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Il cinema in movimento

Il rapporto tra festival e online.
di Roy Menarini

In foto una scena di My Father and The Man in Black, film presentato alla scorsa edizione del Festival dei Popoli e mostrato in contemporanea su MYMOVIESLIVE!
Johnny Cash 26 febbraio 1932, Kingsland (Arkansas - USA) - 12 Settembre 2003, Nashville (Tennessee - USA). Interpreta Se stesso nel film di Jonathan Holiff My Father and The Man in Black.

lunedì 26 novembre 2012 - Approfondimenti

Che cosa è Il cinema in movimento? Una rubrica dedicata alle trasformazioni del cinema nell'epoca dei new media e alle riflessioni che si possono trarre dalle novità in atto.

"Dal vivo" è una delle espressioni che venivano considerate fino a poco tempo fa meno problematiche in assoluto. Significava essere presenti all'evento - concerto, manifestazione o spettacolo che fosse - oppure, al massimo, seguire in diretta da uno schermo la circostanza in questione. Con il cinema le cose sono sempre state più complicate: mezzo espressivo meccanico e riproducibile, come spiegava anche Walter Benjamin, esso ha dissolto l'aura di unicità dell'arte precedente. Eppure, questa reviviscenza dell'attimo e del momento artistico è riuscita a sopravvivere, per esempio nei festival: spesso si è detto, attraverso un utile paragone, che andare al cinema è come ascoltare a casa propria un cd, e che recarsi a un festival equivale invece alle emozioni di un concerto.

Non sappiamo se l'analogia regga fino in fondo, fatto sta che le nuove tecnologie stanno anche in questo caso modificando la fruizione dello spettatore. Uno degli argomenti più discussi degli ultimi anni è la possibilità di arricchire il festival con un'offerta significativa sul web - come anche MYMOVIESLIVE! ha testimoniato. Alcuni storcono il naso, dicendo: ma come, se il festival è un "live", e la sua capacità di emozionare risiede proprio nell'esserci con i propri occhi e il proprio corpo, come si può rilocare nuovamente quell'aura su un mezzo di infinita riproducibilità qual è il web? Falso problema. Non esiste, infatti, una dimensione naturale di una fruizione cinematografica rispetto a una innaturale. È una visione assai manichea e ideologica, che da un punto di vista teorico appare assai fragile, come la gran parte degli studi confermano. Abbandonando la metafora musicale, infatti, si capisce che un festival può avere solamente vantaggi dall'espandere la propria offerta, non accontentandosi di nutrire la nicchia dei cinefili in carne e ossa presenti sul luogo e offrendo contenuti alla larga maggioranza che non è potuta andare. Ovviamente l'offerta deve integrarsi a quella territoriale, e nessuno immagina che l'intera manifestazione debba essere replicata sul web. D'altra parte, esattamente come singole retrospettive dal festival entrano in circuitazione nei cineclub delle grandi città, esattamente come si può assistere a eventi come "Cannes a Milano", non si capisce il perché del conservatorismo e della resistenza alle potenzialità della tecnologia da parte dei festival maggiori. Per fortuna esistono anche esempi diametralmente opposti, di eventi nati esclusivamente per l'online (vedi per esempio in Italia il Via Emilia Doc Fest), che poi propongono una forma di festa finale più tradizionale e dal vivo, che ci ricorda come il cinema - ben lungi dal risolversi in una tecnica - sia soprattutto una pratica sociale, culturale e psicologica.

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