Cate Blanchett (Catherine Elise Blanchett) è un'attrice australiana, regista, produttrice, produttrice esecutiva, è nata il 14 maggio 1969 a Melbourne (Australia). Cate Blanchett ha oggi 55 anni ed è del segno zodiacale Toro.
Ma si può impersonare un mito, può un’attrice interpretare una grande attrice ricordata esattamente dai meno giovani, nota ai ragazzi attraverso i film trasmessi continuamente dalla tv, rivisti spesso in cassetta o dvd? Naturalmente, esistono diversi sistemi possibili: si può tentare di raggiungere la massima somiglianza copiando il trucco, le movenze, i vestiti; si può avere la fortuna di una somiglianza fisica naturale; si può cercare una analogia psicologica. Si può non riuscire affatto, nonostante ogni tentativo. In The Aviator di Martin Scorsese, cinebiografia dell’industriale americano dell’aviazione è del cinema, donnaiolo, fobico e grandioso Howard Hughes (1905-1976), Cate Blanchett rappresenta Katharine Hepburn. Non somiglia affatto alla diva bruna elegante e pugnace di Maria di Scozia, Scandaba Flladelfia, La costola diAdamo o La regina d’Africa, eppure le somiglia per il motivo più semplice: è una bravissima attrice.
Australiana di Melbourne, 35 anni, figlia di padre texano, sposata dal 1997 con lo sceneggiatore Andrew Upton, madre di un piccolo Dashiell John (cos) battezzato in omaggio al grande scrittore americano di gialli Dashiell Hammett), bellissima bionda alta con gli occhi azzurri, ha cominciato a fare l’attrice per uno strano caso, almeno a quanto racconta la leggenda. Pare che a 18 anni le capitò di trovarsi in Egitto senza un soldo e il suo primo personaggio lo recitò in un film egiziano, cui partecipò per guadagnare qualcosa e pagarsi il viaggio di ritorno. Quando, nel 1999, arrivò a Venezia col suo regista indiano Shekar Kapur per presentare Elisabeth, ritratto della grande regina inglese, nessuno la conosceva e tutti rimasero a bocca aperta per la bellezza, la nobile dignità del portamento, l’assoluta bravura.
Tra i diversi film che ha interpretato, accettando le parti con poco discernimento, rimane memorabile la regina degli elfi Galadriel nel Siqnore degli anelli, sovrana incantata dal fascino lunare. Ha interpretato regi ne, donne di frontiera, irlandesi forti e fragili: «Sono fatalista. Sono convinta che certe sceneggiature emanino un cattivo odore, non riesco a sceglierle». Ora l’aspetta un’altra sfida, Mata Hari: «Semi propongono quasi sempre personaggi robusti e battaglieri non è perché mi somiglia e perché sono alta.
Da Lo Specchio, 15 gennaio 2005
Cate è nata nel 1969 da madre originaria di Melbourne e un padre di Beaumont, nel Texas. La sorella di Cate, Geneviève, è una scenografa di talento. Suo fratello Robert lavora invece nel settore dei computer. La loro era una famiglia allegra. «Mi inventavo sempre dei personaggi e poi li recitavo per un po’. Soprattutto, un sacco di ragazzine investigatrici». Da bambina Cate si è dedicata alla ginnastica artistica, che l’ha aiutata a diventare incredibilmente flessibile. Sua madre, poi, inorridita dal trucco eccessivo imposto alle bambine e dalle mamme troppo aggressive e sfacciate, preferì dirottarla sulle lezioni di danza classica e di pianoforte.
Quando morì suo padre aveva solo dieci anni. All’università scelse Economia e Belle arti, e superò persino un esame di contabilità. «Avrei voluto occuparmi di amministrazione, mi piace molto tenere in ordine». La sua passione per l’arte, invece, dura ancora oggi: la sua collezione conta opere di Paula Rego, dell’artista neozelandese Rosalie Gascoigne, di Tim Maguire e di William Robinson.
Quando si è presentata per un’audizione alla Nida, l’accademia di arte drammatica di Sydney, lo ha fatto solo per rivalità con una ragazza con la quale aveva recitato. Il direttore della scuola, John Clark, ricorda ancora lo «sbalorditivo provino» di Cate a Melbourne. Era un monologo tratto da una commedia ungherese nella quale una ragazza parla di quando era grassa. «Se qualcuno sa recitare, lo si capisce subito», dice Clark. «Ci sono quelli che sembrano sempre uguali, e ci sono gli attori nati: Robert De Niro, Cate».
