Schepisi (si pronuncia Schépsi) è di origine calabrese e di nascita e crescita australiana. E in Australia ha realizzato (nel 1978) The Chant of Jimmy Blacksmìth, un bellissimo film, complesso e affascinante, sullo scontro tra le due culture, quella bianca e quella aborigena, sul diverso senso della sessualità e della vita.
In America è arrivato attraverso una deviazione in Inghilterra per girare Plenty (1985), su sceneggiatura di David Hare: un bel ruolo di donna non riconciliata che Meryl Streep ha incarnato alla perfezione. Ma Hollywood l’ha confinato per un po’ in piccole cose o in esperimenti sfortunati come Roxanne (1987) -una versione di Cyrano riscritta per Steve Martin - e l’ha rimandato in Australia per raccontare (bene, anche se chissà perché il film è stato molto maltrattato dalla critica) il drammatico fatto di cronaca di Un grido nella notte (1988).
Ma La casa Russia (1990), dal romanzo di Le Carré, a dispetto di molti difetti (Michelle Pfeiffer che fa la russa), è l’ultimo bel film di spie. E, soprattutto, Schepisi ha rivelato un elegante talento per la commedia sofisticata portando sullo schermo 6 gradi di separazione (1993), la fortunata commedia di John Guare, che amplia, fa respirare e lascia però con tutti i suoi corrosivi significati.
Da Irene Bignardi, Il declino dell’impero americano, Feltrinelli, Milano, 1996