Grazie di essere tornata. Ti credevamo persa per sempre, al cinema Lisa Gastoni torna in Cuore sacro di Ferzan Ozpetek, nella parte di Eleonora, manager decisionista e calcolatrice, oltre che zia di Barbora Bobulova, figlia di un imprenditore da cui eredita l’azienda di famiglia che le due donne si trovano a dover gestire.
Nipote e zia. Non sarà per questo che Lisa Castoni è tornata al cinema. Sarà perché la storia di Cuore sacro l’avrà appassionata. Non sarà perché le è stato riproposto il ruolo di zia. Certo, però, che la coincidenza è evidente: Lisa Gastoni è stata, e si riconferma oggi, la zia per antonomasia del cinema italiano. Corre il 1968, anno che va di fretta, anno in cui il contestato Festival di Cannes finisce prima del tempo. In quell’unica settimana di proiezioni, viene presentato in concorso Grazie zia dell’esordiente Salvatore Samperi. Interprete principale: Lisa Gastoni, nella parte di una dottoressa in medicina, zia di Alvise, interpretato da Lou Castel che arriva dritto dai Pugni in tasca dell’esordiente Marco Bellocchio. Alvise, figlio protestatario di un industriale di provincia, detesta la borghesia, odia il padre e decide di fingersi paralitico. La zia lo accoglie nella sua villa, lui comincia un neanche troppo sottile gioco di seduzione, lei non ci pensa due volte, lascia l’amante ufficiale e sceglie il nipote. Si scrisse allora che la zia era stata “toccata da un affetto morboso. Un morbo senza rimedio. La zia viene soggiogata dal nipote che la trascina sempre più in basso fino al tragico finale in cui lui le chiede di ucciderlo con un’iniezione e lei, sventurata, ubbidisce.
Grazie zia fece scandalo, uscì al momento giusto, venne visto come un film contestatario e inaugurò il filone erotico con venature intellettuali e psicanalitiche. Una commedia melodrammatica all’italiana familiarmente erotica. Lisa Gastoni diventò un sex symbol. Sempre all’italiana: quello della donna legata ambiguamente alla famiglia, sessualmente attiva, formosamente attraente. Se non una mamma sexy, almeno una zia disponibile a una sessualità amoralmente familista.
Lisa Gastoni, di Alassio, padre piemontese e madre irlandese (da lei, gli occhi verdi), comincia a lavorare a Londra, nella moda e nel cinema. Debutta con Operazione Conimandos di Lewis Milestone (1953). Torna in Italia e con il nome di Jane Fate appare in b-movies di pop-fantascienza nostrana, tipo Criminali della galassia e I diafanoidi vengono da Marte, entrambi di Antonio “Dawson” Margheriti. Trova la sua occasione con Svegliati e uccidi (Lutring) di Carlo Lizzani (1966), film che le vale un Nastro d’argento. Dopo Grazie zia: è moglie tradita e vendicatrice in L’amica di Alberto Lattuada; è moglie fedele nel resistenziale I sette fratelli Cervi di Gianni Puccini; è donna seduttrice di un sacerdote in Maddalena di Jerzy Kawalerowicz; è Claretta Petacci, amante del Duce, in Mussolini ultimo atto di Lizzani. In Amore amaro di Florestano Vancini, ideologico melodramma d’amour fou, è vedova filofascista di cui si innamora uno studente con padre antifascista in galera: lei prima cede, poi sposa un gerarca. In Scandalo di Samperi è una farmacista borghese innamorata del garzone proletario. Infine, in L’immoralità di Massimo Pirri (1978), è la padrona di una villa, ninfomane, con marito paralitico, villa dove si rifugia un serial killer di cui si innamora sua figlia dodicenne. Poi scompare. Nel 1995 pubblica il romanzo La madre di Taron. Rieccola in Cuore sacro. Come zia. Grazie e auguri per una nuova carriera.
Da Film Tv, n. 13, 2005