Tutti i registi che l’hanno diretta parlano della sua straordinaria preparazione. Martin Scorsese è rimasto colpito da lei sin dai tempi di Elizabeth (film per il quale ha avuto una nomination agli Oscar): «Era così brillante che mi è rimasta in testa. Riesce a essere unica in ogni ruolo che fa, qualsiasi esso sia». Perfezionista, Cate si chiedeva come confrontarsi con un mito come la Hepburn. «All’inizio Marty mi ha detto: “Non preoccuparti di essere identica a lei”. Gli ho ribattuto che avrei dovuto fare qualcosa, invece, però non potevo ricorrere alla chirurgia plastica o a una protesi dentaria... Tutta roba che a lui non interessava, comunque. E così si è trattato semplicemente di cogliere il più possibile l’essenza della sua personalità».
Visto che la Hepburn aveva la passione per lo sport, Cate ha preso lezioni di golf e ha giocato a tennis tre volte la settimana. «So che lei è arrivata fino ai 96 anni perché nuotava tutti i giorni nell’acqua fredda; è un’abitudine che rinvigorisce, ma io proprio non mi sono sentita pronta per questo». Così, si è preparata per la parte «leggendo tutto quello che è stato scritto su di lei, ma soprattutto osservando, assorbendo, ascoltando le varie opinioni. Una donna come lei, con quella forza d’urto, susciterà sempre pareri contrastanti. Ho pensato che per me la cosa migliore fosse dare ascolto a tutti: da qualche parte ci sarebbe stata lei, la persona concreta, in mezzo a tutte quelle «cose un po’ vere e un po’ false». Scorsese le ha proiettato su schermo gigante tutti i film della Hepburn. «In questo modo assorbire e analizzare le sue interpretazioni, le sue minime sfumature, è stato molto più facile. Spesso la voce di un attore che recita è diversa da quella che usa parlati-do normalmente, e purtroppo esistono pochissime sue interviste. Però ce n’è una con il conduttore di talk show Dick Cavett, nella quale gli impartisce un sacco di ordini e lo costringe a spostare i mobili, che è stata fatta quando era già piuttosto anziana. Credo che a una certa età la personalità cominci a fossilizzarsi».
Ai tempi dell’accademia, molto prima di diventare Katharine Hepburn, Cate viveva in una zona di Sydney chiamata Zetland. «Potevo contare su una piccola borsa di studio», racconta. »Abitavo nella casa, o meglio, nella stanza dove era stata uccisa una ragazza. L’avevo scoperto guardando un programma televisivo trasmesso la sera tardi. Una puntata di Australia’s most wanted era stata registrata proprio nella mia camera. Prima che io mi ci trasferissi avevano girato l’esatta ricostruzione dei fatti, si vedevano il mio letto e un tizio che entrava dalla finestra per strangolare la ragazza». Cate si era limitata a spegnere il televisore, e non aveva traslocato. «Noi i potevo permettermelo. Pagavo quaranta o cinquanta dollari d’affitto perché quell’edificio era in qualche modo “marchiato”. Ma non era affatto un luogo sinistro, c’era sempre un sacco di gente».
«Finita la scuola di arte drammatica, nessuno sapeva che cosa farsene di me, e così mi sono dedicata a varie commedie qua e là», ricorda. Margaret Fink, produttrice della Mia Brillante Carriera, una delle prime pellicole della cosiddetta “new wave“ australiana, racconta: «Sono stata la prima a chiederle di interpretare un film, ma non riuscivo a trovare nessuno disposto a investire su di lei. Parlo di dieci anni fa. Mi rispondevano tutti: “È troppo un’attrice di teatro, ha gli occhi piccoli e il naso grosso”.
Nel 1996 Bruce Beresford le fece un’audizione per il ruolo di Susan, l’infermiera australiana «coraggiosa, schietta e concreta» di Paradise Road, e non ebbe neanche un dubbio. Inviò il provino alla Twentieth Century Fox, ma loro gli risposero che non la volevano. «Mi impuntai e dissi: “Questa è una brava attrice”, e grazie alla mia testardaggine riuscii a spuntarla. Non capivo davvero il loro rifiuto. Quando il film uscì in videocassetta, arrivarono al punto di non citare il suo nome sulla confezione. E adesso è famosa in tutto il mondo, è diventata l’attrice più richiesta». Commenta Cate: «Io non credo che sia giusto cercare di convincere le persone. A volte il problema è solo loro, e a me non interessa cambiare l’opinione degli altri o rettificare un’incomprensione. La vita è troppo breve».
