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Il decalogo: troppo grande per Benigni

ONDA&FUORIONDA di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto Roberto Benigni durante la diretta della trasmissione "I dieci Comandamenti".
Roberto Benigni (71 anni) 27 ottobre 1952, Castiglion Fiorentino (Italia) - Scorpione.

domenica 21 dicembre 2014 - Focus

Mi sono accostato alla performance di Roberto Benigni con un certo pregiudizio che ho spesso espresso nei miei interventi. Riguarda personaggi che si pongono come profeti, come opinionisti sul destino dell'uomo, sul trascendente, sulle grandi verità. Si pongono dall'alto, a fronte di altri personaggi ben più qualificati che nei secoli hanno affrontato quegli argomenti, "dal basso", sapendo che non sarebbero stati risolti. Semplicemente perché non possono essere risolti. Invece c'è chi pone se stesso come verità e coscienza universale. E non parlo di papi o filosofi o di inventori di cultura, o di scienziati che hanno esplorato nel profondo. Alludo a un Celentano, cultura da scuola media, ignaro di quel dato, che ci ha spiegato il paradiso, non dopo aver esposto il cartello ufficiale dei lenti e dei rock, cioè dei buoni e dei cattivi. Celentano: grande audience. E poi, notizia di questi giorni, c'è Romina Power, neobuddista, legata al culto di Dorje Shugden che sarebbe ostacolato, dice l'ex moglie di Albano, dal Dalai Lama che ritiene il culto dell'altro santone degenerato e settario. Anche Romina ha grande audience. Altra digressione che mi sta a cuore: i libri scritti dai "televisivi". Quasi mai presentano qualità - è un fatto di "mestiere"- ma gli autori hanno enormi possibilità di promozione e così vanno a sottrarre spazio a scrittori veri, talenti magari innovativi, spesso giovani, che devono pubblicarsi i libri da soli, con vendite umilianti. "L'amore che ti meriti" è un romanzo di Daria Bignardi. L'incipit: "Era una sera di giugno profumata di tiglio. Mario mi portava sulla canna della bici, pedalando rasente i muri tiepidi di sole gli sfioravo le labbra con le dita e lui cercava di afferrarle a morsi." Roba che conosciamo da... duecento anni.

Importante
Ritorno a Benigni. I Dieci comandamenti sono un argomento importante. Benigni parte dal'assunto che dio esiste "altrimenti non sarei qui a parlarne per ore". Un promemoria che ci vuole in questa epoca, e Roberto la definisce molto bene "siamo andati talmente avanti col corpo che l'anima è rimasta indietro". Sorpassiamo le battute politiche che gli appartengono: "sono contento di vedervi qui, a piede libero, abbiamo fatto fatica a trovare incensurati a Roma". Ancora: "Abbiamo avuto il permesso della Rai, della questura e della banda della Magliana." Oppure, sulla visita di Renzi al papa." Lì, chi vince le elezioni governa a vita e senza opposizioni, invece dell'Italicum Renzi vorrebbe il Vaticanum." Dato al Benigni tradizionale ciò che gli appartiene ecco I Dieci comandamenti. Il comico li interpreta come se fosse un neoevangelista che riscrive un'evoluzione di buona novella. Si assume la responsabilità di profeta accreditato, anzi "unto". Certo, per evitare il grottesco e rimanere nei confini umani la mette sul comico nobile ma, su concetti tanto vasti che hanno soffocato chiunque, è costretto a spendere parole, un mare di parole, a ricorrere alle suggestioni. Il compito, nei suoi impegnativi interventi precedenti, come la Costituzione e la Divina commedia, trovava terreno più adatto, aveva gioco migliore. Sui dettami di Dio al mondo, che reggono la vita terrena e anche l'altra, la faccenda si è complicata. La grandezza, la trascendenza, il mistero, insomma "Dio", sono rimasti fuori, anzi, sopra. Ciò non toglie, lo ribadisco, che tirate le somme, la performance sia... buona e giusta.

Unico
Benigni è un grande raccontatore televisivo, direi unico, sa trasformare concetti normali, magari banali, in cose spiritose, che possono sembrare profonde, magari preziose. Ma qui il muro era davvero invalicabile e Benigni, ponendosi come pontefice laico, ha mostrato solo la trasparenza del compito che si è assunto e anche la diminuzione della sua potenza di artista che le troppe parole non sono riuscite a compensare: anche se certi concetti erano "buoni e belli" come la sacralità del padre e della madre (quarto comandamento), e quella definizione suggestiva, televisiva "amare significa dare ciò che non si ha". Anche se altrettanto efficace era quella di Love story, film: "amare significa non dovere mai chiedere scusa." Il programma ha ottenuto una media di dieci milioni. Audience molto alta. Ma non è detto che sia "cosa buona e giusta": Anche Romina e Celentano, come detto sopra, hanno audience alta. Ho amato Benigni, "prima". Quello di La vita è bella, dove non insegnava, a me e a tutti, la vita l'anima la morale e l'altro mondo. Era una magnifica storia dove tutti quegli immani concetti diventavano parabole di dolore e di speranza. Anche se lì c'era lo zampino di Vincenzo Cerami, scrittore vero.

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