Gian Vittorio Baldi è molto drammatico e costituisce quasi un esempio limite. Rappresentante della folta pattuglia di autori emiliano-romagnoli che si formano negli anni Cinquanta ed emigrano poco alla volta, richiamati dall'esempio felliniano e antonioniano, di cui vedremo altri esponenti tra poco, Baldi lavora come documentarista, prima di esordire nel lungometraggio nel 1962 con Luciano, la cui uscita pubblica avviene solo cinque anni dopo. I suoi lungometraggi per lo più sono passati direttamente dalla moviola e dal laboratorio di stampa all'archivio, senza quasi avere la possibilità di incontrare il pubblico. L'opera di Baldi, nel suo complesso, è la più invisibile e la meno vista di quella di tutti gli altri autori che hanno esordito nello stesso periodo. Pasoliniano il primo film che segue un ragazzo di vita nelle sue tappe obbligate e che non lascia tracce forse per l'eccessivo carattere documentaristico. Fuoco! del 1968, a cui segue La notte dei fiorì del 1971, ha la forma di un reportage giornalistico in diretta, in cui il regista esperimenta le possibilità estreme d'uso della macchina da presa a mano. La macchina e la sua mobilità sono determinate dalla dinamica del personaggio più che dalla mano del regista: la follia del protagonista si comunica fisicamente alla macchina che ne trascrive il senso come su un tracciato.
La sperimentazione formale approda a un risultato più maturo (e in minima parte lo sforzo è premiato dal fatto che il film fa qualche apparizione in pubblico, grazie alla distribuzione dell'Arci) con L'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale del 1974. Il racconto - ambientato negli anni della repubblica di Salò - adotta una struttura modellata sulle forme della memoria popolare della storia orale. La vicenda è ricostruita da un narratore testimone e protagonista: in questo modo la presenza di un punto di vista carica di emozioni le immagini, le riconduce ai modelli preesistenti della memoria popolare. È questa una delle molte opere degli anni Settanta che sceglie di procedere alla ricostruzione della storia da un punto di vista quasi rovesciato e interno alla realtà popolare rappresentata.
La perversione delle leggi produttive e distributive si è particolarmente accanita contro questo regista, che, come De Seta, negli anni Ottanta ha deciso di gettare la spugna, e fiducioso di lasciare segni riconoscibili sul terreno, nonostante che le orme di decine e centinaia di altri autori in parallelo si sovrappongano lungo lo stesso tracciato. La storia di Baldi prosegue però su altri piani, in primis quello della produzione, in quanto è stato tra l'altro il produttore di opere di Jean Marie Straub, Pier Paolo Pasolini, Gianfranco Mingozzi, Robert Bresson, Nelo Risi. Un quarto di secolo dopo L'ultimo giorno... Baldi gira a Sarajevo, con attori bosniaci, Nevrijeme - II temporale, un film che mescola immediatezza documentaria, moltiplicazione dei punti di vista, durezza e dolcezza di un racconto che passa dalla dimensione onirica a quella realistica senza però riuscire a fondere bene i diversi piani e convincere del tutto nelle scelte della frammentazione narrativa.
Da Gian Piero Brunetta, Il cinema italiano contemporaneo. Da «La dolce vita» a «Centochiodi», Laterza, Roma-Bari. 2007