Da Vanity Fair, 27 gennaio 2005
Cate Blanchett, torna, nove anni dopo, al ruolo che le valse la notorietà internazionale e la prima nomination all'Oscar. Elizabeth. L'età dell'oro è ambientato nel 1585, quando la regina d'Inghilterra ha 52 anni ed è sul trono da 27. Cate Blanchett la descrive «molto diversa dalla ragazza divisa tra amore e senso dello Stato che avevamo conosciuto nel primo film. Ora è una sovrana che deve combattere contro la Invincibile armada di Filippo II di Spagna e il tradimento della cugina Maria Stuarda. Ma anche una donna non più giovane né bella alle prese con un amore impossibile e la consapevolezza dei costi affettivi del potere».
Per l'attrice australiana, 39 anni, ritrovare i corsetti di Elizabeth è stata l'occasione di un bilancio personale: «Tornare su questo set è significato accorgermi di quanto tempo fosse passato, e di quanto fosse cambiata la mia vita, soprattutto per la nascita dei miei due figli, Dashiell John e Roman Robert, di sei e tre anni». Anche la sua vita professionale ha avuto una svolta verso il successo: l'Oscar vinto incarnando Katherine Hepburn in Aviator e la Coppa Volpi per l'interpretazione di Bob Dylan nel film Io non sono qui sono solo alcuni dei premi ricevuti dall'attrice, presto al fianco di Harrison Ford in Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo. «Il mio segreto è cambiare sempre. L'unica cosa stabile è la famiglia: mio marito (il commediografo Andrew Upton) e i miei figli».
Da Il Venerdì di Repubblica, 26 ottobre 2007
È a Dublino che incontriamo l’attrice australiana Cate Blachett. E nella capitale irlandese per presentarsi in una nuova veste, sempre di donna forte e impegnata: quella della giornalista Veronica Guerin uccisa nel 1996 dopo aver scritto una serie di articoli esplosivi sui baroni della droga dublinesi. Il film che racconta la sua storia, intitolato appunto Veronica Guerin, è diretto da Joel Schumacher(In linea con l’assassino) e prodotto da Jerry Bruckheimer(La maledizione della Prima Luna) ed è l’ultima di una serie di pellicole più o meno fallimentari basate sulla storia della giornalista. “Per me -racconta la Blanchett - è stata una grande sfida interpretare questo personaggio. E ho sentito una notevole responsabilità nei confronti della famiglia di Veronica. La madre, il marito e il figlio erano alla anteprima del film. È stato molto commovente, e per me è stata la soddisfazione più grande vederli contenti della mia interpretazione”. Essendo lei stessa madre di un bambino di un anno e mezzo, Cate Blanchett capisce bene le difficoltà di una donna di gestire lavoro e famiglia: “È una lotta continua. Veronica aveva un figlio di Otto anni quando è stata uccisa. E sono convinta che non ha mai creduto veramente di mettere la sua vita a rischio. Era una donna molto intelligente e forte che amava incredibilmente la sua famiglia”.
Ancora un ruolo impegnato per la Blanchett: “Mi è sempre piaciuto interpretare personaggi interessanti e fuori dal comune. Per me il cinema è una sfida, un mezzo per mettermi in discussione continuamente. Riesce a espandere il mio senso di umanità. Mi piacciono i film che lasciano il pubblico con qualcosa a cui pensare, che finiscono irrisolti. Ho sempre creduto enormemente nel potere dell’arte di avere un effetto sulla consapevolezza della gente”. L’attrice però ammette di avere grande nostalgia per il suo primo amore: il teatro. “Mi manca tantissimo. Sono cresciuta con il teatro e non voglio assolutamente perderlo. Sono ormai anni che non mi presento su un palcoscenico ma per fortuna l’anno prossimo in Australia sarò di nuovo protagonista di una pièce”. Per prepararsi al film, Cate Blanchett ha visitato alcune delle zone più misere di Dublino: “Molte cose sono cambiate - spiega l’attrice - dai tempi in cui scriveva Veronica. Ed è anche grazie a lei se il problema della droga a Dublino non è più così allarmante. Ma tanto ancora deve essere fatto. Forse l’eroina non è più la piaga di qualche anno fa ma, nel frattempo, altre droghe, altrettanto pericolose, hanno preso il sopravvento”. La Blanchett, a differenza di altre star del suo calibro, non è mai stata attratta dal mondo che si muove intorno a Hollywood. “La mia vita non è pubblica. Cerco di evitare il più possibile i locali frequentati dai cosiddetti vip e tutto quel mondo. Non ho mai pensato lontanamente di trasferirmi in California: non ce n’è affatto bisogno. Sono felice di vivere a Londra e poter condurre qui una vita normale”. Prima del teatro in Australia e dopo Dublino, la Blanchett è impegnata in un film diretto da Ron Howard e girato a Santa Fe. Un western al fianco di Tommy Lee Jones dal titolo Missing “Anche questa sarà una sfida - confessa -. Visto che non ho mai interpretato una cowgirl in vita mia”.
