Disponibile in streaming su MYmovies ONE il doc rivelazione degli ultimi mesi: un film potente che cambia in corsa, segnato dagli eventi, per diventare un’opera sul dolore e sul tempo che passa, ancora più vera e più vicina a noi. GUARDA ORA »
di Tommaso Tocci
A volte le storie si trasformano mentre vengono raccontate, e ci costringono a inseguirle per territori nuovi. È il caso di A New Kind of Wilderness, bel documentario norvegese che quest’anno ha commosso e stupito larghe fette di pubblico, dal passaggio al Sundance (dove ha vinto anche un premio) fino all’approdo al Festival dei Popoli di Firenze. L’opera della regista Silje Evensmo Jacobsen è da oggi pronta a fare lo stesso con gli iscritti di MYmovies ONE.
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Lo si direbbe a prima vista un’esplorazione della vita rurale, una di quelle storie – molto di moda ultimamente – di ritorno alla natura, del coraggio di fare scelte diverse e scappare dall’affannosa routine quotidiana. E dopotutto, a guardare i meravigliosi paesaggi della Norvegia che aprono il film, come si fa a dar torto a Maria e a Nik, la coppia innamoratissima e fotogenica che ha deciso di spostare la propria famiglia (con i quattro figli) in una fattoria completamente sostenibile lontana dalle città?
Con queste aspettative invece Jacobsen ci gioca, armandosi di quella stessa amara ironia che l’ha costretta a cambiare in corsa il soggetto del suo documentario, e che ora cambia in corsa il film che forse lo spettatore pensava di stare guardando.
Già, perché A A New Kind of Wilderness ha in mente un’altra natura crudele, aldilà dell’isolamento forzato e delle foreste norvegesi in cui Nik porta i figlioletti tra un campeggio e una gita. Per questa famiglia, metà scandinava e metà britannica, attenta a vivere in armonia col mondo e a fornire un’istruzione domestica ai bambini, il destino aveva in serbo una sfida ancora più grande e più tragica.
Così la regista, che aveva iniziato a seguire i Payne nel lontano 2014, per tutta quella fase di ricerca e osservazione che è ormai comune nell’accezione contemporanea della forma documentaria, si ritrova tra le mani un’opera sul dolore e sul tempo che passa: gli anni come spazio di crescita, come creazione di un nuovo itinerario esistenziale.
Quella natura che apriva il film rimarrà poi un’assenza tangibile, mentre il focus della famiglia diventa una metamorfosi pacata, fatta di normalità. Anche quando la storia si è ormai assestata, c’è sempre il dubbio che arrivi qualche nuovo elemento sconvolgente; e invece A New Kind of Wilderness domanda allo spettatore una partecipazione più granulare e confortevole, di vita intima, che procede per piccole accumulazioni.
Specialmente per una famiglia con figli piccoli, si avverte un certo pudore nell’intromettersi in questo spazio domestico. Al tempo stesso non c’è dubbio che Jacobsen abbia radicato la familiarità con i suoi soggetti in anni di rapporti personali, che sullo schermo risaltano chiaramente e si intersecano alla documentazione “interna” per mano della madre Maria.
Il prodotto finale ci lascia un sapore riconoscibile di qualcosa che è vicino a noi: cambiato in corsa, segnato dagli eventi, ma capace di riassestarsi e proseguire.