Jan Kulle, Uccelli selvatici con Maj-Britt Nilsson e Per Oscarsson, Fuori l'ultima coppia su scenario di Bergman, Il giudice (in italiano Angeli alla sbarra) con Ingrid Thuun; e finalmente - reduce da un ennesimo 'buen retiro' teatrale - L'isola, il cui fallimento, nonostante la sempre buona recitazione di Bibi Andersson e dell'intero cast, è stato registrato al festival di Cannes del 1966. Ma anche i suoi sbagli sono in qualche misura stimolanti: Sjöberg non s'accontenta mai delle soluzioni facili, è un ricercatore instancabile, e se talvolta sfiora il fastidioso, il grottesco e perfino il ridicolo, in ogni film suo c'è regolarmente almeno un aspetto da salvare.

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