DaFilm Tv, 5 ottobre 2003
Ha interpretato Bob Dylan (lo non sono qui), Katherine Hepbum (The Aviator), un'ereditiera americana (Il talento di Mr. Ripley), una turista (Babel), una ninfomane canadese (Ombre dal profondo), la Regina Vergine (Elizabeth: TheGolden Age), un'insegnante inglese di arte (Diario di uno scandalo), un agente segreto scozzese (Charlotte Gray), una giornalista irlandese (Veronica Guerin), una nobile elfa della Terra di Mezzo (la trilogia de Il Signore degli anelli), una ballerina russa (L'uomo che pianse), un'amareggiata prostituta teutonica (Intrigo a Berlino). Ora si da all'avventura nella parte dell'agente russo Irma Spalko nell'atteso Indiana Jones e il Regno del teschio di cristallo di Steven Spielberg. L'unico filo conduttore dei molti rubli da lei interpretati sembra essere la puntuale citazione tra le candidature agli Oscar. La bella 38enne Catherine Elise Blanchett, nata a Melbourne, Australia, fu cresciuta dalla madre June, dopo che il padre Bob, americano, a 40 anni fu colpito da un attacco cardiaco in un cinema. ha cominciato a recitare in teatro a Sydney, al cinema è arrivata nel 1997 con Paradise Road. Poiché l'attrice è irriconoscibile nei ruoli che interpreta, non è mai diventata una superdiva. «Mi piace molto non avere un look preciso. Diventare qualcun altro e raccontare una storia diversa fa parte delle gioie del mestiere di attore». Praticamente ignorata dai tabloid, è sposata con lo scrittore Andrew Upton, col quale da gennaio dirige la Sydney Theatre Company. Hanno appena avuto il terzo figlio. La sua filosofia di vita è chiara: «Più si è, meglio è. La gente parla spesso di come la tua vita si fermò quando arrivano i figli, ma non dice nulla del fatto che nella tua vita si aprono strade straordinarie». Conosciuta come interprete di ruoli difficili e rigorosi, è insolito trovarla in un film d'avventura come Indiana Jones. «Che gusto c'è se non sperimenti i generi più diversi? Credo che sia fantastico sorprendere il pubblico. Volevo fare un film d'azione da tempo, così quando Spielberg mi ha voluto incontrare, non ho potuto dirgli di no». Poche altre avrebbero osato misurarsi con la Katherine Hepburn di Aviator Lei l'ha fatto e vinto un Oscar: «È stato fantastico vincerlo per il ruolo della Hepburn, perché interpretarla senza farne una parodia è stata una bella faticata professionale. Però, mi sono divertita un mondo alla notte degli Oscar». I:idea della star che gira come una trottola da un set all'altro non le appartiene: «Al contrario, dovermi muovere spesso mi ha resa piuttosto fobica nel far le valigie. Una volta ho fatto una pausa di due anni perché non riuscivo più a prepararle» .
Difficile chiedere un giudizio su di sé. «Oddio, sono la persona sbagliata per rispondere a questa domanda. Sono proprio una brava attrice? Fortunatamente, ho una ricca serie di esperienze di vita a cui poter attingere. So anche di non essere affatto interessata a rappresentare me stessa o a imporre i miei valori su un personaggio. Sarebbe come avere una conversazione con una persona che ha le tue stesse idee. Amo chiacchierare con persone diverse con caratteri differenti». Parlandole si ha l'impressione che le importi poco dei risultati passati: «È vero. Perché dimentico sempre quello che ho fatto. I film sono come i sogni. Sono realmente accaduti? Ho veramente cercato di essere Bob Dylan? Il lavoro m'interessa, mi piace fare film, ma poi penso che nessuno andrà a vederli. Il che, a volte, è vero», conclude ridendo.
Da Il Corriere della Sera Magazine, 22 maggio 2008
Recentemente ha interpretato il ruolo di Irina Spalko nel film di grande successo di Steven Spielberg Indiana Jones and the Kingdom of the Crystal Skull, questa’anno ha ricevuto due candidature agli Oscars®, come miglior attrice per Elizabeth: The Golden Age e come miglior attrice non protagonista per I’m Not There, la quinta attrice negli 80 anni di storia degli Academy a essere candidata nelle due categorie nello stesso anno. Sempre per The Golden Age ha ottenuto candidature ai SAG e ai BAFTA e con I’m Not There, oltre a candidature ai SAG e ai BAFTA, ha vinto il premio come miglior attrice al Festival di Venezia e, come miglior attrice non protagonista, ha vinto un Golden Globe e un Independent Spirit Award.
