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ONDA&FUORIONDA

Il giardino dei Finzi Contini inaugura il Museo Ebraico a Roma.
di Pino Farinotti

In foto una scena del film Il giardino dei Finzi Contini di Vittorio De Sica.
Fabio Testi (82 anni) 2 agosto 1941, Peschiera del Garda (Italia) - Leone. Interpreta Giampaolo Malnate nel film di Vittorio De Sica Il giardino dei Finzi Contini.

domenica 13 ottobre 2013 - Focus

Il Museo Ebraico di Roma inaugura oggi 13 ottobre la mostra "Storie del '900" proiettando Il giardino dei Finzi Contini, diretto da Vittorio De Sica, tratto dal romanzo di Giorgio Bassani. Il film ottenne l'Oscar nel 1972 come "miglior straniero". Saranno presenti l'assessore alle Attività Culturali della Comunità Ebraica di Roma, Gianni Ascarelli, la direttrice del Museo Ebraico, Alessandra Di Castro, il regista e attore Lino Capolicchio ed Emi De Sica figlia del regista.
De Sica dichiarò sempre di essersi emozionato alla notizia di quella vittoria, come mai gli era successo. Eppure l'abitudine non gli mancava, si era visto attribuire la statuetta già tre volte, con Sciuscià, Ladri di biciclette e Ieri, oggi, domani.
La scelta è certo appropriata. La letteratura e il cinema traboccano di titoli dedicati alla tragedia ebraica e al cosiddetto olocausto. Il "Giardino" sfiora l'olocausto inteso come lager e violenze inumane, focalizza i momenti precedenti. Parlo del romanzo che è, temporalmente, diverso dal film. L'azione del libro percorre il periodo fra il 1929 e il '38, le stagioni dell'incubazione, diciamo così, fino a quando, nel '38 appunto, il regime si allineò alla politica, chiamiamola così, nazista ed emanò le maledette leggi razziali. E raccontare, nel libro è Giorgio, una sorta di alter ego dello stesso Bassani, che rivede tutto 14 anni dopo, a guerra finita e a vita salvata. Nel film Giorgio vive la storia in contemporanea. Il periodo è fra il '38 e il '43, differenza sostanziale certo, ma storicamente più "cinematografica". I personaggi chiave, tutti israeliti, sono Giorgio appunto, giovane borghese gradito ai ricchi Finzi Contini che vivono nel loro eremo dorato; Micol, amore impossibile di Giorgio, la ragazza padrona di casa, bella e complessa; Alberto, fratello di Micol, sensibile e delicato, incapace di affrontare le vicende; Giampiero Malnate, aitante e diretto, dal quale Micol è attratta. Alla fine tutti vengono deportati o muoiono. In modo diverso, secondo libro o film.

Benevola
La critica non fu proprio benevola verso l'opera di De sica. Ecco uno stralcio della recensione del Dizionario dei film Zanichelli: "... Film di cartapesta e, nell'ultima parte, di una ruffianeria sentimentale che sfiora il cinismo. Franoso nella costruzione drammatica, è imperdonabilmente approssimativo nello svolgimento temporale, inetto nella rievocazione dell'epoca, zeppo di incongruenze a svarioni..." Ed ecco il Baldini Castoldi Dalai: "...De Sica smorza i toni, annacqua la tragedia e tira a commuovere il pubblico: eppure tra i suoi ultimi film è uno dei più riusciti. Esangue ed elegante, piacque molto al pubblico."
E io dico che il pubblico, comunque, ha la sua importanza. E certo il film non riuscì a cogliere e a rappresentare tutta la qualità e la profondità del libro. Ma succede (quasi) sempre così. Ma il segnale decisivo è un altro: Giorgio Bassani ritirò la sua firma prendendo le distanze dagli sceneggiatori Ugo Pirro e Vittorio Bonicelli. Non dopo un confronto, molto acceso, col regista. La scelta dello scrittore va intesa proprio in chiave di rapporto fra libro e film: quando la scrittura incontra il cinema, l'incontro, soprattutto se la scrittura è alta, diventa scontro, e a prevalere non è mai il cinema. Appunto. Tuttavia quel titolo rimane una memoria importante. Con qualche licenza imprecisa e sfuocata e con qualche estetica patinata di troppo, lo spirito e l'essenza di quella immane tragica vicenda, viene trasmesso.
Giorgio Bassani (1916) nacque a Bologna ma visse quasi sempre a Ferrara. Figlio di famiglia ebrea benestante subì quel momento storico, ma riuscì comunque a compiere studi regolari e a laurearsi in lettere. Conosceva bene l'argomento. Poi... divenne "Bassani", uno dei nomi portanti della nostra letteratura del novecento. Oltre che romanziere era sceneggiatore, poeta e critico letterario. Sono molti i titoli da lui firmati che fanno parte del corpo della nostra letteratura. Il suo nome si impose nel 1956 quando, con Cinque storie ferraresi, vinse il Premio Strega. Ma se deve essere un'unica opera a identificare Giorgio Bassani è certo Il giardino dei Finzi Contini. Grazie anche a De Sica, nonostante... i critici. E quelli del Museo di Roma se ne sono accorti.

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