Blanchett ha già conquistato un Oscar come miglior attrice non protagonista per il suo ritratto di Katharine Hepburn in The Aviator di Martin Scorsese, ruolo che le ha portato un BAFTA e un SAG Award, oltre a una candidatura ai Golden Globe. Nel 1999, Blanchett ha ottenuto la sua prima candidature agli Oscar® e i suoi primi premi BAFTA e Golden Globe per il ruolo della regina Elisabetta I in Elizabeth di Shekhar Kapur. Altre candidature agli Oscar, ai Golden Globe e agli Screen Actors Guild le ha ottenute per la sua performance in Notes on a Scandal, con Judi Dench.
Recentemente Blanchett ha interpretato The Good German di Steven Soderbergh, con George Clooney e Tobey Maguire, e Babel, con Brad Pitt.
Blanchett ha poi ottenuto candidature come miglior attrice ai Golden Globe per Veronica Guerin-Il prezzo del coraggio di Joel Schumacher e Bandits di Barry Levinson. La ricordiamo poi nella trilogia di Il Signore degli anelli, Le avventure acquatiche di Steve Zissou di Wes Anderson, Coffee and Cigarettes di Jim Jarmusch, che le ha portato una candidature agli Independent Spirit Award, The Missing di Ron Howard, con Tommy Lee Jones, Charlotte Gray di Gillian Armstrong, The Shipping News-Ombre dal profondo di Lasse Hallstrom, con Kevin Spacey; Little Fish di Rowan Wood, con Sam Neill e Hugo Weaving (che le ha portato un premio AFI come miglior attrice); Falso tracciato di Mike Newell, con John Cusack; Un marito ideale di Oliver Parker, Il talento di Mr. Ripley di Anthony Minghella, ruolo che le ha portato una candidatura ai BAFTA come miglior attrice non protagonista, The Gift di Sam Raimi e The Man Who Cried-L’uomo che pianse di Sally Potter, grazie al quale è stata definita miglior attrice non protagonista dal National Board of Review.
Laureata al National Institute of Dramatic Art (NIDA) in Australia, Blanchett agli inizi della carriera ha interpretato Paradise Road di Bruce Beresford, Thank God He Met Lizzie, con cui ha vinto il premio dell’Australian Film Institute (AFI) e il Sydney Film Critics Award come miglior attrice non protagonista, Oscar e Lucinda di Gillian Armstrong, con Ralph Fiennes, che le ha portato una candidatura agli AFI come miglior attrice.
Blanchett ha lavorato molto in teatro, in particolare in produzioni di Company B, al Belvoir Street di Sydney, per la regia di Neil Armfield. E’ stata Miranda in La tempesta, Ofelia in Amleto, ruolo che le ha portato una candidatura ai Green Room Award, Nina in Il gabbiano e Rose in The Blind Giant is Dancing. Con la Sydney Theatre Company, è apparsa in Top Girls di Caryl Churchill, Oleanna di David Mamet (che le ha portato il premio del Sydney Theater Critics come miglior attrice), Sweet Phoebe di Michael Gow e Kafka Dances di Timothy Daly, con cui ha vinto il Critics Circle Award come miglior esordiente. Per l’Almeida Theatre nel 1999, Blanchett è stata Susan Traheren in Plenty di David Hare al West End di Londra.
Nel 2004 Blanchett è tornata con la Sydney Theatre Company per un adattamento di Andrew Upton di Hedda Gabler, un lavoro che ha avuto grande successo e le ha fatto vincere il prestigioso Helpmann Award. Nel 2006 la produzione ha registrato il tutto esaurito alla Academy of Music di Brooklyn, segnando il debutto di Blanchett sulla scena di New York.
Blanchett ha esordito nella regia con A Kind of Alaska con la Sydney Theatre Company, seguita da una produzione di David Harrower di Blackbird e The Year of Magical Thinking di Joan Didion.
Blanchett è membro dell’Australian Museum Board of Trustees e ambasciatrice dell’Australian Conservation Foundation, di SolarAid, dell’Australian Film Institute e del Sydney Film Festival.
Insieme al marito, Andrew Upton, è stata recentemente nominata Codirettrice artistica della Sydney Theatre Company.